Fanta-scienza

10 tecnologie di tutti i giorni che non sapevate fossero state create dalla NASA

Articolo originale su fantascienza.com

In questo periodo lo spazio è al centro dell’attenzione per tre diversi motivi: da una parte il viaggio ricco di immaginazione creato da Christopher Nolan con Interstellar, dall’altra lo straordinario atterraggio su una cometa da parte di una missione europea e la prima missione spaziale di un’astronauta italiana, Samantha Cristoforetti. Tutte cercano di ricordarci che l’esplorazione dello spazio è davvero un elemento fondamentale per il futuro dell’umanità.

Ma se torniamo sul nostro pianeta e ci guardiamo intorno, scopriamo come le invenzioni tecnologiche create per rendere possibili tutte le storiche missioni spaziali del passato abbiano avuto un impatto concreto anche nella nostra vita. Così ci ha pensato il sito Io9, raccontando come molte delle cose che ci circondano abbiano avuto origine grazie alle ricerche della NASA.

Strumenti senza filo e a batteria
Invenzione della Black & Decker e della Nasa nel 1960, concepita per poter realizzare la prima trivella ultraleggera usata dagli astronauti dell’Apollo sulla Luna.

Coperta spaziale (o coperta termica)
Usata dagli sportivi di tutto il mondo e spesso inserita anche nei kit di pronto soccorso, è nata nel 1964 per il programma spaziale.

Il rivestimento antigraffio dei vostri occhiali
Che si tratti di occhiali da vista, da sole, per uso sportivo, il rivestimento antigraffio delle lenti è nato per proteggere le strumentazioni e le visiere degli astronauti.

Pneumatici radiali
Ciò che ora è ordinaria amministrazione per le auto, nasce in origine per il telo del paracadute che ha consentito al Viking Lander di atterrare su Marte nel 1976.

Materiale a memoria di forma
Usato comunemente nei materassi o nei divani, nasce come protezione dagli urti per le astronavi.

Rilevatori di fumo
Creato dalla Honeywell per la missione Skylab iniziata nel 1973. È in grado di distinguere tra gas nocivi, fumo e fuoco.

Le scarpe sportive moderne
La tecnologia per assorbire gli urti, per il controllo dei movimenti e per la stabilità, è nata per gli stivali usati sulla Luna durante la missione Apollo.

Telefonate a lunga distanza
Rese possibili grazie al lancio dei satelliti artificiali creati dalla NASA.

Impianti per concentrare la luce solare e creare energia
Sviluppata per le missioni spaziali è stata poi adattata per creare una fonte di energia pulita sulla terra.

Protesi artificiali cibernetiche
Muscoli artificiali con sensori robotici e attuazione di funzionalità, creati per i robot usati nello spazio, ma adattati per creare protesi artificiali migliorate fin dal 2000.

Così, la prossima volta che qualcuno vi chiede “Ma che ci andiamo a fare nello spazio?” Ora avete una risposta.

Leo Lorusso

Immagine di gene1970 da Pixabay

24 pensieri riguardo “10 tecnologie di tutti i giorni che non sapevate fossero state create dalla NASA

  • avete dimenticato il teflon delle pentole antiaderenti e il gore tex x guanti scarpe e vestiti

    Rispondi
  • Amici del Cicap, anche voi credete che le tecnologie sviluppate sulla terra PER andare nello spazio si possano annoverare fra quelle ottenute GRAZIE alla conquista dello spazio? Per inventare le scarpe sportive non servono le migliaia di miliardi di dollari del programma apollo… Questo genere di confusione me lo aspettavo da un blog amatoriale! 😉

    Rispondi
    • “migliaia di miliardi di dollari”?????

      Rispondi
  • D’accordo con Vito, è utile saperlo, ma credo che una buona ricerca ci avrebbe ugualmente portato agli pneumatici radiali, alle lenti antigraffio, etc…
    Ciao!
    Socio CICAP!

    Rispondi
  • Caro Vito e Giulio,
    siete voi a fare parecchia confusione…
    La tecnologia si sviluppa per soddisfare un bisogno o un esigenza, senza le missioni spaziali questi “bisogni” non ci sarebbero stati o sarebbero arrivati piú tardi per cui queste tecnologie non si sarebbero sviluppate. Che bisogno avremmo avuto di progettare tecnologie necessarie in una ambiente ostile come lo spazio ma “superflue” sulla terra?

    Rispondi
  • Credo abbiate confuso i materiali a memoria di forma (leghe metalliche che, una volta deformate, riacquistano una forma originaria riscaldandole, la più famosa si chiama Nitinol) con il memory foam (schiuma di poliuretano con proprietà elastiche).

    Saluti

    Rispondi
    • in realtà credo si riferisca al viscoelastico, materiale appunto usato per assorbire gli urti e proteggere gli astronauti durante il lancio

      Rispondi
  • Cari, mi sa che la confusione è vostra, non dell’articolo. Un obiettivo specifico genera esigenze specifiche, che portano a soluzioni specifiche, le quali vengono poi convertite ad uso generale e più esteso. Quando dite che senza la ricerca spaziale avremmo comunque avuto quei prodotti della ricerca, peccare di sufficienza. Chi e perché avrebbe dovuto spendere del denaro per compiere quelle ricerche? È come dire che Edison non ha alcun merito, perché senza di lui quelle cose le avrebbero scoperte altri.

    Rispondi
  • L’articolo comunque non è del CICAP o di Query. Come scritto in alto è di fantascienza.com

    Rispondi
  • Missioni spaziali e ricerche scientifiche in genere hanno scopi specifici, il cui valore è intrinseco nel fatto che portano conoscenza. Inevitabilmente, per raggiungere quegli scopi creano tecnologie, materiali, software che prima non esistevano e che successivamente trovano applicazioni più o meno commerciali e diffuse, e più o meno lontane dal loro uso originario.
    Questo è il bello di aprire nuove strade: non sai dove ti portano.
    Perciò ogni forma di ricerca che si incammini verso nuove tappe può portare sia conoscenza che sviluppo per tutti. Questo è il nocciolo.
    Personalmente, andrei nello spazio anche se non servisse a produrre nuove tecnologie. Ci andrei e basta, perché questo fa parte della natura dell’uomo, che è ricercatore ed esploratore nel DNA (e per fortuna!). Se poi possono venirne anche dei guadagni in termini di sviluppo e ricchezza, tanto meglio. Ma non è quello il target primario.

    Rispondi
  • Sul memory foam segnalo una imprecisione. Il materiale è stato effettivamente studiato dalla NASA come alternativa alle molle nelle imbottiture dei sedili degli astronauti (in particolare per lo Space Shuttle), ma non è mai stato utilizzato. Più tardi vi mando un link ad un articolo al riguardo.

    Segnalo invece le apparecchiature per la risonanza magnetica “aperta”, sviluppate dall’ESA per l’utilizzo sulla Stazione Spaziale e ora disponibili in molti ospedali.

    Rispondi
  • Credo che in qualche post si sia stato usato un tono un po’ sopra le righe. Il dialogo ed il confronto sono da sempre l’arma vincente della comunità scientifica. I pensieri vengono espressi e dibattuti, senza lo scopo di indottrinare, di imporre il proprio pensiero, ma al fine di sapere, di tenere acceso il lume della ragione.
    Io sono da tempo immemore appassionato di scienza, di indagine, sono curioso del capire del perché delle cose, ed anche i miei percorsi mi hanno consentito di conoscere metodi più o meno appropriati per farlo.
    Ritengo che mantenere un tono aperto al confronto sia sempre la soluzione migliore, abbiamo da imparare sempre da tutti.
    Sono favorevole alle missioni spaziali, che mi appassionano. Però questo articolo anche a me ha dato l’impressione di essere un articolo da blog a caccia di clic. Le notizie non sono ben documentate e si fanno solo degli accenni, l’approccio è poco scientifico, tutto qui.
    Per quanto riguarda il discorso ricerca e sviluppo, sono d’accordo con quanto scritto, ma moltissimi campi hanno goduto di innovazioni non direttamente legate alle missioni spaziali.
    Molte tecnologie vengono sviluppate anche in altri settori d’elite, quali ad esempio la F1 per l’automobilismo, l’ambiente militare per i dispositivi elettronici, l’alta montagna per l’abbigliamento tecnico, ecc ecc
    Ad esempio la citata Black & Decker, si è trovata a dover soddisfare il bisogno di utensili senza filo prima che ne sentissero il bisogno sulla missione spaziale.
    Ma la richiesta del mercato, da parte di aziende, privati artigiani è stata pressante e Black & Decker ha deciso di investire parecchio per assumere la posizione di leader e nel 1961 commercializza il primo trapano a batteria, l’anno dopo il primo tosasiepi.
    Vista poi la sua posizione di leader nella produzione di utensili a batteria è stata contattata dalla NASA, che aveva richieste specifiche per il funzionamento in assenza di gravità ed in altre condizioni termiche particolari (la temperatura come sappiamo condiziona moltissimo quei tipi di batterie). Trovate anche una nota della NASA qui:http://www.nasa.gov/offices/ipp/home/myth_tools_prt.htm
    Questo è solo un esempio, non è una accusa per nessuno, sia chiaro, voglio solo dire che non sempre arriva prima la missione spaziale e poi la novità sul mercato. Spesso vengono perfezionate e spinte soluzioni già proposte e ingegnerizzate, che tuttavia erano riposte per mancanza di applicazioni di utilizzo standard.
    Oltre a questo esempio potrei fare quello sugli pneumatici radiali, brevettati da Michelin nel 1946, il 4 giugno, e da allora disponibili al pubblico. Tuttavia il primo brevetto di struttura radiale risale ben prima, nel maggio 1915 (http://www.google.com/patents/US1203910), per opera di Arthur W. Savage, un costruttore di gomme di San Diego, che tuttavia non sviluppò molto questa tecnologia, anche a causa della sua malattia.

    Potremmo discutere anche delle altre citazioni, ma solo se c’è vera voglia di informazione, più che di sostenere a proprio il proprio punto di vista.

    Ovvio che le risorse pubbliche destinate alle operazioni spaziali non possono competere con nessun privato, quindi lo sviluppo è sicuramente più ampio.

    Ciao a tutti, ancora un complimento al CICAP e tutti i suoi collaborati.

    Un saluto.

    Giulio

    Rispondi
  • Si, infatti l’ho segnalato in un commento, ma non capisco.. Ho fatto un post abbastanza lungo ma mi da che è in moderazione… Boh!

    Ciao!

    Rispondi
  • Giulio ha perfettamente ragione, ricerca e innovazione nella realtà vanno a braccetto e si rilanciano l’un l’altra, in un crescendo di affinamenti e di nuovi sviluppi e intrecciando attività di “ricerca pura” e sviluppo di interesse industriale. A volte è facile stabilire “chi ha inventato cosa”, altre volte si tratta di processi complessi in cui vari attori hanno avuto un ruolo, anche solo nell’apportare migliorie a qualcosa di pre-esistente, o nel trovarne applicazioni nuove e diverse.
    Il concetto essenziale da chiarire a chi è tanto avverso allo spendere soldi per la ricerca astronomica e l’esplorazione spaziale è che queste attività (oltre ad avere un enorme peso culturale) non sono affatto avulse dallo sviluppo tecnologico che porta innovazione anche su larga scala. Poi, sono d’accordo, calcare la mano, magari peccando di scarsa chiarezza sulle fonti o facendo confusione, è un errore evitabile.

    Rispondi
  • Personalmente ritengo triste (e miope) che molta gente consideri le imprese spaziali uno spreco di soldi. Lo spazio come ultima frontiera e’ un concetto degli anni ’60. A quel tempo pero’ la rivalita’ USA-USSR era uno sprone per la gara spaziale. Dopo la crisi economica del ’73 e specialmente dopo la fine della guerra fredda l’interesse per l’esplorazione e la conquista dello spazio sembrano quasi scomparsi. D’altro canto, le stime del costo della guerra in Iraq vanno dai 2.4 trilioni di $ (entro il 2017 secondo il CBO) a oltre 3 trilioni di $. Molte volte il costo dell’intero programma Apollo. Sono le imprese ai limiti delle nostre possibilita’ che promuovono il progresso della civilta’, e rappresentano, a mio parere, una delle piu’ nobili parti della natura umana. Naturalmente queste imprese comportano un grande rischio e dubbi profitti. Oggi molti criticano il programma Mars One, e anch’io sono tra i scettici che considerano improbabile il buon esito di questa impresa. Tuttavia non posso non ammirare lo spirito dietro ad essa (ammesso che non sia solo una trovata pubblicitaria). La ragione per cui Mars One probabilmente non avra’ successo e’ che si tratta di un progetto privato basato su un shoestring budget. Le risorse di stati come USA o Russia sarebbero necessarie per tali imprese. Ma nessuna amministrazione americana spenderebbe soldi per simili imprese senza rischiare di andare contro l’opinione pubblica. Apparentemente il pubblico sembra soddisfatto con Facebook e gli smart phones. Allo stesso tempo enormi somme vengono spese per avventure di dubbio valore (per non dire peggio) come l’invasione dll’Iraq. Quando ero piccolo, negli anni ’70, si parlava tantissimo dei meravigliosi progressi tecnologici previsti per l’inizio del XXI secolo: nuovi sistemi di propulsione, colonie orbitali, viaggi di routine sulla luna, robots che effettuerebbero i lavori piu’ umili, terapie che prolungherebbero significativamente la durata della vita umana. Nessuna di queste previsioni si e’ avverata. Sono convinto che se abbastanza risorse venissero impiegate almeno alcuni di questi progetti sarebbero realizzabili, ma manca la volonta’ politica. E questo e’ in gran parte dovuto alla mancanza di interesse da parte dell’opinione pubblica. Invece dobbiamo affrontare la recrudescenza di movimenti religiosi che dovrebbero appartenere al medioevo, non al XXI secolo. Invece che di imprese spaziali e meraviglie tecnologiche le notizie parlano dell’avanzata dei guerriglieri dell’Islamic State. Chiedo scusa per il rant, ma e’ una realta’ piuttosto deludente…

    Rispondi
  • Pingback: Studio Alaimo Commercialisti Associati – 10 tecnologie di tutti i giorni che non sapevate fossero state create dalla NASA

  • Pingback: 10 tecnologie di tutti i giorni che non sapevate fossero state create dalla NASA - Studio Alaimo Commercialisti Associati

  • Ma c’è davvero bisogno di andare sullo spazio per inventare delle scarpe da ginnastica ammortizzate o dei materassi di memory foam? Serve veramente spendere cifre assurde a tal fine? Mah…

    Rispondi
  • Pingback: Universo e Creatività – Creatività e Spazio

  • Aggiungerei anche gli strumenti (oggi anche portatili e usati pure in Africa) per potabilizzare l’acqua, che sono stati sviluppati inizialmente proprio per le esigenze spaziali.
    Certi argomenti potevano essere indubbiamente puntualizzati meglio. Per esempio, credo che la questione dei pneumatici radiali non intendesse tanto il concetto in sé, quanto piuttosto l’utilizzo di materiali “spaziali” come il kevlar per la cintura.
    Tuttavia non sono d’accordo con chi critica il tono “da blog” dell’articolo (perché, dove siamo?) e pretende che una pagina web sia allo stesso livello di un paper scientifico. Allo stesso modo non concordo con chi banalizza la tecnologia alla “ci saremmo arrivati lo stesso”: non funziona così. Prima si creano certe tecnologie, poi le si rende disponibili a livello più fruibile per aziende che non siano la Nasa, infine si creano prodotti più “quotidiani” per tutti. Ma il primo passo richiede investimenti, spinte e motivazioni importanti. Non esiste che, per dire, la singola azienda di materassi possa inventare un materiale completamente nuovo: fallirebbe ben prima che questo diventi utilizzabile davvero. Idem per scarpe e quant’altro. Cerchiamo quindi di non banalizzare troppo, per cortesia.

    Rispondi
  • Mi sono stancato di spiegare perché è giusto investire nella ricerca di qualunque genere, se uno ormai non lo capisce da solo non c’è più niente da fare, l’umanità lo ha perso e non potrà più essere recuperato.

    Rispondi
  • Pingback: Marte e la tecnologia: dallo Spazio a casa nostra | Gesca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *