9 Settembre 2024
Approfondimenti

La leggenda di Peter Rugg, l’americano errante

di Paola Frongia e Giuseppe Spanu

In un periodo in cui molti si accingono a partire per le vacanze, vale la pena ricordare l’incredibile leggenda di Peter Rugg, un individuo talmente ostinato da intraprendere un viaggio che, date le condizioni atmosferiche avverse, aveva scarse probabilità di concludersi felicemente. Si narra che corresse l’anno 1770, [1] quando Rugg partì da Boston alla volta di Concord (Massachusetts), insieme alla figlioletta Jenny di circa dieci anni. Sulla via del ritorno, i due ebbero la sfortuna di essere raggiunti da una tempesta improvvisa, così l’uomo decise di rifugiarsi per qualche ora da un amico nella cittadina di Menotomy. [2] 

La pioggia non accennava a diminuire e Rugg, che aveva il piccolo difetto di essere un incorreggibile testardo, disse che tempesta o no, lui quella sera sarebbe tornato da sua moglie o non sarebbe tornato affatto e partì. In questo modo però non fece altro che maledire se stesso e non riuscì a rincasare né quella notte né in quelle successive. 

Cominciò così il suo viaggio senza fine: per quanto corresse col suo calesse, non riusciva mai a ritornare alla sua adorata abitazione di Middle Street; insomma, diventò una sorta di Olandese Volante [3] del New England. 

Non fu il solo a subire questa maledizione: nella Bibbia Caino, per l’omicidio di suo fratello Abele, venne condannato a essere per sempre ramingo, in modo che tutti potessero vedere il marchio che Dio aveva impresso su di lui; una punizione simile toccò anche all’Ebreo Errante, che per aver deriso Gesù Cristo sulla via del Calvario fu costretto a vagare sulla terra sino alla fine dei tempi. Richard Wagner si ispirò a questa leggenda nel Parsifal, dove è una donna di nome Kundry ad aver commesso quel peccato e a subire lo stesso tipo di condanna. Tale tematica è presente anche nel poema The Rime of the Ancient Mariner (La ballata del vecchio marinaio) di Samuel Taylor Coleridge in cui un marinaio, colpevole di aver ucciso un uccello sacro come l’albatros, [4] espierà la pena raccontando la sua storia a chiunque incroci il suo sguardo. 

Peter Rugg, nel suo peregrinare, verrà costantemente inseguito da minacciosi nuvoloni neri: ovunque passerà, nel giro di un’ora arriveranno pioggia, vento, fulmini, tuoni e oscurità, tant’è che verrà soprannominato “il seminatore di tempeste“. Una caratteristica che lo rende somigliante a esseri mitologici “portatori di pioggia” come le Iadi greche o la Ameonna giapponese. Le prime sono ninfe associate alle piogge e alla primavera, tanto da essere considerate di buon auspicio per l’agricoltura. La Ameonna invece è una divinità femminile giapponese che spesso provoca acquazzoni a suo piacimento. 

Se cercate una versione più moderna della leggenda di Peter Rugg, in cui magari viaggia a bordo di una Chevrolet nera decappottabile insieme alla figlia ormai adolescente, non la troverete e, forse, rimarrete delusi. Se però indagate più a fondo, scoprirete una verità davvero sorprendente: un racconto di pura fantasia può tramutarsi in leggenda. 

Peter Rugg fu in realtà una creazione dello scrittore e avvocato William Austin che nel 1824 scrisse Peter Rugg: The Missing Man; in cui, sotto forma di una lunga lettera, un certo Jonathan Dunwell cerca di ricostruire la singolare vicenda di un uomo scomparso nel nulla, durante una terribile notte di tempesta. [5] Nonostante sembri un reportage serio e accurato, molti passaggi sono volutamente ironici; per esempio, ogni volta che il povero Rugg ha fretta di raggiungere Boston, in realtà se ne allontana sempre di più: 

L’ultima volta che Rugg mi ha rivolto la parola mi ha chiesto quanto distasse Boston. Gli ho detto solo cento miglia. “Perché” disse lui “volete prendervi gioco di me in questo modo? È crudele fuorviare un viaggiatore. Ho smarrito la strada; vi prego di indicarmi la via più breve per Boston.” Gli ho ripetuto che distava cento miglia. “Come potete dirlo?” ribatte. “Ieri sera un passante mi ha detto che distava solo cinquanta miglia, e ho viaggiato tutta la notte” “Ma” dissi io “adesso state viaggiando da Boston. Dovete tornare indietro.” 

E dato che il suo viaggio deve continuare all’infinito, quando riesce a raggiungere la sua amata città, non la riconosce ed è costretto a ripartire: 

“Che strano errore. Quanto somiglia alla città di Boston […] ma ora capisco […] Fossi a Boston il mio cavallo mi porterebbe direttamente alla porta di casa. Ma ecco che scalpita, perché ovviamente sono in un altro posto. È assurdo come abbia potuto scambiare questo posto per la vecchia città di Boston!” 

Tuttavia, Dunwell non riuscirà a risolvere il caso, anzi nell’ultima parte della lettera lascerà che il mistero s’infittisca ancora di più: 

“All’incirca nel periodo in cui Rugg scomparve, il custode del pedaggio [del ponte di Charlestown] sostenne che, a volte, nelle notti più buie e tempestose […] un uomo su un calesse trainato da un cavallo passasse abitualmente sul ponte […] La cosa accadeva così spesso che l’esattore decise di indagare. […] un giorno […] si portò il più vicino possibile al ponte, brandendo un grande sgabello a tre gambe; mentre quell’apparizione passava, lanciò lo sgabello contro il cavallo, ma non udì altro che il rumore dello sgabello che cadeva nell’acqua oltre il ponte. Il giorno successivo il custode affermò che lo sgabello era passato attraverso il corpo del cavallo, e continuò a sostenere quella tesi sino alla fine dei suoi giorni. Se poi Rugg, o chiunque fosse quell’uomo, abbia mai più attraversato il ponte, il custode del pedaggio non ha mai voluto dirlo; e quando interrogato, pareva eludere l’argomento.” 

La storia di Peter Rugg apparve per la prima volta su The New England Magazine, periodico massonico di Boston, e poco dopo sulla rivista New England Galaxy, [6] che però non rivelò che si trattasse di un racconto di pura fantasia. Inoltre, lo stile di Austin lo aveva reso somigliante a un moderno reportage, cosa che indusse molti lettori a credere che si trattasse di un fatto realmente accaduto. D’altra parte, può capitare a chiunque di vagare almeno per un po’ senza meta e, forse, è proprio la paura di sentirsi dispersi a rendere credibile la storia di Peter Rugg ancora oggi. 

Un caso simile di trasformazione di un racconto in leggenda si verificò presso la città belga di Mons durante la Prima guerra mondiale. Accadde quando I tedeschi, rinunciando allo scontro finale con l’esercito inglese, consentirono a quest’ultimo di riorganizzarsi. Arthur Machen (1863-1947), [7] che in quell’occasione era inviato di guerra, raccontò la vicenda per il quotidiano londinese Evening News, affermando che in realtà i soldati di Sua Maestà si erano salvati grazie all’intervento dei fantasmi degli arcieri inglesi che, durante la Guerra dei cent’anni, avevano combattuto nella battaglia di Azincourt (vicino a Mons) nel 1415. 

Nonostante poco dopo Machen avesse rivelato che si trattava di un racconto di fantasia, nessuno gli credette; infatti come scrive Vanilla Magazine

“l’ipotesi dell’intervento soprannaturale a favore delle truppe britanniche cominciò a trovare conferme nei racconti dei reduci dal fronte o nei racconti dei combattenti, molti dei quali testimoniarono di aver visto realmente le figure diafane ed evanescenti degli spettri degli arcieri inglesi proteggere la ritirata britannica, scoccando strali che falciavano i tedeschi. Altri invece sostennero addirittura che un’intera milizia angelica era apparsa a difesa dell’esercito di Sua Maestà, guidata da San Michele, da San Giorgio o da Santa Giovanna d’Arco. […] la versione dell’intervento angelico ebbe un enorme successo, ed i predicatori durante le omelie celebrarono gli Angeli di Mons come salvatori dell’esercito nazionale. A nulla valsero le reiterate assicurazioni di Arthur Machen di essersi inventato tutto: non soltanto quasi nessuno gli credette, ma un giornalista e scrittore dell’epoca, Edward Harold Begbie autore del libro “On the side of the Angels” (“Dalla parte degli angeli”), sostenne la tesi dell’apparizione delle schiere angeliche durante la fatidica battaglia, accusando il gallese di menzogna e di plagio. La convinzione di un aiuto divino nelle sorti della guerra si radicò talmente nell’opinione pubblica britannica, che anni dopo ancora si favoleggiava di un intervento soprannaturale a Mons.” 

Le vicissitudini del povero Peter Rugg influenzarono notevolmente la letteratura anglo-americana: Nathaniel Hawthorne lo incluse nell’allegoria A Virtuoso’s collection; [8] Amy Lowell e Louise Imogen Guiney raccontarono la sua vicenda attraverso un lungo poema. [9] Infine, si ipotizza che Herman Melville si sia ispirato a lui per il racconto Bartleby the Scrivener (Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street). Tutti loro erano convinti che fosse una delle tante fairy tales che avevano sentito quando erano bambini. 

In effetti, la storia di Peter Rugg che in principio era stata accolta come un fatto realmente accaduto, con l’andar del tempo tramite il passa parola, acquisì lo status di leggenda locale. 

Ancora oggi in America molti ignorano che si tratti di un racconto di pura fantasia e credono che faccia parte del folklore del New England. [10] In realtà Austin, che si era inventato tutto di sana pianta, con Peter Rugg ebbe il merito di aver introdotto il tema del soprannaturale nella letteratura anglo-americana, molto prima di Nathaniel Hawthorne e di Edgar Allan Poe. 

Tuttavia, la leggenda che tutti conoscono nel New England è solo una parte della saga di Peter Rugg; l’anno successivo infatti Austin, sotto lo pseudonimo di Jonathan Dunwell, scrisse un sequel intitolato Further Account of Peter Rugg. [11] Nella seconda parte, Rugg ritorna finalmente a casa dopo tanti anni come fecero Rip Van Winkle di Washington Irving e il pescatore Urashima Taro. La sua tenuta però stava per essere messa all’asta, perché tutti credevano che fosse morto. Il paradosso gli fu spiegato da un’anonima voce levatasi dalla folla: 

“Non c’è niente di strano qui tranne voi, Mr Rugg. Il tempo, che tutto distrugge e rinnova, ha distrutto la vostra casa e ci ha radunati qui. Siete stato per molti anni preda di un’illusione. Ora la tempesta che avete profanamente sfidato a Menotomy si è finalmente placata, ma non vedrete mai più casa, perché la vostra casa, vostra moglie e i vicini non ci sono più. Come vedete, resta la vostra proprietà, ma nemmeno l’ombra di una casa. Siete stato tagliato dalla generazione passata e non potrete mai adattarvi al presente. La vostra casa non c’è più e non potrete mai averne un’altra in questo mondo.” 

La vicenda di Rugg precede la nascita degli Stati Uniti, pertanto egli non può far parte della nuova nazione, e sarà condannato a vivere sospeso fuori dal tempo. 

Pare però che l’uomo non si sia arreso e cerchi ancora di ritornare nella sua casa di Boston. Se mai doveste fare un viaggio negli USA e vi capitasse di essere avvicinati da un uomo in calesse con una bambina al suo fianco, trainato da un focoso cavallo nero, inseguito da nuvoloni carichi di pioggia, siate gentili: indicategli la strada per Boston e pregate per lui, chissà che prima o poi non riesca a giungere alla meta.

Note

  • [1] Nel 1770 ebbe luogo il massacro di Boston, in cui cinque civili vennero trucidati dalle truppe inglesi. Tale evento indusse alla Rivoluzione americana e alla nascita degli Stati Uniti.
  • [2] Menotomy, parola di origine algonchina che significa “acque veloci”, è una cittadina del Massachusetts che successivamente diventò West Cambridge e infine Arlington. Da non confondere con l’omonima città della Virginia, che ospita uno dei cimiteri militari statunitensi.
  • [3] La leggenda narra che l’Olandese volante fosse un veliero fantasma costretto a navigare senza mai poter approdare.
  • [4] L’arrivo di un albatros su una nave era sempre considerato di buon auspicio, perché si riteneva che fosse portatore di quella brezza che avrebbe favorito la navigazione. Il vecchio marinaio però, infrangendo le regole dell’ospitalità, lo uccise con un colpo di balestra.
  • [5] Pregevole l’edizione italiana La maledizione di Peter Rugg edita da Mattioli 1885, a cura di Giovanni Balducci, con un’essenziale ma raffinata copertina a forma di taccuino. Le citazioni presenti nell’articolo sono tratte da quest’edizione.
  • [6] All’epoca, non esistevano ancora leggi sul copyright, perciò un articolo poteva essere ristampato facilmente su altre testate.
  • [7] Arthur Machen era uno scrittore gallese, noto per i suoi racconti dell’orrore e del sovrannaturale.
  • [8] Pubblicato nel 1842, il racconto confluirà nella raccolta Mosses from an Old Manse del 1846.
  • [9] Nel 1891, Louise Imogen Guiney pubblicò Peter Rugg, the Bostonian sul Subscriber’s Magazine. Nel poema, Rugg viene accompagnato da un bambino, anziché dalla figlia. Nel 1917, Amy Lowell pubblicò una ballata dal titolo Before the Storm: the Legend of Peter Rugg sulla North American Review.
  • [10] Nelle case del New England, la leggenda di Peter Rugg era una di quelle che un tempo venivano raccontate ai bambini davanti a un caminetto nelle buie sere d’inverno, come monito per onorare sempre Dio e non fare minacce inutili come fece Peter Rugg.
  • [11] È possibile leggere la saga completa di Peter Rugg in lingua originale in una pregevole edizione illustrata del 1910.

Foto di Sophia Martin da Pixabay