Vedere rosa dietro le sbarre
Avreste mai immaginato che bastasse un colore conciliante per far passare una sbronza? Non solo c’è chi ci ha pensato, ma c’è anche chi gli ha dato retta e l’ha messo in pratica.
Una notizia proveniente dalla vicina Svizzera e ripresa anche da qualche testata italiana, spiega questa stravagante soluzione che le forze di polizia elvetiche hanno deciso di sperimentare nelle prigioni di Pfäffikon (Zurigo). Una strategia che sembra fare proseliti, visto che anche altre carceri svizzere hanno adottato – o pensano di farlo in un prossimo futuro – lo stesso accorgimento per sedare gli animi dei detenuti che hanno alzato un po’ troppo il gomito.
Più nello specifico, le celle destinate agli ubriachi, ironicamente battezzate Ausnüchterstelle (letteralmente “stanza post-sbornia”), sono state tinte completamente di rosa. Tra le autorità c’è chi conserva un certo scetticismo, riservandosi di dare un giudizio dopo un periodo di prova, e chi invece è convinto dell’efficacia di questa idea: in primis il responsabile del progetto Beat Käch che afferma:
Anche il ‘cliente’ più difficile si è tranquillizzato nelle celle rosa.
A onor del vero, in barba a questa visione idilliaca, c’è anche chi è riuscito a danneggiare una delle celle rosa usando come ariete la latrina sradicata dal pavimento!
Quale mente scientifica si cela dietro questa inusuale e quantomeno discutibile iniziativa? Colei che si definisce una specialista del colore, tale Daniela Späth, che dichiara:
È stato scientificamente provato che il cool-down pink abbassa la pressione sanguigna. Come diretta conseguenza, l’aggressività cala entro alcuni minuti. Nessun atteggiamento aggressivo è stato osservato durante la detenzione in cella.
Questo secondo gli esperimenti della Späth, condotti su un campione di 730 persone, sul 98% delle quali si sarebbe verificato un abbassamento della pressione sanguigna quando rinchiusi in celle di colore rosa. A sostegno della sua teoria, l’esperta cita studi risalenti alla fine degli anni Settanta, sviluppati dal dottor Alexander Schauss presso l’American Institute for Biosocial Research di Tacoma, Washington. Tuttavia, la stessa Daniela Späth non considera il rimedio come una terapia e afferma:
Probabilmente il cool-down pink non può curare le cause di un comportamento aggressivo, ma può essere utilizzato solamente come un mezzo di intervento diretto. Comunque, al momento la fase pilota non è stata completata e, vista l’importanza dell’argomento, non posso aggiungere altro.
Insomma, una posizione piuttosto “prudente”. Di fatto, il confine tra simili “accorgimenti” e ciò che conosciamo con il nome di cromoterapia – a tutti gli effetti una pseudoscienza – è molto labile, ed è dunque azzardato promuovere una (presunta) scienza tutta da dimostrare.
Foto di Samuel Stone da Pixabay.
Anche negli ospedali dipingono le stanze di colori che dovrebbero -almeno in teoria – tranquillizzare i pazienti. Forse non è strettamente scientifico, ma provare alla fine non costa molto.
Come tutte le affermazioni di carattere medico (es: l’ acido acetilsalicilico è un efficace antipiretico) per raggiungere un largo consenso da parte della comunità medica deve essere supportata da un elevato numero di studi, worldwide, che abbiano risultati comparabili e ripetibili da chiunque li voglia ripetere. Ma anche l’affermazione contraria, (es: non è vero che l’ acido acetilsalicilico abbia effetti antipiretici maggiori del placebo) per avere consensus, deve produrre altrettanti, costosi e pazienti, studi. Buon lavoro a tutti.
Certo che funziona: se uno si sveglia da una sbornia in una cella completamente rosa gli passa la voglia di ubriacarsi per tutta la vita! 😉