La correttezza di informazione per LaStampa.it – aggiornamento
Torniamo sulla vicenda della lettera del dottor Pindaro Mattoli pubblicata sul sito de La Stampa, di cui abbiamo già parlato qui. In seguito alla replica del CICAP La Stampa.it ha dato nuovamente spazio a una lettera del dottor Mattoli, che recita:
1) Nel mio articolo non ho detto che il CICAP si sia sottratto all’esperimento. Confermo quanto affermato dal Dott. Polidoro sul fatto che io ero nella impossibilità logistica di eseguire di nuovo l’esperimento, ma è anche vero che l’esperimento stesso era stato eseguito in ambiente universitario e per ben tre volte, con relativi risultati positivi. Il che lo rende attendibile. Intendevo solo sottolineare il fatto che, nonostante l’esperimento avesse suscitato l’interesse del CICAP (citazione della corrispondenza successiva), l’associazione mostrava il solito atteggiamento di scetticismo rigido senza nemmeno essere minimamente possibilista. Ritengo questo atteggiamento antiscientifico. Il rifiuto di confronto si è verificato invece da parte degli scettici francesi (Dott. Broch) e questo è documentato.
Prendiamo atto della precisazione del dottor Mattoli, ma anche la sua risposta continua a non rendere giustizia al CICAP. Non si vede infatti come il nostro atteggiamento possa essere «di scetticismo rigido senza nemmeno essere minimamente possibilista» se noi eravamo disponibili a ripetere quell’esperimento e se fu invece lui a ritirarsi e non per «impossibilità logistica», come scrive ora, ma per le tre ragioni già citate nella nostra replica. Nonostante ciò, lo ribadiamo anche qui: siamo pronti a ripetere quell’esperimento se il dottor Mattoli ritiene superate le difficoltà che a suo tempo lo spinsero a ritirarsi.
2) Questo è un mio errore di interpretazione dell’articolo de La Stampa che cito qui sotto. “…Il 5 e 6 febbraio gli scettici detrattori dell’omeopatia si sono dati appuntamento per un evento che definiscono “l’appuntamento nelle piazze per suicidarsi omeopaticamente”. Risulta la ripetizione della campagna che lo scorso anno era avvenuta in Inghilterra, leggo su Query, rivista ufficiale del CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, per protestare contro una grossa catena di farmacie, la Boots, che aveva deciso di iniziare a vendere i farmaci omeopatici dopo anni di opposizione. Di questo evento avevamo già scritto su questo blog l’anno scorso a febbraio con “Omaggio agli eroici sperimentatori inglesi contrari all’omeopatia”. Al motto di “Omeopatia, non c’è niente dentro”,sostiene sempre Beatrice Mautino su Query, gli scettici trangugeranno le pasticche omeopatiche e lo faranno alle 10:23, ora che rappresenta il numero di Avogadro, in un simbolico gesto estremo che dovrebbe sensibilizzare la popolazione sull’inesistenza di molecole di principio attivo in quel tipo di rimedio. In effetti era possibile equivocare e dedurre che il “suicidio omeopatico” fosse stato effettuato anche da esponenti del CICAP qui in Italia. Comunque il fatto che il “suicidio omeopatico” sia stato celebrato altrove, e non in Italia, non cambia minimamente il senso del mio articolo.
Qui il dottor Mattoli ammette di essersi sbagliato e sostiene che fosse possibile equivocare, omettendo di riferire che avevamo commentato la campagna del suicidio omeopatico con la frase ben poco equivoca «Noi non siamo per i “gesti estremi”». Non vediamo come fosse possibile equivocare. Soprattutto non vediamo come «non cambi minimamente il senso dell’articolo» in cui Mattoli sostiene che «la sceneggiata del suicidio omeopatico organizzata dal CICAP non fa altro che screditare l’attendibilità di detta associazione» il fatto che noi quella «sceneggiata» non l’abbiamo mai fatta.
3) Mi sembra che non sia sufficientemente valorizzata la massa notevole di ricerche positive a favore della Omeopatia e che vengano selezionate solo quelle che vanno in senso contrario. Ritengo che la validità della Legge dei Simili e delle alte diluizioni sia sufficientemente stata dimostrata. Basta consultare le più autorevoli banche dati, ad esempio Med line.
Qui è di nuovo Mattoli a compiere una «ritirata strategica»: dopo aver sostenuto che il nostro cavallo di battaglia sia «la questione delle diluizioni omeopatiche», ora ripiega dichiarando che non è «sufficientemente valorizzata la massa notevole di ricerche positive a favore della Omeopatia». Noi ribadiamo che la nostra critica principale non è sulle diluizioni ma sulla mancanza di prove sperimentali: come ritiene non solo il CICAP ma la comunità scientifica nel suo insieme, dalle metanalisi emerge inequivocabilmente che l’omeopatia non ha dimostrato di funzionare. In ogni caso non è legittimo, come ha fatto Mattoli, riportare scorrettamente le posizioni altrui e poi rifiutarsi di ammettere l’errore.
Se davvero il dottor Mattoli desidera «tessere un dialogo non polemico ma produttivo» con gli avversari dell’Omeopatia (che, almeno nel nostro caso, non sono «avversari dell’Omeopatia» in quanto tale, ma semplici sostenitori della ragionevolezza scientifica) dovrebbe innanzitutto riconoscere di avere riferito in modo errato la posizione del CICAP e smettere di rivolgerci accuse che, come abbiamo mostrato, non sono basate sui fatti.
Foto di Vera Arsic da Pexels
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Piu’ chiaro di cosi’ non si puo’ cari Omeopati. Quoto Cicap.
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“come ritiene non solo il CICAP ma la comunità scientifica nel suo insieme, …” Vi dispiace definire meglio questa “comunità scientifica”? Dove ha sede? Quanti iscritti ha? Quale è la sua rivista ufficiale? Chi ne è il Presidente? Chi sono i membri del Consiglio Direttivo?Avete almeno una statistica di quanti Medici sono iscritti agli ordini Professionali di tutto il Mondo? E di quanti sono Omeopati? La avete, almeno, per l’ Italia?
Abbiamo pubblicato il parere della comunità scientifica nell’articolo sui risultati delle metanalisi (questo).
Invece avete pubblicato il parere della rivista Query. Nessuno dei lavori antiomeopatia che linkate nell’ articolo è firmato dalla “comunità scientifica” (uso le minuscole perché le usate Voi, che siete ben consci di parlare di un concetto inesistente, cosa strana per degli Scettici). Anche la metaanalisi di AiJing Shang, che tuttora è il lavoro antiomeopatia più citato dai nemici della medesima, reca solo la firma degli Autori, che non sono soci di una fantomatica “comunità scientifica”, ma lavorano all’ ISPM dell’ Università di Berna.
Non sono lavori antiomeopatia. Son rassegne (o studi comparativi) di centinaia di lavori pubblicati (anche da omeopati). Il risultato di venti anni di ricerche è che i trattamenti omeopatici non funzionano di più di un semplice placebo. E detto questo, l’argomento dell’articolo che sta commentando è un altro: la scorrettezza reiterata de La Stampa e del dottor Magnetti.
Un’occhiatina qui può essere utile
http://www.badscience.net/2007/11/a-kind-of-magic/#more-578
@Aldo: Sulla “comunità scientifica” provo a buttar giù qualche riga io. Poi su “Query” gira tanta gente che potrà integrare, migliorare, correggere quanto dico.
Il concetto di “comunità scientifica” ha in effetti degli aspetti sfuggenti perché non è (e non può essere) una comunità nel senso di un’associazione che rilascia la tessera di “scienziato” o di un luogo dove tutti gli scienziati si radunano a dire “questo è ok” e “questo no”. Quindi da un punto di vista “filosofico” si possono muovere delle obiezioni. Da un punto di vista pratico, però, il concetto regge. Non esiste un luogo fisico di raduno, ma esiste un luogo ideale, ovvero le riviste peer-reviewed. E’ vero che la metanalisi sull’omeopatia “reca la firma solo degli Autori”, ma è pure vero che tutti gli altri, se non li convince, possono farne un’altra e pubblicarla a loro volta. Se un lavoro valesse solo come idee personali, sarebbe ben presto contestato da un altro. Come infatti succede spesso (non però nel caso dell’omeopatia dove il verdetto della “comunità scientifica”, e non dei soli autori della metanalisi citata, è chiaro).
Quindi dire che la “comunità scientifica” abbia accolto una tesi o ne abbia respinta un’altra o sia divisa su un’altra ancora può essere filosoficamente tacciato di astrazione, ma da un punto di vista concreto funziona e quello di “comunità scientifica” resta un concetto di riferimento non solo valido, ma anzi indispensabile per distinguere ciò che è scientifico da ciò che non lo è.