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L’Europa vieta i rimedi naturali?

Siete abituati a farvi una tisana di erbe officinali o un infuso di camomilla? Dal 1° aprile non potrete più farlo: saranno proibiti tutti i rimedi erboristici e perfino i libri che spiegano come prepararli. Questo almeno è lo scenario apocalittico di un allarme che circola da qualche mese su internet e che potete trovare in tante varianti, per esempio qui:

SARANNO PROIBITI: Tutti i preparati fino ad oggi chiamati INTEGRATORI ALIMENTARI.
SARANNO PROIBITI: Tutti gli INSEGNAMENTI DI TUTTE LE METODICHE TERAPEUTICHE ALTERNATIVE
SARANNO CHIUSE: Tutte le SCUOLE OMEOPATICHE ed altre scuole di terapie naturali
SARA’ PROIBITA: Già da quest’estate sarà proibita LA VENDITA DI LIBRI riguardanti TERAPIE ERBORISTICHE, FITOTERAPICHE E DI OLIGOELEMENTI.

In realtà le cose stanno diversamente. Lo spiega la stessa Federazione Erboristi Italiani, in un comunicato intitolato “Quanto allarmismo!”:

ma chi ha lanciato l’allarme si é documentato fino in fondo e ha compreso il contenuto della Direttiva 2004/24/CE? (…) la direttiva disciplina il farmaco ovvero la pianta o l’estratto utilizzato come tale e quindi con rivendicazioni di tipo terapeutico. Se la stessa pianta viene utilizzata per scopi diversi da quelli medicinali perché rientrante in normative specifiche, come appunto quelle alimentari, è una questione che non riguarda la direttiva 2004/24/CE.

Il senso della direttiva e dell’emendamento, che riprendono normative analoghe già presenti in alcuni paesi europei come il Regno Unito, è tutelare il consumatore garantendo che anche i medicinali di origine naturale rispettino le garanzie di qualità, sicurezza ed efficacia che sono richieste agli altri farmaci. Le aziende che vogliono vendere o pubblicizzare un prodotto di origine vegetale come avente proprietà medicinali dovranno fornire una serie di dati sperimentali che lo dimostrano e produrlo seguendo gli stessi standard qualitativi di tutti gli altri farmaci. Questi prodotti dovranno inoltre avere un “bugiardino” che riporti le dosi indicate e i possibili effetti avversi, proprio come gli altri farmaci.
Falso allarme, quindi? In realtà un rischio c’è davvero, ed è che gli elevati costi necessari per raccogliere questi dati e rispettare gli standard di produzione taglino fuori i piccoli produttori e favoriscano effettivamente le multinazionali del farmaco. Per scongiurare questo pericolo, la direttiva prevede una “procedura di registrazione semplificata” (ma comunque costosa: si parla di circa 50.000 euro) per i prodotti medicinali vegetali la cui efficacia è di fatto dimostrata da “una tradizione lunga e costante”.
Quali effetti concreti ci si possono aspettare? Sentiamo il parere di Renato Bruni, ricercatore e docente presso il corso di Laurea di Scienze Farmaceutiche Applicate dell’Università di Parma e curatore del blog Sincretismi erboristici, in un’intervista a Oggiscienza:

“Credo che si possa stare tranquilli per la camomilla. Le piante officinali – termine non sinonimo di medicinali – vendute in erboristeria in taglio tisana non ricadono nella normativa e molti prodotti ora distribuiti sia in erboristeria che in farmacia sono in realtà registrati come integratori alimentari e quindi soggetti ad un’altra normativa. In questo l’emendamento citato in precedenza è chiaro: ‘qualora un prodotto rientri chiaramente nella definizione di altre categorie di prodotti, in particolare prodotti alimentari, integratori alimentari, dispositivi medici, biocidi o cosmetici, la presente direttiva non dovrebbe essere applicata’. Certo, si usa un condizionale, ma questo perché se l’integratore alimentare reca un claim, una dichiarazione di efficacia assimilabile a quella di un farmaco la faccenda si complica. Proprio su questo aspetto verte uno dei punti critici, in quanto secondo alcuni è possibile un’assimilazione al farmaco di azioni di tipo fisiologico, metabolico o immunologico attualmente ritenute di pertinenza anche dell’integratore alimentare (un prodotto definito come lassativo o capace di contrastare in modo significativo l’abbassamento del colesterolo o di innalzare le barriere immunitarie, per intenderci) e questo imporrebbe una registrazione farmaceutica per questi preparati.”

Si può tentare qualche previsione basandosi su quanto accaduto nel Regno Unito, dove una normativa analoga è già in vigore dal 2004. Ancora da OggiScienza:

Qualche dato in realtà sugli effetti della nuova direttiva in realtà c’è e può essere oggetto di riflessione. Nel Regno Unito, quasi tutte le aziende che dal 2004 ad oggi hanno chiesto la registrazione semplificata (provando che il prodotto è garantito in qualità sicurezza ed efficacia da un uso prolungato – almeno 15-30 anni) hanno ottenuto una risposta positiva “e spesso gli ingredienti presenti negli oltre 150 prodotti regolarmente registrati hanno un’azione metabolica, fisiologica o legata al sistema immunitario a testimonianza del fatto che i precedenti per cui sopra si paventavano dubbi sono in realtà per ora favorevoli” ricorda Bruni “certo è che tutte le aziende che vogliono lavorare nel comparto dei medicinali dovranno sostenere spese aggiuntive e quelle molto piccole potranno avere delle difficoltà a penetrare questo mercato. Stupisce piuttosto che pochi in Italia abbiano sfruttato i sette anni a disposizione per percorrere la via preferenziale. Probabilmente le nostre aziende preferiscono continuare a vendere i loro preparati a base di erbe secondo altre registrazioni”.

Il comunicato della Federazione Erboristi Italiani ricorda infatti che nel nostro paese è molto più facile che altrove registrare questi prodotti come integratori:

Mentre in Europa, nel corso degli ultimi 3 anni, sono stati autorizzati circa 160 medicinali vegetali tradizionali (più di 60 in Gran Bretagna, più di 40 in Germania, il rimanente in diversi stati dell’Unione, di cui uno soltanto in Italia), nel nostro Paese, il Ministero della salute è stato sempre attento alla realtà degli integratori, tanto da aver incluso, recentemente, nell’elenco delle piante ammesse nella produzione di integratori alimentari, decine e decine di “nuove” piante officinali, tra le quali numerose specie con le quali poter ottenere gli estratti gliceroalcolici, comunemente conosciuti come gemmoderivati, che molti davano già per “persi”, questo pericolo grazie anche all’intervento della Federazione Erboristi Italiani (www.feierboristi.org) e al costante dialogo con il Ministero è ora stato scongiurato.

Insomma, che l’Europa stia per vietare i rimedi naturali è chiaramente una bufala. La direttiva mette su un piatto maggiori garanzie di qualità, sicurezza e efficacia per i consumatori, sull’altro il rischio di una minore offerta e di prezzi più alti. Nell’attesa di vedere come la direttiva sarà implementata e quali effetti reali avrà in Italia, concordiamo con la conclusione degli Erboristi Italiani:

è importante informarsi e muoversi di conseguenza ma con cognizione di causa e competenza, con informazioni corrette e appropriate.

Foto di Annie Spratt da Unsplash

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