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Pinocchio nel paese dei paradossi

Alessio Palmero Aprosio
Pinocchio nel paese dei paradossi
Sironi editore, 2012
pp. 153
€ 14

Il grillo parlante non è mai stato così simpatico, come pure la materia che scopriremo essere il suo forte, vale a dire la logica matematica. In questo testo di divulgazione scientifica uscito per i tipi di Sironi, Alessio Palmero Aprosio, giovane ed eclettico dottorando di ricerca e appassionato comunicatore della scienza, sceglie di coniugare matematica e letteratura ponendo al centro della sua opera una vivace riscrittura di un classico immortale, “Pinocchio”.
Lo scopo è quello di avvicinare il lettore a una disciplina, la logica, che permea la nostra quotidianità, anche se il più delle volte non ce ne accorgiamo. Lo strumento scelto dall’autore per catturare l’attenzione è quello del paradosso, che stimola la curiosità perché mina le nostre certezze, inducendoci a tentare di capirne le ragioni, a metterne in luce le trappole logiche.

Abbiamo chiesto ad Alessio, che si è gentilmente messo a disposizione dei lettori di QueryOnline, di approfondire alcune questioni. Vediamo che cosa ci ha detto.

1) La scelta di “Pinocchio” fa istintivamente pensare ai ragazzi, anche se il tuo libro appare godibile da un pubblico ben più ampio. A quale lettore ideale hai pensato mentre scrivevi?

In realtà rileggendo Pinocchio da grande ho scoperto che, appunto, pensare al libro di Collodi come un testo per l’infanzia è istintivo, ma non propriamente razionale. Pinocchio non è affatto un libro per bambini. Detto questo, il lettore ideale del mio libro è una persona interessata alla matematica e alla logica, quindi probabilmente piuttosto giovane, come per esempio uno studente del liceo.

2) Il tuo libro si occupa di logica, una branca della matematica (e della filosofia) tristemente trascurata dai programmi scolastici. A tuo avviso, in che cosa consiste il valore formativo di questa disciplina?

Purtroppo la tua obiezione ha centrato una delle mancanze della scuola che più mi hanno  fatto soffrire. Penso che la logica sia importante anche solo per le piccole cose: capire, ad esempio, che la negazione di “tutti i cretesi sono bugiardi” non è “nessun cretese è bugiardo” pare non banale proprio per questo motivo. C’è poi una questione più ampia, per cui le discipline scientifiche, in generale, vengono considerate meno importanti di quelle umanistiche, al punto che se si sostiene di non conoscere Dante si passa per ignoranti, mentre ci si può tranquillamente “bullare” di non sapere nulla di matematica.

3) La matematica non si riduce al numero, così come molti ci vorrebbero far credere, e il tuo libro lo dimostra in un modo particolarmente felice. Come spiegheresti a un ragazzo, magari impaurito da calcoli e teoremi, che cosa sia davvero la matematica e perché possa diventare una passione?

Questa è un’ottima domanda. Penso che il problema sia relativo ai programmi scolastici e a come vengano svolti nell’istruzione superiore in Italia: l’esercizio è sempre e solo il calcolo fine a se stesso. Già il solo fatto di contestualizzare il problema sarebbe un bel salto di qualità e, soprattutto, di serenità per il povero studente. Un ottimo punto di partenza per questo scopo sono i giochi matematici che varie università organizzano in giro per l’Italia: tramite un approccio ludico, si capisce meglio perché le cose che si studiano sono importanti, quali sono le loro applicazioni, etc. Mi viene in mente il gioco del Nim come un ottimo esempio per appassionare alla matematica in modo divertente e utile.

4) In che cosa ritieni che il tuo libro sia diverso dai molti testi di divulgazione scientifica e matematica pubblicati negli ultimi anni?

Di sicuro uno degli aspetti caratterizzanti del mio libro è la presenza di una parte narrativa, che ha lo scopo di alleggerire la lettura e, quindi, di annoiare meno. Uno dei problemi maggiori della divulgazione scientifica, secondo me, è proprio la paura del lettore di non considerare avvincente la narrazione e quindi di abbandonare il libro prima della conclusione. La stessa sensazione si prova nei vari musei scientifici: in alcuni la conoscenza è offerta così com’è, in altri viene accompagnata da exhibit interattivi in cui ci si può sporcare le mani e quindi apprendere in maniera più divertente, utile ed efficace.

5) Nel libro citi diverse celebri figure di filosofi, matematici e uomini di scienza in generale. Tra queste o tra le altre che hanno caratterizzato il tuo percorso di studio e ricerca, quale ritieni che possa essere una fonte di ispirazione per le nuove generazioni?

Penso che uno degli aspetti che più mi hanno sconvolto nella storia della matematica sia quello delle geometrie non euclidee. In esso si riassume perfettamente l’essenza stessa della ricerca scientifica: anche in matematica vale la legge per cui una teoria è perfettamente valida finché non si trova qualcuno che la metta in discussione. Il matematico greco Euclide ha scritto un capolavoro senza precedenti come gli Elementi. Egli prese per buone alcune affermazioni “evidenti”, i postulati, e ci costruì sopra la più grande teoria matematica dell’epoca, con una precisione tale da stupire ancora oggi. Per 2000 anni parlare di matematica significava sostanzialmente parlare degli Elementi. Poi un matematico russo, Nikolai Ivanovich Lobachevsky, si è posto il problema di provare a negare uno di questi postulati, costruendo così una nuova teoria matematica altrettanto valida e completa. Questa scoperta non ha assolutamente sminuito il lavoro di Euclide, l’ha semplicemente completato. Possiamo trarre dalla vicenda un ottimo insegnamento: diffidare sempre delle affermazioni date come valide in assoluto, essere sempre curiosi e indagatori in ogni ambito della conoscenza.

6) La tua attività professionale si è concentrata sulla ricerca: hai mai sperimentato direttamente le difficoltà di fare ricerca in Italia, di cui molti tuoi colleghi parlano?

D’impulso mi sentirei di risponderti “purtroppo no”, ma in realtà è più adatto un “per fortuna no”. La mia attività di ricerca si svolge attualmente in una realtà, come quella di Trento, dove la crisi del settore si è sentita in modo molto attutito e ovattato. Se ne parla, certo, ma non ha avuto grosse ripercussioni sul mondo reale. Sono,  però, a conoscenza di altre situazioni dove mancano addirittura i fondi per l’acquisto di beni di prima necessità. In generale, tagliare su settori-chiave come quello della ricerca non fa altro che allungare questo periodo difficile. Durante la guerra fredda, gli Stati Uniti hanno letteralmente “aperto i rubinetti” dei finanziamenti alla ricerca per formare una nuova generazione di scienziati e ancora oggi ne stanno raccogliendo i frutti. Questo tipo di investimenti porta a risultati concreti a medio e lungo termine, un concetto non troppo chiaro all’attuale classe politica e dirigente del nostro Paese.

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