Il gatto di Schrödinger è vivo e lotta insieme a noi
Articolo originale su fantascienza.com
Il paradosso del Gatto di Schrödinger è noto negli ambienti scientifici e sicuramente del pubblico nerd/geek di tutto il mondo. Ne ha dato una sua spiegazione Sheldon Cooper in The Big Bang Theory, ed è stato argomento di romanzi, racconti di fantascienza dei più noti scrittori, da Ursula K. Le Guin a Greg Egan, a Robert Heinlein e tanti altri, fino a — last but not least — l’italiano Lukha B. Kremo.
Sir Terry Pratchett ha liquidato la questione a suo modo, in Streghe di una notte di mezza estate, affermando: “Tecnicamente un gatto chiuso in una scatola può essere vivo oppure no. Non lo si può sapere finché non guardi. In effetti l’atto stesso di aprire la scatola determinerà lo stato del gatto, anche se in questo caso c’erano tre stati ben distinti in cui il gatto poteva trovarsi: vivo, morto o incazzato nero”. Mirabile è la citazione del paradosso nel film A Serious Man di Joel ed Ethan Cohen, e mirabile è il modo in cui tra l’altro ne rimane in un certo senso vittima il protagonista del film.
Di usi narrativi ne potremmo citare molti altri, ma la cosa più curiosa accade, in questa era di social network che espongono tutto e il contrario di tutto, in cui molti commentano senza leggere bene, quando qualcuno pubblica un articolo che ne parla: arriva sempre qualcuno che non ha ben letto le premesse iniziali, che commenta con furore sulla presunta crudeltà verso il felino, convinto che il povero gatto sia stato messo veramente in una scatola. Forse quella persona sta ancora cercando risposte alla sua denuncia su gatti bonsai.
Quello che in realtà ha fatto il fisico Erwin Schrödinger nel 1935 è stato illustrare con un esempio del tutto paradossale e del tutto teorico un fenomeno della meccanica quantistica chiamato sovrapposizione, per il quale gli oggetti quantistici hanno la proprietà di esistere in più stati allo stesso tempo: “Si possono anche costruire casi del tutto burleschi. Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso.” (Fonte Wikipedia)
Detto in soldoni, poiché non c’è alcuna possibilità di vedere dentro la scatola, per quanto riguarda la meccanica quantistica il gatto è sia vivo sia morto, e solo aprendola scopriremo il suo fato. Ma aprire la scatola ha anche un curioso effetto collaterale, ossia altera il sistema, e l’elemento radioattivo potrebbe collassare all’improvviso, uccidendo il gatto. Oppure no, aprendola prima del termine potremmo scoprire che il gatto è vivo, ma abbiamo comunque alterato il sistema non arrivando alla fine dell’esperimento.
La notizia risale in realtà a ottobre 2012, e la fonte è la rivista Nature. Secondo questo studio, a Berkley, all’Università della California, sarebbero riusciti a trovare un modo di guardare un sistema quantistico senza distruggerlo, introducendo il concetto di “gentle measurement” che si potrebbe tradurre misurazione debole. Ossia hanno messo a punto un sistema che, metaforicamente, consente di dare una sbirciatina dentro la scatola del Gatto, onde evitare di alterare il sistema, causando la morte del felino o facendolo balzare energicamente fuori, molto arrabbiato per il trattamento riservatogli.
Non è stato trovato, c’è da dirlo subito, un metodo che dia informazioni certe e stabili sullo stato di salute del felino, ma tutto sommato, la conferma che la risposta alla semplice domanda “il gatto è vivo?”, non è altrettanto semplice e, forse, non lo sarà mai. È lo stesso capo dell’equipe R. Vijay ad affermare alla fine che il suo staff “è riuscito ad aprire parzialmente la scatola”.
Quindi se siete solo interessati al destino del felino, potete anche fermarvi qui senza scendere nei dettagli, perché vi posso rassicurare che, metaforicamente, quello che è stato scoperto è che, se nell’ipotetico esperimento venisse usata una scatola con le pareti semitrasparenti, ma ancora abbastanza opache da non distinguere bene le forme, e venisse aperta solo per pochi istanti, e magari si guardasse dietro un paio di occhiali oscurati, si vedrebbe il Gatto vivo. Del dopo non vi è certezza.
Il fenomeno della sovrapposizione citato prima potrebbe, in linea del tutto teorica, consentire a un ipotetico computer quantistico di eseguire calcoli in parallelo tenendo informazioni in bit quantistici, chiamati qubit. Diversamente dai bit ordinari, non memorizzano solo il valore 1 o 0, ma anche una combinazione lineare dei due stati, che può diventare 1 o 0 solo nel momento in cui venisse esaminato lo stato del qubit. In pratica le sovrapposizioni vengono facilmente distrutte non appena vengono osservate, pertanto i sistemi quantistici sono fragili e instabili.
La squadra di Vijay ha iniziato utilizzando un piccolo circuito superconduttore comunemente usato come modello di qubit nei computer quantistici, messo in sovrapposizione ciclando il suo stato tra 0 e 1 in modo da fargli raggiungere più volte tutte le possibili combinazioni di stati. Successivamente, è stata misurata la frequenza di questa oscillazione. Ciò è intrinsecamente una misurazione più debole del determinare se il bit assume il valore di 1 o 0 in qualsiasi punto, così l’ipotesi è stata che potrebbe essere possibile farlo senza forzare il qubit verso il valore 1 o 0.
Tuttavia, ciò ha introdotto una complicazione: anche se la misura era abbastanza delicata da non distruggere la sovrapposizione quantistica, la misurazione ha modificato in modo casuale la frequenza di oscillazione. Non era un effetto previsto, ma è stato possibile effettuare la misurazione molto rapidamente, consentendo ai ricercatori di introdurre un cambiamento uguale ma opposto nel sistema che ha restituito la frequenza del qubit al valore che avrebbe avuto se non fosse stata misurata affatto.
Questo feedback è simile a ciò che accade in un pacemaker: se il sistema va alla deriva troppo lontano dallo stato desiderato, che sia un battito cardiaco costante o una sovrapposizione di 1 e 0, è possibile spostarlo indietro verso dove dovrebbe essere. Il Team di Vijay non è stato il primo ad avere l’dea di usare il feedback per sondare un sistema quantistico, ma il fattore limitante in passato era stato che le misurazioni sufficientemente deboli per preservare il sistema restituivano segnali troppo piccoli per rilevare e correggere, mentre misurazioni più grandi introducevano un rumore nel sistema troppo grande da controllare.
Vijay e colleghi hanno usato un nuovo tipo di amplificatore che permette loro di aumentare il segnale senza alterarlo. Hanno scoperto che il loro qubit rimaneva nel suo stato oscillante per l’intera durata dell’esperimento, un centesimo di secondo, sufficiente a dire che il qubit era sopravvissuto al processo di misurazione.
Secondo Vijay questa procedura dimostra che si è quasi arrivati al risultato di introdurre il controllo degli errori di misurazione quantistica. Tali controlli potrebbero essere utilizzati per prolungare le sovrapposizioni di qubit nella computazione quantistica, sostenendo automaticamente i qubit vicini al collasso.
Il risultato non è perfetto, sottolinea Howard Wiseman della Griffith University di Brisbane, in Australia, in un articolo che accompagna la pubblicazione dei risultati. “Ma in confronto con la mancanza di feedback risultante dalla completa imprevedibilità entro parecchi microsecondi, la stabilizzazione osservata durante la ciclicità del qubit è un grande passo avanti nel controllo degli stati di un qubit individuale”.
Se siete arrivati fin qui, meritate in premio un’ulteriore rassicurazione: nessun gatto è stato maltrattato per scrivere quest’articolo.
Emanuele Manco
Siamo, spero, al punto in cui l’ unica soluzione possibile per proseguire nella conoscenza dei Quanti è ammettere la possibilità che siano intelligenti, ovvero in grado di scegliere il loro stato, sia per comunicare tra loro che con noi. Del resto anche il gatto potrebbe benissimo fingersi morto affinché noi ci decidiamo ad aprirgli la scatola.
Forse Schrödinger non aveva un gatto……se l’avesse avuto avrebbe saputo che dopo 10 minuti in una scatola chiusa avrebbe fatto un casino infernale dimostrando in modo inequivocabile la sua vitalità e il fatto di essere piuttosto alterato. Se dopo un’ora tutto tace ……il gatto è morto. 🙂
Breacking News: Il Gatto di Schrödinger è scappato! E guardate come l’ ha ridotto:
http://www.lanazione.it/montecatini/cronaca/2012/10/03/780985/images/1507104-volodymi.JPG