A lezione di consumo consapevole: “Pane e bugie” e “Le bugie nel carrello”
«Gli OGM sono dannosi per la salute: non hai sentito la storia della fragola-pesce?» «Ormai io uso solo pasta al kamut: lo sai che è il grano che usavano anche i faraoni? Le cose antiche sono sempre più naturali.» «Abbiamo speso un bel po’ di soldi per il vino biodinamico, ma ne valeva la pena: abbiamo fatto un figurone!» «Ma sei pazzo?! Metti nel caffé lo zucchero bianco? Non sai che è veleno? Hai idea di quante schifezze cancerogene contiene?» «I miei figli bevono solo latte crudo: così non perdono tutte le sostanze nutritive che vanno via con la pastorizzazione!»…
E si potrebbe continuare virtualmente all’infinito: il campionario della disinformazione scientifica in campo alimentare è in continua crescita, foraggiato da giornalisti non sempre scrupolosi nel verificare le notizie o troppo disposti a credere a sedicenti esperti o ai famigerati “ricercatori indipendenti”. E naturalmente anche dall’industria alimentare. Tranquilli, nessuno sta parlando di presunti complotti dei poteri forti a svantaggio del povero consumatore, vittima di un sistema dagli oscuri fini. Passando il discorso sotto la lama del rasoio di Ockham, si può semplicemente notare come le aziende che si occupano della produzione di alimenti – il cui interesse è, naturalmente, quello di aumentare le vendite il più possibile – sfruttino a proprio vantaggio la diffusione di miti e mode alimentari nel pubblicizzare i loro prodotti, finendo con il favorire la disinformazione.
Per fortuna, però, da qualche anno i consumatori hanno un angelo custode al proprio fianco, che li aiuta a prendere decisioni basate sui fatti e non sul battage di programmi-giornali-siti poco affidabili. Si tratta di Dario Bressanini, chimico presso l’Università dell’Insubria, divulgatore scientifico e blogger per Le Scienze. Nel suo blog e nei suoi libri si occupa di sfatare miti alimentari ed educare al consumo critico e consapevole, con un tono leggero e accattivante, ma con grande rigore scientifico. Nel marzo di quest’anno è uscita presso Chiarelettere la seconda edizione di “Pane e bugie”, che sottopone al vaglio della scienza alcune idee diffuse quanto scorrette in campo alimentare. A maggio è poi stato pubblicato dal medesimo editore “Le bugie nel carrello”, ovvero una raccolta di tutto ciò che un consumatore dovrebbe sapere prima di aggirarsi tra gli scaffali di un supermercato, per evitare di cadere in autoinganni spesso economicamente svantaggiosi e riuscire a scegliere davvero il prodotto migliore.
Nel consigliarvi la lettura di questi testi interessanti quanto utili, soffermiamoci ad approfondire alcune questioni insieme a Dario Bressanini.
1) La legislazione italiana in tema di alimenti è adeguata oppure avrebbe in mente qualche norma con la quale si potrebbe integrare?
La legislazione Europea è in genere molto meticolosa e adeguata. Molto di più di quella statunitense ad esempio. Ci sono alcuni punti oscuri in particolari settori, come ad esempio quello dell’olio di oliva, dove la provenienza delle olive a volte sulle etichette è un mistero, ma in genere il consumatore è ben protetto. Certo, le etichette sono difficili da leggere, ma questo è inevitabile per i prodotti molto lavorati e con tanti ingredienti.
2) Tra i più importanti insegnamenti dei suoi libri vi è quello che naturale e salutare non sono sinonimi e che artificiale non è l’equivalente di cattivo. Perché, a suo avviso, queste idee sono così diffuse?
Per avere una risposta più completa bisognerebbe rivolgere questa domanda anche a un antropologo culturale o a uno psicologo. Una volta non era così. Nel Medioevo ad esempio il “naturale” era una cosa che non era considerata adatta all’uomo, e gli alimenti andavano mescolati e modificati per “creare un equilibrio” che in natura non c’era. Forse questa infatuazione per il “naturale” nell’uomo d’oggi è nata quando noi occidentali abbiamo troncato quasi del tutto i legami con la produzione agricola, e quindi abbiamo idealizzato un mondo che non è mai esistito in realtà, un gigantesco mulino bianco. Di sicuro il marketing continua a rinforzare questa idea.
3) Quali sono gli effettivi rischi che corrono oggi i consumatori dei normali prodotti da supermercato? Esistono regole da rispettare che possano permettere di scongiurarli oppure non c’è ragione di preoccuparsi?
In realtà di rischi il consumatore non ne corre tanti. I controlli ci sono e i cibi che acquistiamo generalmente non ci causano problemi sanitari. Certo, le truffe sono sempre in agguato, ma i dati statistici dicono che è più facile venire intossicati per una conserva casalinga o per del pesce conservato male nel frigorifero piuttosto che per residui di pesticidi sulla frutta.
4) Come lei ci dimostra, anche sul biologico si sono fatte molte affermazioni false o approssimative. Come si spiega, a suo avviso, il boom del mercato di questa categoria di alimenti?
Perché molti consumatori sono terrorizzati dai pesticidi che si immaginano in gran quantità sulla frutta e la verdura. In realtà come dimostro nei miei libri non c’è nulla da temere. Il biologico poi è percepito erroneamente come “esente da pesticidi” e questo gioca a suo favore. In realtà nel biologico non si possono usare i pesticidi “di sintesi” ma molte sostanze naturali sono ammesse, come ad esempio il piretro, i sali di rame, gli oli minerali etc., ma il consumatore solitamente lo ignora.
5) Come giudica la situazione italiana nel campo dell’informazione sulla corretta alimentazione?
Pessima. Il tema è spesso trattato molto superficialmente da giornali e riviste, che spesso hanno bisogno di un titolo a impatto: “questo fa venire il cancro”, “quello cura l’impotenza”. Si pone poi troppa enfasi sul contenuto nutrizionale dimenticando spesso che uno dei nostri problemi è che mangiamo troppo e non abbiamo certo carenza di nutrienti, mediamente. In generale c’è troppo allarmismo.
6) Avrebbe in mente qualche iniziativa educativa per diffondere la cultura della corretta alimentazione?
Con bambini e ragazzi è molto efficace farli cucinare o far preparare loro delle cose come il formaggio, il pane o il burro. In questo modo si interessano molto di più a quello che poi mangeranno e diventano più critici e più curiosi.
7) Dalla lettura dei suoi saggi emerge chiaramente il fatto che l’eccesso di semplificazione porta sovente all’errore (è, ad esempio, la base del discorso sugli alimenti a km 0). Quale metodo suggerisce di applicare per difendersi dalla naturale tendenza umana a cercare soluzioni semplici, rapide e, purtroppo, sbagliate?
Se avessi la risposta non avrei dovuto scrivere i miei libri e il CICAP non esisterebbe. Come esseri umani adoriamo le risposte semplici. L’unico antidoto è continuare a mantenere un atteggiamento scettico e verificare le affermazioni che ci vengono riportate.
Il primo dei due libri l’ho letto e lo consiglio anche a chi come me ha ormai una formazione e idee precise al riguardo questo libro porta esempi recenti in modo molto spesso originale e quindi mai noioso o pedante.
L’altro libro l’ho ordinato e mi aspetto di trovarlo ugualmente interessante e utile, almeno come l’altro, anche per un eventuale uso didattico per le mie lezioni di scienze.
A questo punto direi che il CICAP ha ufficialmente aperto un nuovo fronte. In attesa che il CICAP stesso definisca il Nemico con un Neologismo (memorabili: Complottismo, Pareidolia, Fantarcheologia, Pseudoscienze) lo nominerò: Paranormale Alimentare, ovvero contro tutte le Diete che promettono Eterna Giovinezza e Prevenzione di tutte le Malattie. Auguri, anche se io, prima di aprire un nuovo fronte, preferirei vincere almeno una delle tante Guerre dichiarate.
Ho quasi letto metà del libro “Le bugie del carrello”. Essendo il Cicap un’associazione che ha tra i suoi scopi la divulgazione scientifica credo non sia fuori luogo pubblicizzare l’esistenza di libri di questo tipo. Più nello specifico, il paranormale c’entra molto nel capitolo che riguarda la Biodinamica (oggetto di una relazione, tra l’altro, al congresso di Volterra) ma in generale sull’alimentazione i luoghi comuni sono così tanti e radicati da essere studiati da tempo da chi si occupa di leggende urbane (quella dei coloranti una delle più conosciute).
Intervista interessante, libri da tenere in considerazione.
Una mia risposta all’ultima domanda: le persone vanno educate alla multicausalità. Cercano risposte semplici perché hanno un approccio unicausale alle cose.
Ottima iniziativa: specialmente nel campo alimentare occorre fare informazione corretta (od almeno tentare di contrastare quella fondata su falsi miti). L’informazione però non basta e servono i controlli degli enti tecnici. Purtroppo questi controlli sembrano non essere sufficienti (specialmente sui cibi di importazione) ed è necessario che si diffonda nell’opinione pubblica la consapevolezza che solo investendo in tali controlli sistematici si può veramente tutelare la salute alimentare della gente.
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