Approfondimenti

“Il contratto” di Eduardo De Filippo

E’ stato da poco pubblicato “Eduardo, l’occulto e la magia”, il nuovo Quaderno del CICAP firmato da Fara Di Maio, disponibile presso tutti i bookstore online, compreso naturalmente Prometeo. Eccone un piccolo assaggio.

Spesso le grandi imprese nascono da piccole opportunità.
Demostene

Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!
Carlo Collodi

Questa commedia è incentrata sulla figura di Geronta Sebezio, un santone paesano che con molta abilità e opportunismo si è creato la fama di poter, addirittura, resuscitare i morti.

Nella vicenda narrata ne Il contratto ritroviamo molti degli elementi tipici della truffa pseudo-religiosa: il miracolo, l’invito a credere in Dio e non al suo povero intermediario, il rifiuto di accettare denaro (che poi arriverà, a fiumi, con mezzi alquanto terreni che ricordano molto da vicino il gioco delle tre carte), l’esortazione ad amare il prossimo e la famiglia, l’ammirata approvazione delle autorità locali, la complicità della stampa che pur di ottenere uno scoop non si preoccupa di indagare più di tanto. Anche in questa commedia Eduardo dimostra di conoscere benissimo tali meccanismi, al punto tale che se il CICAP fosse esistito mentre lui era ancora in vita, avrebbe potuto di certo esserne un benemerito membro. La rappresentazione di questa commedia, forse una delle meno note di Eduardo ma una delle preferite dall’Autore, potrebbe da sola costituire una esauriente lezione sui metodi dei santoni e sui loro presunti miracoli. Per tutta l’azione Geronta sembra davvero, agli occhi degli spettatori -e dei suoi seguaci in palcoscenico- un autentico benefattore, un santo che non ricerca altro che la felicità del prossimo, desiderando per sé solo un po’ di pane e acqua. La sua finezza criminale è talmente sottile da essere invisibile; ha un solo complice, l’unico che sappia dell’inganno. Ma anche questi non sa tutto, e comunque non gli converrebbe parlare. Per giunta si tratta di un sempliciotto, che gli è molto devoto, e non sarà mai in grado di comprendere la portata dei suoi imbrogli. Sì, Geronta Sebezio è proprio in una botte di ferro.

La trama in breve

Geronta Sebezio vive in campagna, circondato dalla venerazione dei contadini che lo considerano un taumaturgo. Accompagnato dal giornalista Cichignola, arriva il brigadiere del paese che, avvertito da lettere anonime che raccontano gli strani avvenimenti, è costretto a compiere gli accertamenti di rito. Geronta racconta loro che la fama di santità gli è stata attribuita da quando ha “resuscitato” il suo servo Isidoro. Da allora, moltissime persone si sono rivolte a lui per resuscitare parenti e persone care, e il suo studio è pieno d’attestati di gratitudine. Geronta attribuisce il suo potere alla “catena d’amore” con la quale i familiari dovrebbero circondare il morto. Ai suoi aspiranti beneficiati, infatti, fa firmare un contratto che li impegna ad amare i propri parenti e a trattarli con giustizia nel momento del testamento. La conversazione viene interrotta: Geronta è chiamato dalla famiglia Trocina, i cui componenti, dichiarato morto il capofamiglia firmatario del contratto, sono pronti a litigare per l’eredità. Geronta, falsamente disinteressato, riesce a metterli d’accordo, intascando parte del denaro. Inoltre consiglia di dare una forte somma al più povero della famiglia che, colpito dalla fortuna, si crede miracolato da Geronta e testimonia della “nuova vita” datagli dal taumaturgo. La commedia si chiude nel momento della firma di un nuovo contratto.

La commedia

Chi è Geronta Sebezio? Un santo taumaturgo che resuscita i morti oppure un abilissimo quanto volgare truffatore? O magari un santone con il conto in banca (come titolò un suo articolo S. De Feo ne L’Espresso del 21 gennaio 1968)? Chi assiste alla commedia, o ne legge il testo, non saprà decidere tra le due possibilità quasi fino alla fine. Anche il linguaggio utilizzato dall’Autore, che mette in bocca ai suoi personaggi frasi dall’ambiguo significato, è studiato per trarre in inganno -e non poco- lettori e spettatori.

A ben riflettere, comunque, è sulle ambiguità delle proprie affermazioni che molti sedicenti sensitivi fondano la loro reputazione. Geronta, “con quel nome che sa di antico e di vecchie farse, appare così privo di illusioni da poter sfruttare a proprio vantaggio non solo quelle degli altri, ma anche le loro paure, la loro avida voglia di vivere.”

Geronta afferma di essere in grado di riportare in vita persone morte; costoro, i beneficiati, lo attestano donandogli le proprie gigantografie firmate e dedicate a colui che li ha restituiti alla vita. Le attestazioni sono davvero impressionanti, e alcune verranno lette dal giornalista Cichignola che, nella commedia, rappresenta il punto di vista della gente comune e –con un tocco di modernità- dei mass media: “Mi hai ridata la vita. Grazie Geronta. Giuseppe Savarese”. “Tu, Geronta, mi hai fatto resuscitare! Peppino Santarella”. “Hai vinto la morte! La mia morte! O meraviglioso Geronta! firmato Silvestri”. “Questa è una signora morta l’anno scorso -afferma Geronta con assoluta faccia tosta- Leggete: Viva la morte se si può resuscitare. Abbasso la vita se non si ha la fortuna di incontrare Geronta Sebezio”.

Ma… a quale vita Geronta restituisce le sue vittime? O meglio, a quale morte si riferiscono i beneficati? Nel corso della commedia questo punto verrà chiarito, come vedremo più avanti, e non mancherà di farci sorridere.

Nella sua ambiguità, Geronta afferma anche (come fanno alcuni santoni dei nostri giorni): “Non ho mai creduto di possedere un potere miracoloso. Credo di avere delle possibilità che potrebbero essere alla portata di tutti … “. Pur non avallando mai a parole la propria fama, Geronta promette di riportare gratuitamente in vita tutti coloro che vogliono o possono stipulare con lui un “contratto”: il contraente si impegna ad amare concretamente il prossimo suo, anzi dovrà accogliere in casa propria e beneficiare nel proprio testamento il parente più odiato e diseredato. Proprio questa clausola, che pare improntata al più puro amore cristiano per il prossimo, si rivelerà cruciale nello svolgimento della trama.

Riguardo i presunti poteri soprannaturali, un’obiezione scettica anche se debole viene sollevata dal giornalista Cichignola, inviato nella casa di Geronta per un’indagine sui misteriosi eventi: “Da una parte lei dice che miracoli non ne fa, dall’altra sostiene che ha il potere di resuscitare i morti. Con che li resuscita allora? Con la bacchetta magica?” – “Con l’amore, con la bontà, con la pietà per il prossimo, spinta fino alla rinuncia di ogni proprio diritto” risponderà Geronta, e vedremo più avanti come questa professione di amore universale e cristiano nasconda le sue vere intenzioni. Del resto, come recita la didascalia, nella casa di Geronta fa bella mostra di sé un mobile archivio carico di pratiche, i famosi contratti. Segno che tanto disorganizzato il pover’uomo toccato dalla grazia di poter fare miracoli non deve essere!

Vedremo anche, nel dipanarsi della commedia, che tutta la fama di miracoloso santone deriva a Geronta da un banalissimo episodio che, opportunamente romanzato con la ingenua e involontaria complicità di un servo mentalmente ritardato, lo farà assurgere al rango di leggenda. Geronta si è molto semplicemente trovato nel posto giusto al momento giusto. Il servo Isidoro (cresciuto nella famiglia di Geronta e quindi considerato quasi un fratello) era stato investito da un camion, e lo si era creduto morto. Va ricordato che l’azione si svolge in un arretrato contesto rurale (la dimora di Geronta è uno dei tanti casali rustici che si incontrano lungo la via collinosa che da Massa Lubrense porta a Positano, come recita la didascalia), che all’epoca in cui la commedia è ambientata non era ancora divenuto località di villeggiatura di fama mondiale. Geronta, affezionato a Isidoro, si era recato subito sul luogo dell’incidente. Il suo comportamento immediatamente successivo potrebbe essere stato dettato dall’affetto, oppure da un innato senso della teatralità.

Ascoltiamo le sue stesse parole:

“Quando arrivai io, si era già sparsa la voce e trovai la casa piena di gente e lui aggiustato sul letto con i fiori e le quattro candele, la gente che piangeva e il medico che stava facendo il certificato di morte. Il bene che gli avevo voluto da quando eravamo bambini, il dolore di vederlo stecchito sul letto con quattro candele intorno, mi fecero strillare come un animale ferito a morte: Che stai facendo? Qua ci sta il fratello tuo, Geronta Sebezio! Tu non sei morto! Alzati! Isidoro aprì gli occhi e cominciò a parlare. Il paese sottosopra, i giornali cominciarono a parlare di miracolo, sapete come sono i giornali…”

E il gioco è fatto, una fama mediatica, come si direbbe oggi. Geronta dovrà solo, di tanto in tanto, impedire al servo-fratello di tradirsi. È proprio questa tendenza di Isidoro a parlare troppo che provoca l’ennesima visita della polizia in casa di Geronta, oltre che l’intervista del giornalista. Per sua fortuna, il brigadiere che verrà in casa per un controllo è soggiogato dalla sua personalità e non sospetta minimamente che Geronta sia un truffatore. Durante un incontro con dei compaesani, Isidoro si è lasciato sfuggire qualcosa di compromettente, e don Antonio l’assessore ha deciso di ordinare un’altra ispezione. Isidoro viene aspramente redarguito e insultato da Geronta, e su questa lite si apre la commedia.

Immagine: L’occultista napoletano Domenico Bocchini (1775-1840), alias Geronta Sebezio (“anziano del Sebeto”), a cui Eduardo De Filippo si ispirò forse per il nome del protagonista

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