Il terzo occhio

Trial clinici per la medicina alternativa: una perdita di tempo?

Avviare trial clinici randomizzati per valutare discipline prive di base scientifica, come l’omeopatia e il reiki, sarebbe una perdita di tempo, ingiustificabile sul piano etico perché comporta lo spreco di preziose risorse. È questo il parere che il chirurgo oncologo David H. Gorski e il neurologo Steven P. Novella hanno espresso in un articolo appena uscito per Trends in Molecular Medicine, destinato certamente ad alimentare il dibattito tra sostenitori della scienza e cultori dell’“alternativo”. I due autori – che sono i curatori del sito www.sciencebasedmedicine.org, incentrato sull’analisi delle basi scientifiche della pratica medica e sulla lotta alla pseudoscienza – mettono in evidenza l’assurdità di impiegare i già scarsi fondi per la ricerca nella sperimentazione di discipline che si basano su concetti palesemente antiscientifici. Il semplice fatto che queste contraddicano principi basilari della scienza comporta l’inutilità di strutturare trial – che si tradurranno in un dispendio di tempo, energie, risorse finanziarie – per dimostrare qualcosa che si sa già in partenza, ovvero che non possono funzionare.

Quanto è frequente il ricorso alla sperimentazione nei confronti di presunte terapie senza basi scientifiche? Parecchio, a giudicare dai dati riportati dagli autori: facendo l’esempio dell’omeopatia, una ricerca su PubMed (database della letteratura scientifica) con la chiave “homeopathy randomized clinical trial” ha come esito più di 400 riferimenti bibliografici, molti dei quali sono proprio studi clinici randomizzati. Quali le ragioni di questa tendenza a investire nella sperimentazione delle cosiddette cure alternative? «Nessuna logica scientifica convincente o prova prescientifica, ma piuttosto perché sono popolari» è l’amara considerazione dei due autori, che sottolineano come l’argomento chiave di chi propone di fare i trial sia proprio la diffusione di queste pratiche. Anche se, ribattono Gorski e Novella, «questa non è una ragione valida per sottoporre soggetti umani alla pseudoscienza».

Nel complesso, la posizione dei due autori sembra, però, un po’ troppo netta: l’esclusione dai trial lascerebbe il dubbio di procedere guidati dal principio d’autorità, per aprioristica volontà censoria. Inoltre, in questo modo, nessuno sottoporrebbe a verifica i dati forniti dai sostenitori della medicina alternativa, sempre prodighi di studi in realtà pieni di falle metodologiche. Certamente l’esigenza di evitare lo spreco delle esigue risorse a disposizione della comunità scientifica impone grande cautela e oculatezza nella gestione dei fondi. Il ragionevole “giusto mezzo” potrebbe essere rappresentato dal sottoporre a verifica tramite trial clinici randomizzati le affermazioni di particolare rilievo, con ricadute di grande importanza sul piano scientifico. Si potrebbe, a questo punto, pensare all’elaborazione di specifiche linee guida.

Ma perché così tanta gente sente il bisogno di ricorrere a cure la cui efficacia non può andare oltre l’effetto placebo, alimentando, di conseguenza, l’attenzione – e quindi gli studi –  riguardo alle stesse? Una delle ragioni è la freddezza e l’impersonalità dell’attuale sistema medico, che alimenta la falsa equazione alternativo = olistico, che viene tradotta spesso in pseudoscientifico = umano. In realtà, sottolinea Gorski, non è affatto vero che per essere un medico che guarda alla persona nella sua interezza – olistico nel senso più autentico del termine – si debba essere un cultore di pseudoscienze come l’omeopatia. Sarebbe, anzi, auspicabile che la medicina (quella vera e in continua evoluzione) recepisse questa esigenza di maggiore umanità che i pazienti manifestano, magari destinando maggiori fondi anche alla formazione dei professionisti in tal senso.

Foto di Detlev Cosler da Pixabay

6 pensieri riguardo “Trial clinici per la medicina alternativa: una perdita di tempo?

  • Sarebbe una cosa fantastica se l’attuale Ministro della Salute si prodigasse per proporre dei provvedimenti nazionali tutelanti l’interesse della salute di ogni singolo cittadino nonché contribuente, evitando che quelli più deboli cadano nella trappola della salute ‘facile’
    Non è normale vedere quanti individui si fidano più del consiglio dell’amico, che ha provato una fesseria qualunque che secondo lui funziona!!??, piuttosto che del consiglio di un professionista del settore (normo-pensante….) che ha impiegato il suo tempo a cercare di capire quel che sostiene, lo trovo incredibilmente da ignoranti e vergognoso.
    Sarebbe altrettanto auspicabile che il Ministro dell’Istruzione inserisse nei programmi didattici il principio di ‘autorevolezza condivisa’ cioè si insegna solo quello che è pluralmente e autorevolmente provato lasciando tutte le ‘idee particolari e singolari’ a caxxari scriventi sui social (purtroppo)
     

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  • … “come giusto mezzo” … “affermazioni di particolare rilievo, con ricadute di grande importanza sul piano scientifico”. Mi sfugge quali siano o possano essere queste “affermazioni di particolare rilievo con ricadute…scientifiche”! Le medicine alternative sono tali in quanto a-scientifiche, l’unico tempo ben speso contro queste cialtronaggini non è prenderle in considerazione, ma solo quello mirato, specialmente in italia, ad accrescere la cultura scientifica nella popolazione, dalla culla alla bara (come si dice), dalla scuola fino alla programmazione televisiva, e dei media generalisti in genere. Non si fa un bel servizio alla verità mettendo sullo stesso piano (ma fa tanto politically corrrect) scienza e cialtronerie!

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  • Questo è il risultato di una società che fa del parere dell’amico “esperto” e della corruzione gli unici strumenti utili per vivere. Facile e comodo. Perché cambiare? Perché studiare?
    Il tempo serve per chattare, selfie, ecc., ecc.

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  • Gentilissimo George, in primo luogo, la ringraziamo per il suo commento. Siamo perfettamente d’accordo sul fatto che le cosiddette medicine alternative non abbiano mai mostrato prove scientifiche di efficacia. Giudichiamo opportuno, in taluni rari casi, che studi seri (se necessario, con l’uso di trial clinici) vengano strutturati in risposta ai dati presentati da discipline molto in voga, come l’omeopatia (per via della loro popolarità, c’è un alto rischio che la gente consideri tali dati affidabili), soprattutto quando vengono fatte affermazioni che, se confermate, stravolgerebbero importanti principi scientifici.
    Solo per fare un esempio, anche se non si tratta di trial clinici, si può pensare agli studi che hanno rivelato la fallacia delle conclusioni di Benveniste nel famoso articolo sulla “memoria dell’acqua”.

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  • Ringrazio l’autrice per la gentile risposta. Trovo ragionevoli le argomentazioni da Lei presentate, anche se continuo a pensare che l’accento vada posto su educazione e media nuovi e vecchi. Il motivo per il quale penso che, pur se ragionevoli, siano inefficaci, o quantomeno di scarsa efficacia, è semplice, si basano su una contraddizione di fondo: se Tizio non crede nelle prove scientifiche (p.e. cultore di medicine alternative et similia) perché mai dovrebbe cambiare idea con ulteriori prove scientifiche che ribadiscono (scientificamente) l’insussistenza delle sue argomentazioni? Oltre quelle già citate ci sarebbero anche altre iniziative che potrebbero avere una certa efficacia, ma essendo piuttosto “dure”, nel paese dei penultimatum, non verranno mai adottate; penso ad iniziative che leghino le proprie opinioni alle loro conseguenze, p.e. i fumatori incalliti si pagano in toto o in parte le cure per i tumori correlati (magari nella stessa % di dorrelazione), se uno arriva alle cure “scientifiche” solo dopo aver preferito le medicine “alternative” paga almeno la differenza di prezzo tra la cura in ritardo e quella senza ritardo… e potrei continuare!

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  • pur condividendo le argomentazioni di A Longo, trovo che un approccio alla quotidianità ventilato da George sia più efficace, costruttivo e responsabili zzante per tutti. Inoltre metterebbe chiunque davanti alla responsabilità personale delle proprie idee, anche a livello economico.
    Sarebbe la corretta fine del tipico permissivismo/buonismo italico.
    Tornando allo studio, è importante evidenziare in questo momento storico  la perdita di tempo ed economica, che dovrebbe essere indirizzata su altro; le risorse son poche!
    In ultimo c’è il problema che se  la Scienza approccia, anche solo per confutarle, teorie strampalate, contemporaneamente sostiene chi le vuole promuovere! (O i promotori della tuffa utilizzeranno questo “intervento” della Scienza a loro favore). Ovviamente mi riferisco alla percezione che avrebbe il volgo, ma si capiva!
    Ricordo che c’è un numero consistente di docenti di scuole primarie e secondarie che crede fermamente in tutte ste nuove medicine di inutile utilità (non potevo utilizzare il termine efficacia perché sarebbe troppo scientifico, gulp..eheheh); è un problema serio perché coloro formano le coscienze dei giovani! ……
     

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