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Comunicare la scienza, il nuovo Quaderno del CICAP

E’ uscito il nuovo Quaderno del CICAP, “Comunicare la scienza. Orientarsi nei labirinti dell’insolito e dalla pseudoscienza“, di Armando De Vincentiis. Ne riportiamo la presentazione, di Marco Ciardi, e il primo capitolo. Buona lettura!

Presentazione

Ci sono tre motivi importanti per leggere con attenzione il libro di Armando De Vincentiis e conservarlo con cura.

Il primo motivo è che si tratta di uno strumento agile, facile da consultare, una sorta di manuale di istruzioni sul tema della comunicazione della scienza, con particolare riferimento per la questione della “scienza dell’insolito”, come viene definita dallo stesso autore. La comunicazione deve essere efficace e De Vincentiis è il primo a mettere in pratica i suggerimenti e i consigli che vengono presentati nel corso del testo. Un pregio non da poco.

Il secondo aspetto, fondamentale, consiste nella relazione che De Vincentiis individua tra il tema della comunicazione (e gli obiettivi che essa si prefigge) e la sua attività professionale di psicologo e psicoterapeuta. Penso, in particolare, ai capitoli “La schizofrenia della scienza”, “Il complottismo induce stati alterati della percezione” e “Credenze insolite e pericoli per la salute mentale”. E lo fa a ragione. Non c’è dubbio, infatti, come ha scritto Paolo Rossi, che i modi di ragionamento legati al magico, alle superstizioni o alle scienze alternative, siano tipici di un mondo «nel quale tutto è possibile, nel quale tutti i particolari diventano significativi, dove tutto è apparentato a tutto e tutto spiega tutto» e che «rinvia inevitabilmente al mondo delle psicosi». Nel mondo magico «è dunque del tutto vero ciò che è stato detto in relazione alla “perplessità” presente negli stati prepsicotici: ogni cosa può significare tutto e non si danno mai significati univoci. La univocità dei significati è andata perduta. Si direbbe, nel linguaggio della logica contemporanea, che non solo non ci sono designatori rigidi, ma non ci sono neppure designatori». Il tema del “tutto” è una delle caratteristiche tipiche del pensiero magico e pseudoscientifico. «Occorre perciò diffidare», sottolinea Paolo De Ceglia, «di chi, ad esempio, identifica un unico fattore responsabile di tutti i problemi ambientali o propone una cura per tutti i tipi di cancro mescolando quattro ingredienti acquistabili al supermercato».

In un celebre testo del 1957, ormai diventato un classico, Martin Gardner sottolineava come non fosse un caso che i tratti caratteristici del “pensatore pseudoscientifico” risultassero tipici di un soggetto tendente a manifestare comportamenti paranoici oppure a sentirsi vittima di complotti. De Vincentiis approfondisce questo tema in maniera originale quando afferma che “il complottismo” può indurre “stati alterati della percezione” e che l’adesione a una ideologia “rende predisposti a una modificazione artificiale della realtà circostante”. In sostanza, l’alterazione può essere non soltanto la causa del disturbo, ma in qualche modo provocata dall’atteggiamento non corretto che si tiene nei confronti della valutazione della realtà. L’autore sviluppa il discorso nel capitolo sulle credenze insolite, citando gli studi di Fernando Palméz, il quale «non si limitò a tracciare un paragone tra alcune forme di psicopatologia che avrebbero potuto essere interpretate come espressione di fenomeni medianici, ma evidenziò come la credenza in determinati fenomeni potesse addirittura favorire l’insorgenza di veri e propri comportamenti patologici o, più frequentemente, un loro aggravamento».

Fin qui, comunque, siamo sul piano dell’analisi. Essenziale, ovviamente, ma non risolutrice. Perché la sfida è comunque un’altra: come comunicare la scienza e, in particolare, la scienza dell’insolito? E come convincere il proprio interlocutore che sta facendo ricorso a un modo di ragionamento errato?

Il tema della comunicazione della scienza è di costante attualità. Secondo Gilberto Corbellini, nonostante tutti gli sforzi messi in atto fino a questo momento, «buona parte della società occidentale dimostra di non sapere o non capire cosa sia e come funzioni la scienza». D’altra parte i dati parlano chiaro. Massimo Polidoro, nel suo recente Enigmi e misteri della storia, scrive: «Secondo un sondaggio sulle credenze degli americani, condotto ogni cinque anni dall’agenzia Gallup, tre persone su quattro credono ai fenomeni paranormali. Al vertice c’è la credenza che esista la percezione extrasensoriale (41%), quindi che le case possano essere stregate (37%), che esistano i fantasmi (32%) e a scendere telepatia, astrologia, streghe e reincarnazione». La situazione italiana è più o meno in linea con quella americana: «Secondo un’indagine dell’Eurisko, gli italiani che credono nell’astrologia sono il 37%, quelli che credono al malocchio il 32% e allo spiritismo il 31%. Un rapporto dell’Eurispes del 2010, inoltre, stima in circa dieci milioni gli italiani che si rivolgono agli “operatori dell’occulto”». Come si deve comportare di fronte a questa situazione chi ha il compito di comunicare la scienza e di difenderla contro i modi di ragionamento magico e pseudoscientifico?

Questo è il terzo motivo per cui vale la pena di ben riflettere sulle soluzioni suggerite da De Vincentiis negli ultimi capitoli del suo libro, quelli che appunto affrontano direttamente il tema del passaggio dall’analisi della situazione alle strategie comunicative. Un punto su tutti mi sembra oltremodo significativo. Quello in cui l’autore afferma che «il comunicatore della scienza, prima di divulgare un’idea, deve assumere la posizione di colui che dovrà risolvere un problema». E, soprattutto, «dovrà non cercare cosa desidera lui, ma aiutare l’interlocutore o il pubblico a ottenere ciò che vuole». Perché «il suo interesse non è solo quello di trasmettere l’informazione, ma di comprendere esattamente come quella informazione può dare a chi ascolta quelle nozioni necessarie per risolvere un suo problema» (il corsivo è mio). Per questo motivo divulgare una semplice informazione scientifica non può essere una soluzione al problema che deve essere risolto. Bisogna fare in modo che chi ascolta ci arrivi da solo. In fondo, la lezione maieutica di Socrate è ancora estremamente valida e attuale.

Marco Ciardi
Storico della scienza, Università di Bologna Introduzione. Comunicare la scienza del paranormale

 

Introduzione.
Comunicare la scienza del paranormale

Comunicare la scienza è un processo alquanto arduo anche per gli addetti ai lavori, e con quest’ultima definizione facciamo riferimento a ricercatori, scienziati e tutti coloro che operano all’interno del campo scientifico. La trasformazione di un linguaggio tecnico, con le sue regole fondamentali, in un linguaggio relativamente semplice in grado di farsi comprendere anche da chi non ha la minima cultura scientifica perché formato in altri campi, come quelli umanistico e artistico, o non necessariamente di natura culturale ma anche tecnica ed artigianale, è un compito davvero difficile poiché deve tenere in considerazione in ogni istante il diverso bagaglio culturale di un interlocutore o anche, come spesso accade, la mancanza di una preparazione scolastica. Qui nasce la difficoltà di filtrare, o meglio ridimensionare assunti, teorie, scoperte e osservazioni ad altezza d’uomo “non scienziato”.

La cosa diventa ancora più complicata quando ciò che bisogna comunicare è la cosiddetta scienza del paranormale, ossia i risultati di quel metodo scientifico universale applicato ai fenomeni insoliti, ritenuti di origine sovrannaturale e che, spesso, erroneamente, sono considerati non-oggetto di studio da parte di discipline di stampo scientifico. E’ vero che alcuni assunti, per loro natura, non possono essere oggetto di studio poiché inconsistenti: chi parla dell’esistenza di “corpi astrali” o di “meta-energie” già esprime nel suo linguaggio difetti concettuali, o meglio di costrutto, dal momento in cui non è possibile nemmeno rendere concreti sotto l’aspetto pratico i termini utilizzati. Vi sono, tuttavia, esperienze ed eventi che possono assumere dignità di oggetto di studio da parte di altre discipline, che entrano nel merito del cosiddetto paranormale ed apportano il loro contributo estrapolando dal mistero ciò che, seppur insolito, ha ben poco di misterioso. Un esempio è lo studio psicologico e/o antropologico dei fenomeni paranormali dove, in molte occasioni, l’oggetto di studio non sta nelle meta-energie o nelle energie astrali ma, semplicemente, nel comportamento umano e nei significati che ad esso vengono attribuiti da un certo tipo di credenza culturale. Allo stesso modo altri fenomeni, come ad esempio la solidificazione “misteriosa” di sostanze, la nascita di particolari fluorescenze e così via, trovano spiegazioni nelle leggi della fisica.

Strumenti della scienza moderna, applicati allo studio dei fenomeni insoliti, diventano strumenti della cosiddetta scienza del paranormale o dell’insolito. In questa occasione il compito del comunicatore trova una doppia difficoltà, ossia trasformare il linguaggio tecnico in linguaggio semplice e, inoltre, trasportare le argomentazioni da una dimensione astratta, irrazionale e priva di concretezza, a un piano di realtà oggettivo, dando dignità operativa ai termini. Cosa si intende per energia, ad esempio? Bisogna rendere concreti i termini che certe discipline “rubano” alla scienza ma ai quali attribuiscono significati diversi se non, spesso, inesistenti. Energia intesa come capacità di produrre calore in fisica? Come spinta motivazionale in psicologia? E così via. Il paranormale e quelle discipline di natura misteriosofica che se ne occupano non si pongono tale, fondamentale, problema, mentre la scienza e chi la comunica hanno il dovere di farlo. In caso contrario si cade nella falsa scienza, la cosiddetta pseudoscienza, ossia l’insieme di quelle discipline che danno la suggestione di essere simili alla scienza; simili per forma ma non per contenuto, dal momento in cui i loro assunti di base non sono supportati da prove empiriche, sono privi di concretezza e, come conseguenza, non danno risultati.

Ma nella comunicazione della scienza del paranormale un altro problema ancora più subdolo si presenta a complicare le cose. Quando ad utilizzare la scienza per sostenere ciò che non le appartiene è lo stesso scienziato.

2 pensieri riguardo “Comunicare la scienza, il nuovo Quaderno del CICAP

  • LA SCIENZA (secondo colloquio – da “Le serate di Pietroburgo” di J. de Maistre)

    …Sotto l’abito striminzito del settentrione, con la testa soffocata dalle spirali di una capigliatura falsa, con le braccia oberate di libri e di strumenti di ogni genere, pallida per le veglie e le fatiche, essa si trascina, macchiata di inchiostri e tutta ansimante,
    sulla strada della verità, tenendo sempre rivolta a terra la fronte solcata di formule algebriche.
    Niente di tutto ciò nell’antichità. Fin dove è possibile osservare la scienza delle epoche primitive, nonostante l’enorme distanza, la vediamo sempre libera e indipendente,
    e più che camminare essa vola, e in tutto il suo portamento mostra qualcosa di aereo e di soprannaturale. Essa getta al vento i capelli che sfuggono da una mitria orientale; l’efod copre il suo petto sollevato dall’ispirazione; non guarda che il cielo, e il suo piede sprezzante sembra toccare la terra solo per distaccarsene. Benché questa scienza primitiva non abbia mai domandato niente a nessuno e non si sia valsa di nessun appoggio umano, resta tuttavia provato che essa ha posseduto le conoscenze più rare…

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  • Io da qualche anno trovo questi comportamenti paranoici una caratteristica esistenziale di persone in qualche modo legate alla frequentazione assidua di ambienti legati alla religione, sin da piccoli e successivamente da adulti. Inoltre ho verificato che attività sociali legate a suddetti ambienti, come può essere un ‘certo’ scoutismo, amplificano la deriva di tali soggetti verso realtà ‘diverse’. Riuscendo a scavare e/o indagare le loro ragioni ho trovato la preoccupante commistione fra le identità comportamentali e ideologiche precedenti e le attuali follie-ideologie e falsità del web che a costoro danno una mano nella creazione di una realtà diversa da quella ponderata ed esperenziale che è tipica della scienza. Per farla breve ‘questi’ sono nella m….da fino al collo e non li tiri fuori nemmeno con un argano dell’aci
    Quando poi li trovi laureati in materie scientifiche la follia raggiunge l’apice e purtroppo hanno anche il brevetto sociale per dire fesserie, essendo credibili.
    Che nervoso!

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