Vita eterna: una domanda senza risposte?
intervista di Marco Cappadonia Mastrolorenzi
Ho incontrato recentemente lo scrittore e studioso di misteri Massimo Polidoro e il filosofo Marco Vannini, già docente di Storia della mistica all’Istituto di scienze religiose di Trento, autori del libro “Indagine sulla vita eterna”, Mondadori, 2014, pp. 240, 18 €.
Uno studio sotto forma di dialogo in cui due punti di vista diversi, spesso contrastanti, indagano il concetto di vita eterna. Un viaggio attraverso la filosofia, l’antropologia, la storia, la psicologia e il pensiero scientifico per fare il punto su concetti universali comuni alle civiltà umane, persino prima che Homo sapiens colonizzasse l’intero pianeta e restasse l’unica specie umana presente sulla Terra. Risalgono, infatti, a centomila anni fa le più antiche sepolture oggi conosciute e precisamente nei siti palestinesi di Skhul, Qafzeh e Tabun. Proprio in quest’ultimo luogo sono stati trovati dei resti di Homo neanderthalensis e questo lascia presupporre che anche questa specie estinta avesse un proprio concetto di metafisica.
L’uomo, di qualsiasi epoca e civiltà, ha dunque sempre cercato risposte e costruito fantastiche storie e miti che potessero, in qualche modo, riempire i grandi vuoti dell’esistenza per trovare spiegazioni e conforto alla morte.
Per parlare di questo bel libro, dunque, rivolgerei dapprima alcune domande al prof. Vannini che saluto e ringrazio per l’intervista.
In “Il mondo come volontà e rappresentazione” (II,17) il filosofo Arthur Schopenhauer osserva che se l’animale è ancora legato alla natura, l’uomo è invece capace di stupirsi di fronte alla realtà. L’uomo è l’unico essere a stupirsi della propria esistenza. Da questo stupore ha origine la riflessione sulla morte (e sulla vita). Non ci sono prove che possano farci comprendere quando l’uomo ha fatto il salto di ragionamento dal concetto di morte a quello di Eterno?
«Grazie a voi e ben trovati. Neanche gli studi antropologici più agguerriti possono trovare risposte soddisfacenti. Chi può dire infatti che cosa avessero in testa gli uomini cosiddetti “primitivi”, che non hanno lasciato testimonianze consistenti della loro esistenza? Certo si è comunque persuasi dell’idea che un aldilà, variamente connotato, appaia subito, insieme alle prime testimonianze storiche.»
La storia ci insegna che non sempre le civiltà umane hanno visto nella vita eterna un concetto positivo, uno stadio migliore e di condizione gioiosa; non di rado il mondo dei morti è un luogo oscuro e triste, come per i greci e per i romani nel cui credo bisognava tenere a bada i defunti con rituali e cerimonie. Vita terrena e ultraterrena. Bene e male. Finito e infinito. Ma possiamo davvero fermarci a queste dicotomie?
«Vorrei sottolineare ancora una volta, come ho fatto nel libro, la differenza tra immortalità dell’anima – con conseguenti teorie su una vita dopo la morte, comunque la si voglia pensare, bella o brutta – e vita eterna, che è un concetto che rimanda invece al presente, ben di più che a un domani dopo la morte. La vita eterna è una vita diversa, la vita dello spirito, qui e ora. In questo senso, le dicotomie cui Lei allude vengono tutte quante superate: come scrive Meister Eckhart, l’anima non sa più niente dei contrari, quando entra nella luce dell’intelletto – ovvero dello spirito, appunto.»
Mi rivolgo ora al dottor Polidoro che saluto e ringrazio per l’intervista. Compito della scienza – per dirla con Galilei – non è tanto aprire le porte dell’infinito sapere, quanto elevare barriere contro l’infinita ignoranza. Possiamo dire che la vita eterna esiste nella misura in cui culture diverse in epoche differenti l’hanno pensata e rappresentata attraverso l’arte e l’immaginazione. Ad oggi nessun fenomeno extranaturale è stato dimostrato in condizioni di controllo. Eppure l’irrazionalità dilaga (e il pericolo di chi si approfitta del dolore e della fede altrui). In che modo e in che misura sono responsabili i media e, nello specifico, i social network odierni?
«Grazie a voi. La responsabilità dei media nell’alimentare false speranze o credenze infondate è cruciale. Programmi televisivi, riviste, libri e siti web dedicano tantissimo spazio all’idea che l’aldilà sia una realtà accertata, quando invece non lo è affatto. Non si parla qui della credenza religiosa, in cui ciascuno è libero di credere – per fede – a ciò che preferisce. Piuttosto, si cerca di dare l’impressione che la scienza abbia confermato tali credenze. Così non è. Né le famose esperienze di “pre-morte”, né le presunte infestazioni spiritiche di case o castelli, né tantomeno le dimostrazioni di medium e sensitivi sono ancora riuscite a dimostrare che dopo la morte qualcosa sopravviva. Nel nostro libro dedichiamo moltissimo spazio a questi temi, di indubbio fascino, ma dove è facile inciampare. Credere che la vita continui e che un giorno potremo rivedere i nostri cari che ci hanno lasciato sono idee che danno conforto e speranza: ma occorre fare molta attenzione perché, di questi umanissimi bisogni, sono in tanti a volersi approfittare in completa malafede.»
Come nasce l’idea di questo libro? un lavoro a quattro mani strutturato come un dialogo con due punti di vista differenti ma che cercano di raggiungere lo stesso obiettivo (con una ricerca incessante e continua). Filosofia e storia da una parte, psicologia e scienza dall’altra. Ce ne vuole parlare?
«Al di là delle conoscenze scientifiche e delle convinzioni religiose, nessuno può dire con assoluta certezza che cosa attende ciascuno di noi dopo che avremo esalato l’ultimo respiro. La nostra inchiesta nasce dal desiderio di capire se esistano elementi sufficienti a sostegno della credenza in un possibile aldilà, dopo avere documentato, nella maniera più affidabile e onesta possibile, i tentativi che l’uomo ha fatto per trovare una risposta a questo interrogativo.
L’idea è stata quindi quella di fare incontrare su questi temi le competenze e i punti di vista diversi e spesso opposti di Vannini e mio, con la speranza di offrire proprio per questo un confronto tanto più utile e proficuo. Il tentativo, insomma, è stato quello di fornire, per quanto possibile, il lavoro più completo, accessibile e sincero sul tema della vita eterna, sulla base degli elementi che scienza, religione, antropologia, storia e filosofia sono in grado oggi di fornire. Ai lettori giudicare se ci siamo riusciti.»
Grazie ancora per il vostro intervento. Un libro, dunque, che parte riflettendo proprio sui concetti di vita e di morte, che affronta il problema del tempo e di categorie quali infinito e eterno, per poi entrare nei termini della credenza nella vita oltre la morte. A caccia della credenza più antica attraverso uomini primitivi, antichi egizi, miti e divinità greche e romane, fino alle tre grandi religioni monoteistiche e al credo delle religioni e filosofie orientali. Il viaggio prosegue con una breve ma esaustiva storia delle pratiche spiritiche per poi sorvolare gli spazi delle NDE e delle OOBE per approdare al seguente quesito: vita eterna, una domanda senza risposte?
Ai lettori, dunque, l’ardua sentenza.