A che punto è la notte

A che punto è la notte 11 – I classici del Mystero, parte seconda

Con questa rubrica facciamo il punto sui mysteri di vecchia data, che esercitano ancora tutto il loro fascino pur essendo già stati smentiti e razionalmente spiegati. Oggi continuiamo a parlare di quelli più celebri e inossidabili (la prima parte è qui).

6) Stonehenge

Uno dei luoghi più antichi d’Europa – la datazione al carbonio dei frammenti d’ossa trovati nel sito ne colloca la costruzione fra il 2500 e il 2000 avanti Cristo – la prima ipotesi magica sulla sua creazione risale al 1100, quando Goffredo di Monmouth scrisse che era stato mago Merlino in persona a trasportare con un incantesimo le pietre dall’Irlanda al luogo dove si trovano ora.

Foto di Ankit Sood da Unsplash

Chi e perché abbia eretto Stonehenge non è ancora stato possibile stabilirlo con certezza, la civiltà che ne è stata artefice non ha lasciato tracce scritte. Gli studiosi continuano a indagare e scavare il sito, ma nessuna teoria è stata approvata unanimemente: molti ritengono si trattasse di un luogo curativo ritenuto “miracoloso” (sono stati rinvenuti resti di corpi con gravi malformazioni, provenienti da regioni lontane), o della terra dei morti, una specie di cimitero tenuto separato dal resto dell’insediamento. Qualcun altro parla di proprietà acustiche delle pietre. Altri si interrogano sulla provenienza delle bluestones, che non sono originarie della regione e forse potrebbero essere arrivate in zona attraverso le glaciazioni.

Il mistero continua quindi a circondare i megaliti, e la maggior parte del pubblico continua a preferire l’idea che il sito sia stato stato eretto dai Druidi, come osservatorio astronomico e luogo di culto per celebrare i propri riti (sacrifici umani compresi), e che sia luogo energetico per eccellenza, dove celebrare il solstizio d’estate in una festa campestre che richiama turisti da tutto il mondo.

Tutto molto bello, tutto molto celtico, se non fosse che a) la società celtica (e con essa dunque i Druidi) si è diffusa circa 2000 anni dopo la costruzione del sito, b) le pietre sono state spostate nel corso degli anni, anche durante i lavori di restauro, e quindi non è dato sapere se fossero veramente nelle posizioni attuali, e c) un dato piuttosto certo emerso da scavi recenti è che la piana veniva visitata solo durante il solstizio d’inverno.

(Oh, se ve lo steste chiedendo la risposta è sì: il nostro buon Erich von Däniken ha visto lo zampino degli alieni anche qui, non temete.)

7) Mothman – L’Uomo Falena

A metà strada fra il mystero vero e proprio e la leggenda metropolitana, il mito dell’Uomo Falena ha ottenuto un successo in realtà piuttosto sproporzionato rispetto all’evento in sé. La storia nasce nel 1966, a Point Pleasant: una notte di novembre, quattro amici dissero di aver visto una figura alata, “simile a un uomo ma più grande”, che camminava pesantemente, “squittiva come un grosso topo” e i cui occhi brillarono di rosso quando furono colpiti dai fari della macchina. Si librò in volo e sembrò seguirli per un breve tratto, “senza quasi sbattere le ali”.

Testimonianze nei giorni seguenti avvallarono lo stesso tipo di avvistamento, due vigili del fuoco dissero che la figura era molto grande, ma era sicuramente un uccello. Le segnalazioni nella zona si interruppero dopo il dicembre 1967, e questo portò John Keel a sostenere l’ipotesi che il Mothman fosse una creatura sovrannaturale che si mostra agli uomini per avvertirli di un imminente disastro: nel dicembre del ’67, infatti, il ponte che collegava Poin Pleasant e l’Ohio dal 1928 crollò improvvisamente, provocando la morte di 46 persone.

Keel descrisse questa ipotesi il libro The Mothman Prophecies negli anni ’70, mettendo insieme di tutto un po’: ritrovamenti di animali morti, presunti avvistamenti UFO, servizi segreti e gli immancabili Men in Black (d’altra parte, era stato proprio Keel a dare notorietà a quest’ultima definizione).

Come si vede, non c’è moltissimo materiale, si tratta di poco più di una leggenda locale (che peraltro Point Pleasant ha saputo sfruttare abilmente, dedicando all’Uomo Falena una scultura e un museo), ma ha fatto molta presa sull’immaginario popolare, anche e soprattutto grazie al libro di Keel e all’omonimo (e noioso oltremisura) film del 2002 con Richard Gere. L’idea di un messaggero ultraterreno che tenta di mettere in guardia l’umanità dalle tragedie incombenti è per molti irresistibile, e il Mothman è stato collegato – oltre che a praticamente qualsiasi morte avvenuta a Point Pleasant – anche ad altre tragedie recenti, tra cui, non sorprendentemente, all’11 settembre: in questo caso, addirittura sono disponibili “evidenze fotografiche” della sua presenza sul luogo dell’attentato. Nel frattempo, gli avvistamenti continuano.

Ma alla fine, che cos’è successo a Point Pleasant? Che cosa hanno visto i numerosissimi testimoni? Un angelo, un essere sovrannaturale, una burla, un uccello del tuono, un alieno? Niente di così sofisticato: con ogni probabilità, come ha ricostruito Joe Nickell, si è trattato di ciò che era già stato già riconosciuto come tale dai vigili del fuoco, ovvero un uccello, nella fattispecie un normale, normalissimo barbagianni.

Immagine da Wikimedia Commons, pubblico dominio

8) I Protocolli dei Savi di Sion

Pubblicati in Russia nel 1903, contengono il resoconto di un incontro segreto fra i leader della comunità ebraica di fine Ottocento e i loro piani per conquistare il mondo. Ovviamente, trattandosi dei furbi ebrei, l’operazione si svolgerà in maniera subdola, lentamente, diffondendo idee e morali liberali, sostenendo la libertà di stampa ma in realtà assumendo il controllo dei media e soprattutto dell’economia globale. In questo modo verrà creato un Nuovo Ordine Mondiale dove i “gentili” (non ebrei) saranno schiavi e sottomessi.

Se vi sembra di aver letto recentemente qualcosa del genere sui vostri social network, non sbagliate: la teoria del complotto demo-pluto-giudaico-massonico volto all’instaurazione di un New World Order governato dagli Illuminati con a capo il club Bilderberg e al cui soldo si troverà praticamente chiunque (CICAP compreso, secondo alcune correnti di pensiero) è fra le teorie del complotto attualmente più in voga in Rete, seconda forse solo a quella delle scie chimiche, ed è l’erba da pascolo preferita da tutti gli antisemiti dichiarati e no. Come è evidente, la teoria affonda le radici proprio nei Protocolliche ebbero il primo momento di successo nella Russia dei pogrom, per tornare in auge con cadenza periodica fra quanti odiano gli ebrei.

L’ironia della storia è che la prima smentita ufficiale del libercolo arrivò già in Russia, e addirittura lo zar Nicola II (noto antisemita) ne proibì la circolazione, perché non si poteva “difendere una buona causa con mezzi sbagliati”, mentre nel 1921 il Times pubblicò una serie di articoli che ne provavano definitivamente la falsità: si tratta infatti di una riscrittura, anzi, di una pressoché mera traduzione di un testo francese della seconda metà dell’Ottocento, che a sua volta viene ripreso da un autore tedesco che probabilmente si ispirò anche a un romanzo di Dumas padre. Che al mercato mio padre comprò. In realtà, quanto confluito nei Protocolli ha origini antichissime, antiche quanto l’antisemitismo stesso, e ha assunto solo forme leggermente diverse nel corso dei secoli: il consiglio di lettura della settimana è l’avvincente ricostruzione di questo percorso, che ha coinvolto massoneria, Rosacroce, Templari e quello che viene definito il più grande teorico del complotto della storia, l’abate Barruel. Semplicemente, i Protocolli sono solo un’artefatta scusa per dare sfogo a un odio illegittimo e irrazionale, e a questo fine i governi di ogni epoca e latitudine l’hanno usata come arma di propaganda: i nazisti li adottarono come libro di testo nelle scuole.

A nulla sono serviti i numerosissimi e continui debunking, il mito del complotto ebraico non accenna a perdere colpi: come mi è capitato di leggere mentre facevo le ricerche per questo articolo, una posizione diffusa è “Se anche sono falsi, non significa che dicano il falso”. Davanti a un argomento del genere che cosa mai si può rispondere?

9) Atlantide

I testi originali che per la prima volta parlano del continente di Atlantide lo fanno in meno di 10.000 parole. Si tratta, come è noto, di due dialoghi platonici, il Crizia (incompiuto) e il Timeo, in cui viene appunto raccontata la storia di questa enorme isola, che gli déi fecero sommergere dalle acque come punizione per l’eccesso di hybris, la superbia che l’aveva portata ad attaccare la città perfetta, Atene.

Nei suoi scritti Platone si avvale spessissimo di “parabole” e racconti figurati per descrivere miti primigeni, e nessuno ha mai pensato che davvero sia esistita un’epoca remotissima in cui gli uomini erano chiusi in una caverna e del mondo vedevano solo le ombre proiettate sul muro di fronte a loro. Sorprendentemente, invece, la leggenda di Atlantide è stata presa alla lettera e nei secoli si sono susseguite decine di ipotesi e ricerche sulla sua reale identità e posizione geografica: per lungo tempo, la teoria più accreditata era quella secondo la quale il mito platonico raccontava, in maniera distorta dal tempo trascorso e dalle finalità narrative, l’eruzione vulcanica che nel 1550 a.C. affondò parte dell’attuale isola di Santorini; più recentemente, un’altra teoria che ha riscosso attenzione l’ha localizzata in Sardegna. Tuttavia, per quanto con una grossa forzatura sarebbe possibile far coincidere in maniera accettabile luogo e tempo reale con quelli presunti, rimane sempre il problema alla base di tutte le ricerche: prima di Platone nessuno ha mai parlato di Atlantide. Nessuna popolazione ha mai accennato a una progredita e ricca cultura, scomparsa – senza lasciare traccia di sé – a causa di un gigantesco cataclisma che avrebbe addirittura mutato la natura delle acque tutt’intorno: stanti le dimensioni della catastrofe, la si dovrebbe trovare registrata anche altrove, ma così non è, né è stato mai possibile rinvenirne tracce geologiche o fisiche. Per esempio, il fondale del mare dove si sarebbe inabissato il continente dovrebbe mostrare presenza di basalto, cosa che non accade da nessuna parte.

Il presupposto di gran parte dei sostenitori dell’esistenza storica di Atlantide è che anche la guerra di Troia era ritenuta poco più di un mito prima che l’archeologo Schliemann ne rinvenisse i resti. Il che è vero, ma non le mette comunque sullo stesso piano: Schliemann trovò Troia esattamente dove avrebbe dovuto essere, senza dover ricorrere a interpretazioni elastiche dei testi, che comunque nel suo caso riportavano storie e personaggi presenti anche in opere precedenti e che permeavano tutta la cultura greca.

Ciononostante, il mito di Atlantide è sopravvissuto a ogni smentita, arricchendosi nei secoli di sempre più vasti e articolati dettagli, che l’hanno a poco a poco trasformata in un’isola culturalmente sofisticatissima e tecnologicamente avanzatissima, arrivando ovviamente ad attribuirne nascita e scomparsa a una civiltà aliena in visita sulla Terra, rendendola – come amava fare il medium Edgar Cayce –  luogo d’origine delle anime reincarnate e in cerca di perdono per aver provocato la distruzione del proprio popolo, oppure – secondo la teoria di Helena Blavatsky – culla culturale della Quarta Razza, a cui doveva succedere la razza Ariana, o ancora isola dell’oceano Pacifico da dove nacque l’intera umanità, secondo Ignatius Donnelly, collegandola o sovrapponendola agli altri due continenti mitologici Lemuria e Mu. A oggi non si contano i libri, fumetti, film, cartoon e, più recentemente, serie tv dedicate al continente scomparso e difficilmente passa un anno senza che qualcuno non dichiari di averlo definitivamente trovato.

La spiegazione migliore di questo fascino immortale forse è proprio quella di L. Sprague de Camp, che scrisse:

«La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici…»

Immagine di apertura di Gino Crescoli da Pixabay

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