La scienza e le donne: ieri, oggi e domani
C’è una foto che è icona della storia e della scienza. Cercarla su Google, o su qualsiasi altro motore di ricerca, riporta decine di risultati. Anche persone che non hanno quotidiane interazioni con la scienza diranno: “Sì, la conosco. Quella foto con tutti gli scienziati!”. Sto parlando, infatti, della notissima immagine di gruppo del congresso di Solvay del 1927, il quinto della serie di conferenze scientifiche organizzate dagli International Solvay Institutes for Physics and Chemistry.
Guardiamola: è un pezzo di storia della scienza di inizio secolo. A. Piccard, E. Henriot, P. Ehrenfest, E. Herzen, Th. de Donder, E. Schrödinger, J.E. Verschaffelt, W. Pauli, W. Heisenberg, R. Fowler, L. Brillouin; P. Debye, M. Knudsen, W.L. Bragg, H.A. Kramers, P.A.M. Dirac, A.H. Compton, L. de Broglie, M. Born, N. Bohr; I. Langmuir, M. Planck, M. Skłodowska-Curie, H.A. Lorentz, A. Einstein, P. Langevin, Ch.-E. Guye, C.T.R. Wilson, O.W. Richardson. Storia della scienza, davvero.
Storia degli stereotipi scientifici. In prima fila, seduta, tra Planck e Lorentz spicca una donna: Marie Sklodowska-Curie. Unica tra i grandi uomini.
Sono passati quasi 90 anni da quando fu scattata quella foto. Molte cose sono cambiate. I corridoi del dipartimenti di Fisica, Chimica, Matematica, Medicina, Biologia risuonano di voci di donne: studentesse, ricercatrici, assistenti e professoresse.
A dirigere il CERN abbiamo una donna, Fabiola Gianotti. Nel 2014 una matematica iraniana, Maryam Mirzakhani, ha vinto la medaglia Fields (sovente definita come il premio Nobel dei matematici).
Quante donne hanno contribuito alla crescita del sapere umano senza ricevere, neppure dovuti premi, ma alcun riconoscimento.
Quanti hanno sentito parlare di Irène Curie-Joliot, oppure di Mary Sommerville? Quante donne hanno lavorato a fianco, a volte contribuendo parti significative dei lavori scientifici, di futuri premi Nobel? Quante sono state messe in disparte, dimenticate, forzatamente tenute all’ombra per costume, per tradizione, per retaggi culturali obsolescenti?
Sono molte. Difficile compilare una lista esaustiva, forse impossibile riportare alla luce tutte le storie, contributi, sforzi, soddisfazioni e sofferenze di queste scienziate ignote.
Vi parlerò di alcune di loro, scelte senza un criterio particolare. Alcune per affinità con i miei trascorsi scientifici, altre perché la loro storia mi ha colpito, altre perché mi piaceva quanto hanno studiato, oppure semplicemente per il loro nome.
Potete trovare altre informazioni su Internet, ad esempio sul sito di BBC, dello Smithsonian o del National Geographic (nota, tutte le pagine che ho inserito sono in inglese).
Henrietta Leavitt
Astronoma di primissima importanza. Iniziò a misurare e registrare parametri stellari all’Osservatorio di Harvard, all’epoca uno dei pochi lavori scientifici ritenuti adatti alle donne.
Proprio facendo questo lavoro di certosina pazienza e precisione, Leavitt si accorse dell’esistenza di una relazione tra la luminosità di una stella e la sua distanza dalla Terra; questa considerazione la portò a scoprire la relazione tra il periodo e la luminosità delle stelle cefeidi, usata come calibrazione della distanza di una stella dalla Terra.
Miss Leavitt fu forse la donna che arrivò più vicina al premio Nobel, venne infatti candidata da Gösta Mittag-Leffler, ma essendo già morta non poté essere nominata.
Jocelyn Bell Burnell
La storia di miss Burnell è indicativa di quanto ancora le donne siano emarginate nell’ambiente scientifico, anche in tempi recenti. Questa astronoma irlandese scoprì nel 1967 – quando era ancora studentessa di radioastronomia all’Università di Cambridge, in Inghilterra, – le pulsar. Questa scoperta, ovviamente, portò a un Nobel, assegnato a Anthony Hewish – supervisore di Burnell – e Martin Ryle – un altro astronomo di Cambridge – nel 1967. Manca qualcuno dalla lista?
Cecilia Payne
Una vita di scienza, duro lavoro e grosse scoperte, screditata dai suoi superiori. Miss Payne iniziò a studiare nel 1919 presso l’università di Cambridge, dopo aver vinto una borsa di studio in botanica, fisica e chimica. Al tempo Cambridge permetteva alle donne di frequentare i corsi, ma non di conseguire una laurea. Fu lì che scoprì il suo amore per l’astronomia, si trasferì a Radcliffe dove conseguì un PhD in astronomia. Il suo più grande contributo alla scienza fu la scoperta degli elementi costituenti le stelle. Uno dei suoi supervisori, Henry Norris Russel, le consigliò di non pubblicare i suoi lavori, in quanto contraddicevano la conoscenza contemporanea. Del tutto disinteressatamente, dato che dopo qualche anno produsse risultati analoghi e viene ora ricordato come colui che scoprì la composizione chimica del sole. La beffa finale fu l’assegnazione del Premio Herny Norris Russel a miss Payne per i suoi contributi all’astronomia.
Elsie Widdowson
Miss Widdowson e il suo collega Robert McCance hanno di fatto inventato la scienza della nutrizione. Pubblicarono un volume, La composizione chimica dei cibi, ed idearono una speciale dieta a basso costo ed alto valore nutritivo per i soldati britannici nella seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto si trasferì in Germania per assicurarsi che gli orfani di guerra fossero ben nutriti.
Sofia Kovalevskaya
Nata alla fine del 1800 in Russia, potè continuare la sua educazione in matematica solo sposando un attivista che si batteva perché le donne avessero queste possibilità. Oltre ad insegnare all’università di Stoccolma e gestire una rivista matematica in Svezia, miss Kovalevskaya coronò la sua carriera scientifica studiando complessi problemi di moti intorno a un punto fisso.
Vera Rubin
Sin dai tempi del liceo miss Rubin non ebbe vita facile; le venne consigliato di tenersi al largo dalla scienza, ma questo non la scoraggiò. Nemmeno quando venne scartata da Princeton, che non ammetteva donne. Riuscì a conseguire un PhD a Georgetown e insieme a Kent Ford iniziò a studiare i moti stellari nelle galassie, confermando un’ipotesi teorica di Fritz Zwicky circa la quantità di materia oscura nell’universo. Le sue osservazioni vennero screditate per anni dai colleghi uomini. In seguito venne rivalutata, ma solo dopo che i maschi validarono le sue osservazioni. Sicuramente merita un premio Nobel, ma non lo ha ancora ricevuto.
Rosalinda Franklin
Biofisica inglese, svolse pionieristiche ricerche nel campo della cristallografia a raggi X. Produsse delle eccezionali immagini della molecola di DNA, che consentirono a James Watson, Francis Crick e Maurice Wiliking di ricevere il Nobel per la medicina nel 1962. Nemmeno una menzione di miss Franklin.
Foto di Benjamin Couprie (1927), da Wikimedia Commons, pubblico dominio
Strano che non ricordiate nel gruppo la Rita Levi, che fu anche Vostro membro onorario. D’ accordo, più fortunata di altre nel Nobel, che le fu assegnato, ma sfortunata, e proprio in Gioventù, in quanto Ebrea e costretta, per questo, a peregrinare prima di trovare un porto accogliente a Saint Louis. http://scienzaa2voci.unibo.it/
Buongiorno,
lo scopo dell’articolo è di far conoscere al pubblico nomi di scienziate non noti per i non “addetti ai lavori”.
La Dottoressa Levi-Montalcini è, fortunatamente, molto nota e pertanto non l’ho inserita.
Grazie della segnalazione, comunque.
Cordiali saluti.
Paolo Ripamonti
Articolo molto divertente (e amaro) sullo stesso tema.
http://www.lastampa.it/2015/11/03/scienza/il-cielo/cacciato-lastronomo-specialista-in-esopianeti-e-molestie-sessuali-BSPHrlQsSd08uKCjotgR6K/pagina.html
La quasi assenza femminile nei lavori pesanti e pericolosi(95%morti bianche sono uomini,per altro senza alcun riconoscimento) non ti/vi disturba?
Che facciamo con gli scienziati ebrei che eccellono ben al di sopra della loro quota?.