Il terzo occhio

La rimozione del numero

Immaginatevi la situazione: siamo a Vancouver, Canada. I vigili del fuoco vengono chiamati per un’emergenza al 27esimo piano di un palazzo. Quando arrivano, l’incendio si è già diffuso. Gli ascensori non funzionano, il fumo spesso limita la visibilità. I vigili del fuoco salgono piano dopo piano, contando mentalmente fino a 27. Ma l’origine dell’incendio non è lì: si trova quattro piani più sotto. Perché qualcuno, quando ha costruito il palazzo, ha deciso di non inserire nella numerazione i piani 4, 13, 14 e 24.

Va bene, si tratta ovviamente di una forzatura. Ma non dev’essere una situazione così diversa da quella ipotizzata da Pat Ryan, capo dell’ufficio urbanistica di Vancouver, che ha recentemente dichiarato guerra ai numeri mancanti.

Quella dei “piani sforturnati” sembra una superstizione molto diffusa a Vancouver. Molti palazzi con più di 12 piani saltano il numero 13, il “principe della sfortuna” nel mondo anglosassone. Gli ultimi tempi, poi, hanno visto l’afflusso di molti imprenditori di origine cinese, e questo ha portato i costruttori a eliminare anche tutti i piani che contengono il 4: numero la cui pronuncia, in Mandarino e Cantonese, suona inquietantemente simile alla parola “morte”, e per questo considerato di cattivo auspicio. Questione di marketing, per gli architetti canadesi.

Pat Ryan, preoccupato dalle possibili conseguenze in caso di emergenza, specie in situazioni dove la visibilità è limitata, ha emanato un regolamento secondo cui le numerazioni dei piani non potranno più saltare numeri.

“Sotto stress, chi viene chiamato per un’emergenza ha la possibilità di commettere errori. Sotto pressione, ti metti semplicemente a contare in sequenza, perché è quello che hai sempre fatto. Se ti fermi a pensare se quello è il quarto, quinto o sesto piano, può essere già troppo tardi”

Il regolamento non sarà retroattivo, i grattacieli già costruiti non andranno incontro alla rinumerazione dei piani; ma per le nuove costruzioni le cose dovranno cambiare.

Non è la prima volta che le superstizioni numeriche causano problemi: un caso curioso è la “maledizione del 39”, diffusa in alcune regioni dell’Afghanistan. Nella capitale Kabul, ad esempio, questo numero è considerato un marchio di infamia, comunemente associato alla prostituzione. Non si sa come abbia avuto origine questa diceria, alcune storie raccontano di un protettore iraniano soprannominato “39”, altre fanno risalire il tutto a un calcolo numerologico derivato dall’abjad (e meno male che nessuno ha mai chiamato in causa il prefisso internazionale dell’Italia). Quello che è certo è che chi ha la sfortuna di avere un 39 sulla targa dell’auto viene deriso e insultato; chi lo ha nel numero di telefono corre il rischio di ricevere spiacevoli telefonate anonime. In un’inchiesta del Guardian, lo studente Zalmay Ahmadi raccontava:

“Non pensavo fosse importante quando ho acquistato la mia auto. Ma quando guido, le altre auto mi fanno i fari, suonano i clacson e mi additano”.

Un problema fattosi più pesante nel 2011, quando in Afghanistan terminò la serie 38, e si iniziarono a distribuire targhe che iniziavano per 39, generando un fiorente traffico di targhe contraffatte. Raccontava al Guardian un autista:

“Gli impiegati della motorizzazione stanno chiedendo mazzette di 230 dollari per assegnare numeri diversi. Questo non ha senso, perché il numero non significa nulla nella sharia, o negli hadith, o nella matematica. Però se provi a vendere un’auto con un 39 nella targa, ti tocca deprezzarla di circa 2000 dollari”.

Anche chi non ci crede, insomma, è costretto a adeguarsi.

Foto di Kelly da Pexels

Sofia Lincos

Sofia Lincos collabora col CICAP dal 2005 ed è caporedattrice di Queryonline. Fa parte del CeRaVoLC (Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee) e si interessa da anni di leggende metropolitane, creepypasta, bufale e storia della scienza.

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