“Contro natura” in finale al Premio Galileo 2016
“Contro natura”, scritto da Dario Bressanini e da Beatrice Mautino, direttrice di Query Online e socia effettiva CICAP, è stato selezionato nella cinquina finalista del Premio Galileo 2016 di divulgazione scientifica; ora la parola passa agli studenti delle scuole superiori, a cui toccherà scegliere il vincitore, che sarà proclamato il 6 maggio al Palazzo della Ragione di Padova. Gli altri finalisti sono “Il fantasma dell’Universo. Che cos’è il neutrino” (Lucia Votano, Carocci), “Che ora fai?” (Till Roenneberg, Dedalo), “L’anima delle macchine” (Paolo Gallina, Dedalo) e “Numeri”, (Umberto Bottazzini, Il Mulino). Riproponiamo qui di seguito la recensione di “Contro natura”, ai cui autori vanno le congratulazioni di tutta la redazione.
Contro natura
Dario Bressanini – Beatrice Mautino
Rizzoli, 2015
pp. 306
€ 17,50
Recensione di Ornella Quivelli
Cosa ci fanno un chimico e una biotecnologa in macchina, con Guccini a tutto volume, in giro fra le sconfinate distese della Pianura padana?
I due compagni di viaggio, rispettivamente Dario Bressanini e Beatrice Mautino, entrambi divulgatori scientifici di talento, hanno girato senza sosta tra campi e aziende agricole raccogliendo interviste, storie, testimonianze, con in testa un unico obiettivo: scoprire cosa finisce ogni giorno nei nostri piatti. Nel loro ultimo saggio “on the road”, Contro natura, i due autori ci accompagnano tra i segreti del cosiddetto “made in Italy” per svelare falsi allarmi e verità nascoste del cibo che portiamo in tavola.
Il menù è bello ricco: primo di fusilli di grano selezionato per mutagenesi, insalatina di carote viola con mais transgenico, bistecca ‘alla fiorentina’ di manzo alimentato a soia OGM. No, non si tratta della cucina di Frankenstein. Questi sono solo alcuni dei cibi che quotidianamente giungono sulle tavole italiane e che, vinta la reticenza iniziale per i nomi pressoché fantascientifici, possiamo tranquillamente continuare a consumare, rassicurano gli autori, ma in maniera consapevole. Consapevolezza, dunque, in risposta al sempre più crescente allarmismo, spesso immotivato, che dilaga fra i consumatori italiani, complici i mass media e le apposite campagne di disinformazione promosse da associazioni ambientaliste e dalla cattiva politica.
Seduti nella “DeLorean” guidata dai nostri Doc e Marty si farà un viaggio virtuale nel tempo e nello spazio per ripercorrere sin dalle origini le vicende e le storie del “nostro cibo”. E come in ogni avventura che si rispetti non mancheranno i supereroi: colza, soia, girasoli mutanti… Questo percorso sarà tutt’altro che lineare. Bisognerà, infatti, aggirare e superare alcune insidiose “buche” sulla strada: diffidenza, interessi economici, falsi miti e preconcetti. Primo fra tutti, l’idea di una natura immutata, statica, quasi di un ancestrale e idilliaco giardino dell’Eden in cui i frutti perfetti sono a disposizione dell’uomo, da cui il binomio antico = sano.
Si parte proprio da questo giardino, dalla Mezzaluna fertile di 10.000 anni fa, culla dell’agricoltura, per ricostruire, in stile telenovela, le avvincenti origini dei grani. Si scopre, così, che i grani attuali, tra cui il famoso grano duro e quello tenero, sono il risultato di due antichi atti, per così dire, “contro natura”: l’incrocio casuale fra genitori selvatici di generi differenti, e il processo di domesticazione e selezione antropica delle piante, iniziato empiricamente in quei campi 10.000 anni fa a opera dei primi agricoltori e portato avanti da agronomi e ricercatori con tecnologie al passo coi tempi.
L’obiettivo, da allora, è rimasto immutato: sfamare la popolazione selezionando le varietà vegetali più appetibili e produttive. Gli strumenti, invece, hanno subito profonde trasformazioni a seguito dei progressi in ambito biotecnologico e dell’avvento dell’ingegneria genetica. Frutto di queste innovazioni sono alcune nuove varietà agricole, in cui processi naturali di mutazione e selezione vengono affiancati da quelli antropici. Tra queste, per restare in tema grani, spiccano il grano Creso e i frumenti che consumiamo abitualmente ottenuti mediante mutagenesi indotta e incroci mirati. Ecco quindi la prima “buca” nel cammino con il caso di Striscia la Notizia, in cui il grano Creso venne additato, in maniera infondata, come il responsabile della diffusione della celiachia e si iniziò a parlare erroneamente di “grano radioattivo”. Si assiste, in seguito, alla diffusione di mode alimentari, in cui il “laureato alla Google University”, per citare gli stessi autori, si autodiagnostica presunte celiachie e intolleranze alimentari imputandole al glutine e ai grani “moderni”.
Il viaggio prosegue, e così, fra un risotto e una polenta, si ripercorrono le origini di due cereali che hanno segnato la storia dell’alimentazione dell’umanità. Così si scopre che all’interno di una confezione di Carnaroli nella nostra dispensa potrebbe esserci finito in realtà del Karnak o del Carnise, senza contare che la maggior parte delle varietà di riso che si coltiva nel mondo è ottenuta per mutagenesi diretta o per incroci con varietà mutate. Per rendere più croccanti le nostre fritture usiamo, invece, olio di soia o mais appositamente modificati per tale scopo.
Ogni giorno, dunque, consumiamo OGM? Dipende. Dal punto di vista scientifico non vi sono dubbi su cosa sia o non sia un organismo geneticamente modificato. Non si può dire lo stesso dal punto di vista legislativo, poiché la regolamentazione si basa sulle tecniche per ottenere un prodotto ma non sulle sue caratteristiche, come denunciano più volte gli autori. In questo modo, sebbene molti vegetali che consumiamo abitualmente siano di fatto geneticamente modificati, questi vengono “risparmiati” dal marchio infamante di OGM semplicemente escludendoli sulla base dei processi di produzione. Non mancano, di conseguenza, ricadute economiche e sociali importanti, frutto di questa distinzione del tutto arbitraria. Basti pensare al caso Monsanto, in cui una varietà di frumento resistente agli erbicidi, ottenuta attraverso l’ingegneria genetica, è boicottata dagli ambientalisti, l’altra, ottenuta mediante reincroci e mutagenesi, è invece venduta regolarmente. Il tutto senza considerare, segnalano gli autori, i percorsi tortuosi che è costretta a compiere la ricerca per aggirare i “paletti” imposti dalla legislazione e dal mercato.
In un mondo di consumatori sempre più attenti e desiderosi di “bio”, “green”, e “ecofriendly”, appare necessario ricucire quello scollamento fra aspettative e realtà dei fatti. L’immagine un po’ naïf della vita campestre appare invece più simile ad un campo di battaglia: un’eterna competizione fra piante domestiche, infestanti, parassiti e patogeni per la conquista di territori e risorse. I nostri due autori, come nella mitica DeLorean, guardano al futuro. Il vero “biologico” potrebbe essere OGM. Impossibile? No, basta guardare in casa la vicenda della mela tutta italiana studiata per resistere alla temibile ticchiolatura, che consentirebbe di ridurre l’uso di fitofarmaci e il conseguente inquinamento. Le sfide nell’ambito della ricerca e del mercato sono ancora aperte. Comunicazione mirata, etichettatura più veritiera, diminuzione della diffidenza verso il mondo della ricerca sembrano essere le uniche ancore di salvezza per un consumatore sempre più vittima della cattiva informazione.
Il quadro è a dir poco complesso ma per apprezzarne i veri colori, forme e dettagli basta un cambio di prospettiva o, promettono gli autori, di cornice. Solo così si potranno aggirare le bufale e ci si potrà avvicinare ai “supereroi mutanti”, che, a vederli bene, non fanno poi così tanta paura.