Niente gattini come “esche” per cani
Oggi Repubblica pubblica una notizia relativa a alcuni gattini venduti a Liverpool come “esche” e premi per cani da combattimento.
All’inizio sembrava una delle solite “bufale” che imperversano sul web e sui social media, ma ora la cosa è stata presa seriamente anche dalla grande stampa e dalle autorità della Gran Bretagna. Secondo quanto scrive il Daily Telegraph, la Rspca britannica, l’associazione che nel Regno Unito si batte contro la crudeltà nei confronti degli animali, sta indagando su diverse denunce giunte ai suoi uffici e relative a gattini che sarebbero usati come “esca” e premi per i cani da combattimento.
L’articolo prosegue raccontando di come all’origine della segnalazione ci siano alcuni annunci su Facebook dove i gattini erano messi in vendita “con un linguaggio in codice ma facilmente interpretabile”, e usando “nickname femminili […] che richiamano sentimenti quali la dolcezza e la bontà dei sentimenti, in un chiaro intento di sviare l’attenzione delle autorità”.
Per la gioia di tutti i gattofili, si tratta per fortuna di una storia falsa. Nelle stesse ore in cui Repubblica e Leggo pubblicavano i loro articoli, la RSPCA britannica aveva già smentito all’Independent:
Un ispettore della RSPCA ha indagato sulle segnalazioni di gattini messi in vendita sui social media come “esche vive” e siamo felici di poter dire che non è così.
Prendiamo sul serio tutte le segnalazioni riguardo alla crudeltà sugli animali, e in relazione a questo caso abbiamo verificato che gatti adulti e cuccioli stanno bene.
I post di Facebook incriminati, scovati dal Liverpool Echo, sembrano più frutto di un umorismo un po’ noir che veri e propri messaggi in codice: in uno di questi si vede, ad esempio, l’immagine di un cane che prende in bocca un gattino, con l’invito a scommettere su “chi vincerà”.
L’RSPCA, che dispone di un’unità speciale “anti-dog fighting”, ha anche aggiunto di non aver mai scoperto prove dell’utilizzo generalizzato di gatti o altri animali per aizzare i cani alla lotta.
Anche questa, per fortuna, sembra essere una leggenda metropolitana, non la realtà.
Foto di apertura di Jari Hytönen da Unsplash