Unicorni artificiali
Forse non avrà proprio il mantello bianco e la silhouette tipica dell’unicorno; però Diamond, bovino “monocorno” di San Paolo, Brasile, è diventato una piccola star da quando il suo proprietario ha diffuso su internet le sue fotografie. Si tratta di un’anomalia non così rara, in assoluto: in passato sono stati segnalati esemplari “unicorni” di caprioli, mucche, cervidi. Pochi sanno, però, che sono esistiti anche – pochi- unicorni artificiali.
Già nel 1776 François Levaillant, nei suoi “viaggi in Africa”, aveva suggerito un procedimento per fondere le corna di un bue in un unico corno. Ma i primi veri unicorni di cui si ha notizia arrivarono in Europa all’inizio del ventesimo secolo: due arieti della varietà barwal, dono speciale del governo del Nepal al principe di Galles. Nel 1911 il premier del Nepal, il Maharaja Sir Chandra Shrim Shere Jang, confermò le voci che si erano sparse sul conto dei due esemplari: la loro unicornità non era opera della natura, bensì di una marchiatura effettuata con un ferro rovente sui malcapitati, quando le corna stavano iniziando a spuntare.
Negli anni ’30 la scienza cominciò finalmente a interessarsi agli arieti nepalesi, grazie agli esperimenti di William Franklin Dove, biologo dell’Università del Maine. Egli sapeva che le corna non sono ancorate fin dal principio al cranio dell’animale, ma cominciano a farlo solo dopo qualche settimana di vita. Ideò quindi un esperimento che consisteva nel trapiantare chirurgicamente il tessuto da cui si sarebbero sviluppate le corna, spostandolo al centro della testa. La procedura venne applicata su arieti, capre, ma soprattutto su un toro – il primo “toro-unicorno” artificiale della storia. “Unibull” – così venne soprannonimato – visse per tre anni nella tenuta di Dove, guardato con un certo sospetto dagli altri tori che non osavano sfidarlo. Il processo di unicornizzazione non gli fece sviluppare nessun potere magico, se non quello di riuscire a sollevare agevolmente reti e recinzioni: ogni tanto lo ritrovavano nei prati vicini, che vagava solitario.
Poi arrivò la guerra, e per un po’ gli esperimenti di Dove vennero dimenticati. Ma verso la fine degli anni ’70 furono riscoperti da Otter G’Zell (alias Oberon Zell-Ravenheart, all’anagrafe Timothy Zell), “mago” neopagano che aveva messo in piedi una bizzarra comune in California insieme alla moglie Morning Glory (Diana Moore). Tipo curioso, questo G’Zell: adoratore della “Madre Terra” e seguace del poliamore, fu uno degli esponenti di spicco del movimento neopagano statunitense.
Nel 2004 G’Zell avrebbe messo in piedi una vera e propria scuola di magia e esoterismo a Sonoma, in California, per ragazzi dagli 11 anni in su, suddivisi in quattro “case magiche” (ricorda nulla?). Nel 2011 la scuola poteva vantare 735 studenti e l’esenzione dalle tasse.
Ma negli anni ’70 tutto questo era ancora da venire. G’Zell aveva costituito, nel 1977, la Ecosophical Research Association, un’associazione per la ricerca della realtà dietro ai miti (che tra le altre cose sponsorizzò, nel 1985, una spedizione in Papua Nuova Guinea alla ricerca di sirene, senza molti risultati purtroppo).
Affascinato dal romanzo fantasy “L’ultimo unicorno” di Peter S. Beagle, G’Zell replicò il procedimento di Dove su alcuni maschi di capra, creando il suo personalissimo gregge di unicorni. La cosa sarebbe passata sotto silenzio, se non fosse che G’Zell affidò uno dei suoi esemplari, Lancelot, al Ringling Brother Circus, perché lo portasse in tournée. Incalzato dalla stampa e dagli animalisti, G’Zell fu obbligato a spiegare il procedimento usato, garantendo che i procedimenti chirurgici erano avvenuti sotto anestesia e che gli animali avevano sofferto solo un leggero fastidio nei primi giorni dopo l’intervento. Ma le polemiche avevano lasciato il segno, e quando gli unicorni morirono di vecchiaia non vennero più rimpiazzati: l’età dell’oro degli unicorni artificiali era appena terminata.
Immagine di apertura di Pete Linforth da Pixabay
Uffa, i veri unicorni sono cavalli, non buoi, capre,daini o rinoceronti! E i cavalli non hanno corna. Difficile, fino ai giorni nostri, fabbricare unicorni equini artificiali. Ora, comunque, dopo gli esperimenti CRISPR, forse possiamo sperare di regalare ai nostri bambini i Miominipony tipo unicorno.