Speciale Umberto Eco: meno male che c’è il CICAP!
Umberto Eco: “Meno male che c’è il CICAP!”
Testo del messaggio-video trasmesso nel corso del VI Convegno Nazionale del CICAP
Salve, un saluto e un attestato di solidarietà a tutte le persone qui radunate. Vi assicuro che se avessi potuto sarei venuto anch’io, ma probabilmente mentre vi parlo sono in viaggio tra due continenti o anche all’interno della Comunità Europea, non sono sicuro.
Sarei venuto perché ritengo che l’attività del CICAP sia un atto civile e morale necessario. Purtroppo come tutti gli atti civili e morali necessari, cioè predicare il bene, la non violenza… è una gran perdita di tempo, è destinato alla sconfitta perché c’è il male nel mondo e così via. Io credo che sia molto difficile sconfiggere la credulità, perché è una valvola di sicurezza per l’animo umano. La gente ha bisogno di credere in qualcosa, e io ricordo sempre quella frase di Chesterton: “quando la gente non crede più in Dio, non è che non crede più a nulla, crede a tutto”. Questa mi sembra una buona definizione del “New Age”, e se il CICAP aveva qualcosa da fare di utile prima del New Age, figuriamoci adesso.
Battaglia perduta non solo perché il credulo vuole credere a qualcosa, e forse bisogna lasciargli questa possibilità di disporre della propria vita, ma qualsiasi cosa gli diciate egli legge nella vostra frase una conferma delle sue opinioni. Tutti noi che scriviamo sui giornali abbiamo avuto episodi singolari; non so a me, una signora mandava continuamente dei dossier grossi così, che inviava al Presidente della Repubblica, al Presidente della Corte di Cassazione, a proposito di una persecuzione di cui si riteneva vittima e me li inviava perché diceva che lei leggeva ogni settimana nella mia “Bustina di Minerva” su L’Espresso un’esplicita difesa nei suoi confronti. Io potevo parlare di qualsiasi cosa: di gatti, di terremoti, di Kant e lei leggeva un’allusione al suo problema.
Allora bisogna smettere? No, perché anche a rischio di essere retorico, la verità, la giustizia vanno sempre proclamate e sfortunati quei paesi in cui facendo male non c’è neanche qualcuno che dice che è male farlo. Però credo che una funzione si possa avere: non di convincere il credulo, ma almeno di indurre le sedi responsabili, i quotidiani, i settimanali, la Rai di non incrementare la credulità e di non favorire quelli che io chiamo i “mercanti dell’assoluto”, coloro cioè che sulla credulità ci campano. Questo non risolve, non risolverebbe, non risolverà completamente il problema ma almeno può mantenerlo entro dei limiti.
Voglio dire, alla fine il credulo vuole essere credulo: continui, è suo diritto sancito da tutte le costituzioni ma almeno non si dirà che c’è qualcuno che per fare audience e per fare copie specula sulla sua credulità.
Umberto Eco
Ordinario di semiotica,
Università di Bologna
Foto di Jose Antonio Alba da Pixabay
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