“Galileo & Harry Potter” in finale al premio Asimov 2016
“Galileo & Harry Potter” (Carrocci, 2014), scritto dal socio effettivo CICAP e presidente del CICAP Toscana Marco Ciardi, è stato selezionato nella sestina finalista del Premio Asimov 2016 di divulgazione scientifica, indetto dal GSSI (Gran Sasso Science Institute); il vincitore, scelto dalla “Giuria delle scuole”, sarà proclamato sabato 28 maggio in occasione della cerimonia che concluderà questa prima edizione del premio. In finale, anche “Che cos’è la chimica. Un viaggio nel cuore della materia” (Peter Atkins, Zanichelli), “I numeri ci somigliano” (Alex Bellos, Einaudi), “Marmo pregiato e legno scadente. Albert Einstein, la relatività e la ricerca dell’unità in fisica” (Pietro Greco, Carocci), “La matematica e la realtà” (Giorgio Israel, Carocci), “Il fantasma dell’Universo. Che cos’è il neutrino” (Lucia Votano, Carocci). Riproponiamo qui di seguito la recensione di “Galileo & Harry Potter”, al cui autore vanno le congratulazioni di tutta la redazione.
Galileo & Harry Potter
Marco Ciardi
Carocci Editore, 2014
pp. 132
€ 13
Recensione di Andrea Albini
Tra gli scaffali delle librerie non mancano libri scritti da scienziati e divulgatori che invitano il pubblico a capire e apprezzare la scienza. Non scarseggiano neppure – talvolta mescolati con questi – i libri che parlano di misteri, magia e questioni che, da un punto di vista scientifico, vanno dal controverso all’assurdo. Generalmente gli scienziati ignorano gli “argomenti magici”, offrendo ai cultori dell’occulto un’occasione d’oro per additare questo atteggiamento come esempio di pregiudizio o ristrettezza mentale (salvo poi usare concetti scientifici distorti o mal compresi a favore delle loro teorie più strampalate). Da ultimo esiste un ristretto gruppo di libri “militanti” scritti da autori favorevoli alla scienza che si impegnano a “smontare” con estremo impegno le affermazioni magiche e pseudoscientifiche. Molto importanti dal punto intellettuale, purtroppo queste opere spesso servono solo a convincere chi è già convinto.
Alla luci di quanto detto sopra, l’ultima fatica di Marco Ciardi è da considerarsi un libro raro, e la distinzione risiede nella professione dell’autore stesso: Ciardi, infatti, non è uno scienziato ma uno storico della scienza; e come tale uno studioso che non si scandalizzerebbe mai all’idea che la scienza – come la intendiamo oggi – in passato si sia confusa con magia e misticismo, né che questo fosse da considerarsi, già a quel tempo, un “errore”.
Chiarito che il metodo scientifico è lo strumento migliore che fino ad oggi la specie umana ha prodotto per conoscere la realtà che ci circonda, Ciardi ci ricorda che la scienza è anche cultura; e che le discipline scientifiche sono pur sempre attività umane che trattano problemi non solo di importanza scientifica, ma anche culturale e filosofica.
Capire l’attività scientifica nella sua dimensione storica ci aiuta a comprendere che il percorso della scienza non è stata una rassegna trionfale di verità che si sono succedute nel tempo, come capita di leggere nei manuali didattici o in certa incauta divulgazione. «Per uno storico – scrive Ciardi – è normale verificare che uno scienziato abbia credenze oppure sia influenzato, nella costruzione della sua opera, da convinzioni di tipo metafisico o religioso, o da tradizioni tipiche del suo tempo. Metterlo in evidenza non sminuisce in alcun modo la forza del sapere scientifico, che è il miglior strumento che abbiamo per la conoscenza della realtà e l’unico in grado di correggere con eccezionale frequenza i propri errori» (p. 22). Ecco perché Newton si dedicò a ricerche alchemiche o all’analisi della cronologia biblica; oppure Keplero concepì le tre leggi sul moto dei pianeti cercando disperatamente di armonizzarle con concetti che provenivano dal misticismo pitagorico.
Appare chiaro che per combattere le “interferenze” della magia con la scienza moderna, non serva la censura o il disprezzo ma sia più proficuo recuperare la dimensione storica di questa avventura di conoscenza. Niente è più efficace contro ogni pretesa di superiorità che inquadrare storicamente un problema.
Non dobbiamo quindi aver paura, anche in sede educativa, di mostrare come la scienza sia una cosa complessa, che emerge da contesti e situazioni complesse, scrive Ciardi (p. 34). Senza dimenticare che la storia aggiunge spessore a discipline estremamente specializzate, che frequentemente vengono percepite come sterili. Lasciamoci quindi guidare da Immanuel Kant, che nel 1766 spiega i sogni e le comunicazioni con i morti di un visionario come Swedenborg; oppure analizziamo con il Frankenstein di Mary Shelley i tipici comportamenti di uno “scienziato patologico”. Ma non dimentichiamo neppure di ragionare, insieme a Leopardi, sugli errori del mito positivista ottocentesco, che così pesantemente ha influenzato certi persistenti pregiudizi antiscientifici che, dopo aver percorso tutto il Novecento, sono arrivati fino a noi.