ApprofondimentiInterviste

Gli UFO in Italia: intervista a Edoardo Russo

Per una serie di ragioni culturali, ogni volta che sentiamo parlare di “UFO” pensiamo immediatamente agli alieni (solitamente piccoli, verdognoli e con grandi occhi scuri). Eppure questo fenomeno culturale, che ha radici non lontane (i primi risalgono ai primi anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale), è ben più complesso e articolato. Per approfondirlo, abbiamo intervistato Edoardo Russo, membro del Consiglio Direttivo del Centro Italiano Studi Ufologici, che ci ha illuminato sulla situazione attuale del contesto ufologico e sul lavoro svolto in Italia e a livello internazionale dalla sua associazione.

PARTE 1. L’ATTUALE CONTESTO UFOLOGICO ITALIANO

Cosa si intende esattamente per fenomeno UFO?

Avvistamento è una brutta parola (di origine militare) per indicare in realtà l’osservazione casuale, da parte di testimoni occasionali, di oggetti o fenomeni aerei che all’osservatore risultano “non identificati”, ovvero non riconducibili a una causa nota.

Ricostruzione di un UFO presso il lago di Costanza, nel sud della Germania (credit: Stefan-Xp, CC BY-SA 3.0)
Rappresentazione artistica di un UFO presso il lago di Costanza, nel sud della Germania (credit: Stefan-Xp, CC BY-SA 3.0)

La sigla UFO (che in inglese sta precisamente per “oggetto volante non identificato”) è infatti l’espressione adottata alla fine degli anni ’40 dall’aeronautica militare degli Stati Uniti per etichettare le osservazioni di quelli che non sembravano aerei o missili, ma potevano risultare interessanti o rilevanti a fini di difesa dello spazio aereo. Oggi quelle tre lettere hanno assunto a livello popolare un significato meno neutro e più “carico”, sovrapponendosi al concetto di “disco volante”, ovvero di velivolo di provenienza aliena, cioè extraterrestre. Ma qui ci spostiamo dal “fenomeno UFO” al “mito UFO”, ovvero l’insieme delle idee, immagini ed opinioni su cosa gli UFO sarebbero. Il fenomeno UFO è invece l’insieme delle segnalazioni (racconti) di osservazioni (avvistamenti) di “UFO in senso lato”, ovvero quegli oggetti o luci visti in cielo e non identificati (riconosciuti) dagli osservatori. Va aggiunto che una grande percentuale (oggi molto superiore al 90%) di questi oggetti o luci sono in realtà identificabili da parte di qualunque studioso o analista che abbia un minimo di competenza: le cause sono varie, di origine naturale o artificiale, e la loro identificazione trasforma quegli “UFO in senso lato”, che diventano “IFO” (oggetti volanti identificati). Rimane (e c’è sempre stata) una piccola percentuale di osservazioni non riconducibili a cause note, e questi sono gli “UFO in senso stretto” (oggetti che restano non identificati dopo analisi competente). Trattandosi di una definizione “per negazione”, è più che probabile che questo residuo sia di natura composita, con tutte le implicazioni che questo può avere.

Il numero di avvistamenti è stabile, in crescita o in calo negli ultimi anni? E come ha influito l’avvento di Internet e dei social network sulla raccolta dei casi? Ci sono periodi dell’anno in cui ci sono più segnalazioni?

Il numero di avvistamenti è sempre variabile nel tempo: ci sono stati anni più ricchi ed anni poveri, con trend condivisi a livello internazionale o viceversa diversificati fra un paese e l’altro.

La diffusione di massa di Internet ha portato a un forte aumento delle segnalazioni che ci arrivano, ma questo non implica necessariamente un aumento degli avvistamenti: sondaggi demoscopici (coerenti in diversi paesi europei) indicavano già negli anni ’80 il numero di persone che pensavano di aver visto un UFO in misura pari al 6%-6,5% della popolazione adulta. In Italia sarebbero oltre 3 milioni di testimoni, ma l’ordine di grandezza dei casi noti è delle decine di migliaia (la punta dell’iceberg), quindi la maggior parte di chi vedeva cose strane in cielo non lo raccontava o lo raccontava solo ai propri conoscenti e la sua testimonianza non arrivava agli studiosi. Oggi è più facile usare Internet per cercare ufologi o comunque raccontarlo sulla “piazza globale” e quindi l’esplosione (un ordine di grandezza) nel numero di casi raccolti annualmente, nell’ultimo decennio circa, può essere semplicemente l’emersione della parte sommersa di quell’iceberg. Al di là di questo trend degli anni 2000, ci sono comunque (come sempre ci sono state) fluttuazioni quantitative nella raccolta, parte delle quali correlabili a variabili sociologiche, parte invece no. A livello stagionale, in linea di massima i mesi della bella stagione forniscono più segnalazioni rispetto a quelli in cui si sta meno all’aperto o il cielo è più spesso coperto, ma ci sono frequenti eccezioni e non esiste una stagionalità precisa.

Partiamo dai casi facilmente risolvibili. La maggioranza delle testimonianze è dovuta a fenomeni convenzionali non riconosciuti dall’osservatore, ma che sono facilmente identificabili ad una successiva analisi. Quali sono i fenomeni “noti” che più spesso generano segnalazioni UFO?

Fra i fenomeni noti di origine naturale, le cause più diffuse in questi anni sono stelle/pianeti, meteore/bolidi. Fra le cause di tipo artificiale troviamo invece aerei, corpi aerostatici (sia i palloni meteorologici sia le famigerate “lanterne cinesi”), passaggi o rientri atmosferici di satelliti. Ma il ventaglio di possibili identificazioni è molto ampio, proprio perché “UFO” è diventata un’etichetta “piglia-tutto” che può adattarsi a qualsiasi cosa strana venga vista per aria.

Vi sono casi che pur spiegabili, necessitano invece di una particolare esperienza dell’inquirente e l’accesso a dati e strutture adeguati?

Al di là dei casi più facilmente (e immediatamente) riconoscibili dall’inquirente o dall’analista, a volte non è così facile o così semplice riconoscere o ricostruire la causa di avvistamenti IFO. La ragione può essere la rarità della causa (i lanci di missili per esperimenti in alta atmosfera non capitano tutti i giorni), oppure le condizioni di osservazione, ma anche la predisposizione dei testimoni (ormai imbevuti di immaginario pseudo-ufologico) si è dimostrata rilevante in non pochi casi. Non è detto che ogni inquirente possa e debba avere tutte le nozioni o i contatti per una valutazione, che spesso avviene in un secondo momento di analisi: l’importante è che chi raccoglie i dati testimoniali sia formato e capace per farlo in maniera sufficientemente completa e senza influenzare o deformare la testimonianza. A questo scopo esistono e sono ormai collaudate tecniche già utilizzate da poliziotti, psicologi e giornalisti, la più recente delle quali (anche se non la più maneggevole) è l’intervista cognitiva (una tecnica utilizzata in psicologia per ricostruire con la maggior fedeltà possibile i fatti raccontati da testimoni collaborativi, n.d.Intervistatore).

Un piccolo numero di casi, pur in presenza di informazioni di qualità, rimane irrisolto. È possibile stimare quanti siano? Sono aumentati o diminuiti nel corso degli ultimi anni? È una condizione “definitiva”, oppure si può sperare che nuove analisi dei singoli casi possa portare alla loro risoluzione (o all’identificazione di un nuovo fenomeno)?

Va premesso che la qualifica di “non identificato in senso stretto” non è oggettiva: può variare a seconda dello studioso (più o meno di manica larga, oltre che più o meno competente) e non sempre c’è accordo fra diversi studiosi. Inoltre tale qualifica può cambiare nel tempo, in funzione della disponibilità di nuovi dati o elementi: di solito per portare a identificare casi in precedenza rimasti insoluti; più raramente per smentire o confutare quella che prima sembrava la soluzione più probabile.

Una meteora fotografata nel marzo 2014 presso l'Atacama Large Millimeter Array in Chile (credit: ESO/C. Malin ref. potw1414a, CC BY 4.0)
Una meteora fotografata nel marzo 2014 presso l’Atacama Large Millimeter Array in Chile (credit: ESO/C. Malin ref. potw1414a, CC BY 4.0)

La quota di casi non spiegati è sempre stata molto bassa, sul totale delle segnalazioni generiche: sotto il 10%. Negli ultimi tempi si è abbassata (fino all’1%, sulla base dei dati raccolti in Italia dal CISU), probabilmente in funzione del forte incremento di casi (in genere a basso “indice di stranezza”) che prima neppure arrivavano fino agli studiosi, mentre oggi superano i vecchi filtri, aumentando così il denominatore del rapporto. In cifra assoluta però il numero dei casi ad “alta stranezza” è pressoché costante, intorno a una decina all’anno per il nostro paese. Insomma è aumentato il rumore di fondo, anche a parità di segnale.

Com’è cambiata nel tempo l’attività dell’ufologo?

Ha seguito l’evoluzione della società, della tecnologia, dello zeitgeist (la tendenza culturale predominante in un dato momento, n.d.Intervistatore)… Dovremmo separare il ragionamento per l’Italia da quello per alcuni altri paesi occidentali (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna) e da quello del resto del mondo, ma sarebbe un discorso troppo lungo, quindi cerco di semplificare a rischio di generalizzare banalizzando.

La prima pagina del Roswell Daily Record del 8 luglio 1947, con il riferimento al "Flying Saucer" ("piattino volante"). (credit: Pubblico Dominio)
La prima pagina del Roswell Daily Record del 8 luglio 1947, con il riferimento al “Flying Saucer” (“piattino volante”).

Negli anni ’50 (e ancora nei primi anni ’60) parlare di ufologi voleva dire parlare soprattutto di appassionati all’idea che gli extraterrestri fossero arrivati sulla Terra. Ben pochi (soprattutto in Italia, ma non solo) facevano attività di indagine strutturata, e non pochi abbinavano i “dischi volanti” ad una sorta di spiritismo ET. In alcuni paesi occorrerebbe considerare anche una componente politica o socio-politica, con interessanti varianti locali (es. USA del maccartismo, Spagna franchista, e più tardi lo spontaneismo gruppista contro-culturale post-68 in Francia, Inghilterra e Italia).

 Lo sforzo di trasformare l’ufologia in uno studio che facesse uso di mentalità e strumenti scientifici è decollato nella seconda metà degli anni ’60, è a lungo rimasto minoritario e a volte addirittura sommerso (il principale gruppo informale di scienziati e tecnici privatamente interessati agli UFO si auto-definiva “collegio invisibile”).

 Gli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80 hanno visto il meglio di questa impostazione, che per qualche anno è anche sembrata dominante presso le principali associazioni: manuali di metodologia di indagine, tecniche di raccolta dati sul terreno, analisi delle foto, utilizzo delle prime tecnologie micro-informatiche, contemporaneamente al bando di tutte le componenti neo-religiose, neo-spiritualiste e simili.

Budd Hopkins nel 1999 in Turchia, nel corso di una sessione di "regressione ipnotica". Hopkins, mancato nel 2011, era convinto dell'esistenza di rapimenti alieni e creò la "Intruders Foundation" per diffondere la conoscenza del fenomeno (credit: Becket01, CC BY-SA 4.0)
Budd Hopkins nel 1999 in Turchia, nel corso di una sessione di “regressione ipnotica”. Hopkins, mancato nel 2011, era convinto dell’esistenza di rapimenti alieni e creò la “Intruders Foundation” per diffondere la conoscenza del fenomeno (credit: Becket01, CC BY-SA 4.0)

Poi il pendolo ha cambiato verso e dalla seconda metà degli anni ’80 è tornato indietro, con i rapimenti alieni, i cerchi nel grano, il channeling, i dischi precipitati.

Oggi il paradosso è che ci sono competenze e strumenti molto migliori, ma è defatigante la commistione con una mitologia post-moderna che ha pervaso l’intera cultura popolare occidentale: le giovani generazioni partono indottrinate da una pubblicistica (new media compresi) sensazionalistica, infondata ma assordante, e solo pochi tra gli appassionati del nuovo millennio riescono a capire che c’è dell’altro, che è possibile affrontare in modo serio.

Chi sono i contattisti? Come si pone il CISU nei loro confronti? E, viceversa, i contattisti sono interessati alla raccolta di informazioni e allo studio degli UFO?

Quando avevo 16 anni e facevo un po’ di confusione, il mio “maestro” mi spiegò (in modo rozzo ma efficace) che tra gli ufologi e i contattisti passa la stessa differenza che c’è tra lo studioso del periodo napoleonico e quello che dice: “Io sono Napoleone”.

In maniera meno brutale, potremmo dire che l’argomento (o meglio: la sua rappresentazione) si presta ad alcune forme di immedesimazione profetica (i contattisti) e poi addirittura di neo-religione (i gruppi cultisti che si raccolgono intorno a loro). Se ne occupano da anni illustri studiosi di sociologia delle religioni ed esiste abbondante letteratura scientifica sul tema.

Volendo essere ancora cattivo, direi che i contattisti parassitano l’argomento ufologico, ma sono un fenomeno ben diverso rispetto alle persone che osservano strani fenomeni aerei. È a livello di interpretazione che qualcuno (i contattisti stessi, i loro seguaci, i mass media) fanno per così dire d’ogni erba un fascio.

Clicca qui per leggere la seconda parte, IL LAVORO DEL CENTRO ITALIANO STUDI UFOLOGICI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *