Pagine Scettiche – Hercule Poirot e Harley Quin
Uno dei ricordi estivi cui sono più affezionata risale al lontanissimo 1992: eravamo ancora in città, certi giorni con gli amici già in vacanza e i genitori al lavoro si trascinavano pigramente fra un ciondolamento e l’altro, Internet e la tv on demand erano decisamente di là da venire. A corto di materiale da lettura, andai a frugare in camera dei miei e decisi di fare un tentativo con quei volumetti Mondadori con il dorso bianco e nero e le copertine fumettose, optando per Agatha Christie, che avevo sempre sentito nominare ma mai letto.
Passai i successivi dieci giorni praticamente inchiodata al divano, la pila di quelli da leggere a sinistra e di quelli letti a destra, uno ne posavo e uno ne iniziavo, andando avanti fino a notte fonda e riprendendo da appena sveglia. Nonostante il disdoro di mio padre, sentivo di preferire Miss Marple a Hercule Poirot (ho questa perversione per qualsiasi cosa sia ambientato nel placido gioco di buone maniere della campagna inglese), ma alla fine le storie del piccolo belga baffuto sono quelle che più di tutte rimangono impresse nella memoria.
Fra tante, c’è almeno un’occasione in cui Poirot deve affrontare un mistero apparentemente sovrannaturale, non a caso ambientato fra le tombe dell’antico Egitto, che come è noto è stata un’altra grande passione di Agatha Christie: una serie di morti improvvise si abbattono su alcuni membri della spedizione archeologica che ha portato alla luce la tomba del faraone Men-her-Ra. In La maledizione della tomba egizia (incluso nella raccolta Poirot indaga, 1924), l’investigatore viene chiamato ad indagare dalla vedova di una delle vittime, spaventata che si tratti di una maledizione, o di magia antica, e che qualcosa possa accadere anche al figlio in partenza per l’Egitto. Per tutta la durata dell’indagine, Hastings osserva basito un Poirot molto propenso a dare credito alle leggende locali e, persino, in un certo momento, all’antica religione egizia, finché, ovviamente, non viene rivelata la ben più prosaica e materialista spiegazione a base di eredità e identità celate. A quel punto Poirot spiega anche come ciò in cui aveva dichiarato di credere non era il sovrannaturale, ma la forza della superstizione, della fede che le persone riversano nelle loro credenze, tanto da dare loro la concretezza e veridicità che di per se stesse non hanno. Tanto è vero che l’ultima vittima si è suicidata convinta di essere ormai stata maledetta e quindi non avere speranza.
E’ chiaro che il più fervido sostenitore al mondo della forza delle “celluline grigie” non può che essere un razionalista praticante, e infatti come Hastings anche il lettore è sorpreso nel vederlo reagire in quel modo durante l’indagine, mentre la spiegazione conclusiva riporta l’ordine atteso nell’universo poirotiano. Ugualmente i casi di Miss Marple sono sempre molto concreti, spesso affondanti le motivazioni nel tessuto strettamente interconnesso delle piccole comunità, e non indulgono in fantasmi e fantasie.
Esiste però un personaggio che esula in maniera bizzarra dallo stile della Christie, ed è sia quello che lei stessa definiva il suo personaggio preferito e anche quello probabilmente meno noto al grande pubblico, mr. Harley Quin.
Sentendone il nome, forse, oggi molti penserebbero piuttosto alla Harley Quinn della DC Comics, la psichiatra che immola la propria sanità mentale sull’altare dell’amore per il Joker, e che ha conosciuto una seconda giovinezza con il recente film Suicide Squad (dove si è perso parecchio il sottotesto dello stato di vittima di Harley); ma il signor Quin è invece uno dei protagonisti più anomali della letteratura gialla di ogni tempo.
Si tratta, infatti, di una figura indefinita ed evanescente, che con il passare dei racconti perde anche nitidezza di tratti e fisionomia: compare quando è necessario, per aiutare il suo buon amico mr. Satterthwaite a risolvere i casi in cui quest’ultimo continua a incappare per l’irresistibile curiosità verso le vicende altrui. Naturalmente il nome richiama la nostra maschera tradizionale e più volte, nei racconti, la Christie descrive degli effetti di luce che sembrano coprire il volto di mr. Quin con i colori del costume di Arlecchino, ma della sua vera identità non ci dice molto altro, lasciandoci alla fine nel dubbio che non esista nemmeno, e sia solo una proiezione mentale di Satterhwaite, che in effetti viene aiutato dall’amico con una tecnica quasi maieutica, di domande che lo portano a vedere le cose in una prospettiva diversa.
Inoltre, i casi di cui è protagonista la coppia riguardano spesso storie d’amore tormentate, o volontà non rispettate dei defunti, quasi che davvero Quin si facesse protettore dell’amore e di chi non può parlare. In molti hanno sottolineato come i due personaggi siano fra tutti quelli che più si fanno portavoce della personalità e delle idee della Christie, con queste storie molto intime e intimiste, e citazioni ritornanti dell’opera e del teatro, entrambi amatissimi dalla scrittrice inglese. Forse in qualche modo vi ha trasfuso anche i ricordi e il legato dell’educazione ricevuta da bambina, in cui il sovrannaturale era ritenuto un dato di fatto e la famiglia era persuasa che sua madre fosse una medium.
Se Arthur Conan Doyle ha scritto i racconti di Sherlock Holmes in aperta contraddizione con quelle che erano le sue convinzioni più profonde, Agatha Christie non è arrivata a tanto: anche nelle storie di mr. Quin soluzioni e risposte sono sempre razionali e di questo universo; tuttavia rimane questa figura quasi arcana in fortissimo contrasto con la solidità anche fisica di Poirot o con la consistenza pacata di Miss Marple. Qualcosa di simile accade in Dieci Piccoli Indiani (1939), quando, man mano che la storia va avanti e le persone continuano a morire misteriosamente, il lettore non può fare a meno di chiedersi se l’isola non sia maledetta e posseduta da qualcosa di ultraterreno e inspiegabile: ed è allora che arriva la lettera finale con la risoluzione del mistero, che colpisce con ancora maggiore forza per la sua concretezza e crudeltà tutta umana.
In realtà, nelle tradizioni francesi e inglesi, il nome potrebbe derivare da un nome della saga nordica della “caccia selvaggia” (vedi per esempio http://www.treccani.it/enciclopedia/arlecchino_%28Enciclopedia-Italiana%29/), per cui Harley Quin potrebbe essere l’espressione addirittura del diavolo; il che spiegherebbe anche la sua presenza evanescente.
C’è anche un ulteriore “romanzo scettico” della Christie, Un cavallo per la strega, meno noto dei precedenti, il protagonista Mark Easterbrook si ritrova invischiato in una storia di magia nera e morti a distanza, storia che rivelerà nel finale il “trucco” sottostante alla magia nera. “Trucco” purtroppo riportato in auge dalla cronaca nera italiana qualche anno fa, perché reale come solo la scienza può essere.