Il panico che corre su Whatsapp
Articolo di Roberto Labanti e Sofia Lincos
Dopo la serie di tragici attentati che hanno coinvolto anche città europee, le forze di polizia e di intelligence italiane hanno adottato particolari misure di prevenzione volte ad assicurare che non vi fossero rischi durante il periodo delle festività natalizie. Questo purtroppo non ha evitato episodi di allarmismo ingiustificato, come la triste storia accaduta in un cinema torinese, quella più comica capitata in un fast food milanese oppure che sempre a Torino una scritta in arabo fosse ritenuta un messaggio minaccioso quando invece era solo una dichiarazione di amore (La Stampa, ed. di Torino, 6 gennaio; qualcosa del genere era già avvenuto a Vigevano nel gennaio di due anni fa). E non ha impedito che attraverso i sistemi di messaggistica istantanea e i social network divenissero virali appelli allarmistici che avvisavano della possibilità di attentati. Come nel gennaio dell’anno scorso, si è anche rivista in giro la voce che descrive i pericoli di supposti campioni di profumo velenosi che i terroristi infilerebbero nella cassette postali delle vittime: una delle leggende di cui è possibile trovare traccia già nei mesi successivi all’11 settembre 2001 e che nella versione oggi diffusa chiama in causa l’ISIS.
In questa clima va letta una vicenda che è stata raccontata da diversi quotidiani del Nord-Est: una circolare datata primo gennaio “firmata dal dirigente del settore della Polizia di frontiera terrestre di Tarvisio” in cui “si fa riferimento a una nota ministeriale che” tenendo conto di una delle tante segnalazioni giunte dai servizi segreti “richiede massima attenzione e cautela nei servizi di vigilanza in atto per un possibile atto terroristico di matrice islamica anche con l’impiego di droni o auto rubate” come ci informa Il Piccolo di Trieste del 6 gennaio, non è rimasta riservata come avrebbe dovuto essere. Secondo una prima ricostruzione, una sua fotografia sembra sia stata rilanciata attraverso il servizio di messaggistica Whatsapp, per poi sbarcare su Facebook e infine sulla stampa. Commentando quanto accaduto, il Procuratore della Repubblica di Udine, che ha aperto un’indagine con l’ipotesi di reato di rivelazione di segreto d’ufficio, ha ricordato che:
Una volta inviata una foto, un video o un commento, scritto o sonoro questi escono dalla disponibilità di chi li ha creati e possono essere divulgati con migliaia di canali diversi. Non si può più tornare indietro, e soprattutto l’autore è e rimane identificabile.
Parole che possono essere applicate anche ad un altro caso su cui la stessa Procura ha aperto un’indagine, in questo caso per procurato allarme, nei confronti di una donna residente in un comune dell’udinese. Un messaggio audio diffuso nella serata di martedì 3 gennaio, come ha raccontato la protagonista, in uno di quei gruppi Whatsapp vagamente inquietanti in cui le mamme si scambiano informazioni sulla vita scolastica dei figli e da qui diffusosi in modo virale: sembra avvisasse, sulla scorta di una voce de relato attribuita, in ultima istanza ad una persona autorevole, di una supposta allerta attentati del Viminale (forse sulla base dell’episodio precedente?) per il Nord-Est e in particolare per i “maggiori centri di aggregazione”, con l’indicazione di quattro specifici centri commerciali della regione come più a rischio. Un gesto fatto, a quanto appare, in modo inconsapevole e senza pensare alle conseguenze, che però ha provocato timore (Il Piccolo, 5 gennaio; Messaggero Veneto, 5 e 6 gennaio).
Anche in Lombardia, negli stessi giorni, si è avuto un caso simile: un audio anonimo, ma con una voce maschile, è circolato sempre via Whatsapp; invitava ad evitare di recarsi presso i centri commerciali di alcune località del milanese e del piacentino (e in generale della “zona Lombardia” e luoghi pubblici pieni di gente) nei giorni dal 6 all’8 gennaio “perché ci sono fondati motivi di attentati”. Un allarme subito smentito dalle Autorità (Settegiorni, 6 gennaio).
Gli allarmi infondati non sono limitati all’Italia settentrionale, ma sono stati preceduti da almeno due episodi che hanno riguardato il Centro-Sud e che forse sono più interessanti nell’ottica dello studioso di folklore.
In Campania, come era accaduto alla fine dell’anno passato, è tornato a circolare un audio che annunciava possibili attentati presso un centro commerciale del casertano nei giorni dal 24 al 26 dicembre. Pupia.tv, che l’ha smentita dal proprio sito il 20 dicembre, lo descrive così:
Si tratta di un messaggio audio in cui una ragazza racconta di un portafoglio perso da un arabo e ritrovato da un italiano. L’arabo, rintracciato dal nostro connazionale, come ricompensa per averglielo restituito gli avrebbe offerto del denaro. Al suo rifiuto, a quel punto il proprietario del portafoglio gli avrebbe quindi dato un’altra ricompensa, o meglio una “dritta”: “Sta lontano dai centri commerciali poiché a breve ci sarà un attentato.
Come già era accaduto lo scorso anno, la direzione del centro commerciale è dovuta intervenire per affermare che ci si trova di fronte ad una falsa notizia e che diffonderla costituisce un reato (Il Mattino, ed. Caserta, 21 dicembre). Una voce simile è circolata più o meno negli stessi giorni anche a Roma:
“Non ti venisse in mente di andare in un centro commerciale. Hai sentito di […] [Centro commerciale in comune di Roma]? Dicono che una signora ha trovato un portafoglio a terra, l’ha restituito al proprietario e quello per ringraziarla le fa: stia lontano da qui. Capito?”.
Questo uno degli esempi che Maria Lombardi, sull’edizione romana de Il Messaggero del 23 dicembre scorso ha portato per descrivere la “psicosi da mercatini e bancarelle” che ha colpito la Roma pre-natalizia. Il giorno precedente lo stesso quotidiano aveva scritto che la polizia stava indagando sullo “strano episodio” che si affermava avvenuto, par di capire, mercoledì 21: anche qui sarebbe girato un messaggio su Whatsapp.
Due varianti di una vecchia conoscenza degli appassionati di leggende contemporanee, “The Grateful Terrorist” (“il terrorista riconoscente”): come ha documentato Paolo Toselli (coordinatore del Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee di Alessandria) nel suo 11 settembre leggende di guerra (Avverbi, 2002), anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una voce che aveva iniziato a circolare nei mesi successivi agli attentati dell’11 Settembre:
In una stazione della metropolitana, un uomo dai lineamenti mediorientali perde il portafogli. Qualcuno se ne accorge, lo raccoglie e glielo restituisce. L’arabo ringrazia e contraccambia con un consiglio: “Non prenda il metrò domani”.
Circolò pure una versione leggermente differente che prendeva origine da un diverso gesto di gentilezza:
Un extracomunitario è in coda alla cassa di un ipermercato. Al momento di pagare gli mancano pochi spiccioli. La signora dietro di lui si offre di pagare per lui e salda il conto. L’uomo ringrazia compiaciuto. All’uscita raggiunge la donna e per sdebitarsi l’avverte di non recarsi a fare la spesa in quel centro commerciale nel fine settimana, perché accadrà qualcosa collegato ai recenti attentati terroristici.
Quest’ultimo racconto si dovette diffondere in Italia a partire dal mese di novembre, ma in Gran Bretagna era già stato segnalato a settembre, appena pochi giorni dopo le stragi sul suolo americano. Negli Stati Uniti, invece, è registrata la presenza di varianti in cui il terrorista avvisava il suo benefattore di non acquistare bottiglie di Coca Cola a partire da una certa data.
Versioni di queste narrazioni erano in realtà già in circolazione anche prima dei tragici attentati che insanguinarono gli Stati Uniti nel 2001. Come ci ricordano Gary Alan Fine e Bill Ellis nel loro The global grapevine: why rumors of terrorism, immigration, and trade matter (Oxford University Press, 2010) una versione simile coinvolgeva un “uomo dall’accento irlandese”, secondo una voce raccolta da un frequentatore del newsgroup alt.folklore.urban nel marzo del 2000:
Un’amica della moglie di un dirigente della società del marito era in un McDonald’s al […] (un nuovo grande centro commerciale a Manchester). Un uomo con un accento irlandese in coda dietro di lei le chiese piuttosto minacciosamente una moneta da una sterlina. Lei accettò, per sbarazzarsene. Lui, dopo aver ottenuto il suo cibo, le disse “Mi hai fatto un favore, te ne farò uno. Non venire qui in marzo”. Lei allora andò alla polizia, dove le mostrarono un libro con le foto degli operativi IRA. Nella seconda pagina c’era l’uomo che aveva visto nel McDonald’s.
Secondo gli studiosi, alcuni elementi tipici del “terrorista riconoscente” sono presenti in altre leggende: fra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80, ad esempio, vennero segnalate in Italia diverse apparizioni di una “vecchina” che profetizzava disastri incombenti o avvisava di non recarsi in un certo posto in una certa data. L’elemento profetico, inoltre, è presente anche in alcune versioni dell’autostoppista fantasma, come quella diffusa immediatamente dopo il disastro di Pearl Harbor . Dopotutto, come ci ricorda Toselli, “[u]na peculiarità delle leggende contemporanee è la capacità di ripresentarsi in luoghi e tempi differenti variando alcuni elementi del racconto, ma mantenendo lo stesso canovaccio narrativo”.
Qual è il ruolo di questo tipo di narrazioni? Nel 2003, partecipando all’VIII convegno nazionale del Cicap a Torino, Toselli spiegava:
Le storie sinora analizzate sono espressioni di timore nei confronti di eventi che potrebbero capitare da un momento all’altro. Il loro racconto, come episodi reali, è condizionato da un senso latente di inevitabilità. Dobbiamo essere pronti a tutto, e il fatto che nessuna delle catastrofi sinora annunciate ha avuto luogo ci fa anche sentire meglio. In questo caso, la leggenda ha assolto al suo compito.
Leggende che però possono provocare danni economici ai centri commerciali appartenenti all’area geografica oggetto del falso allarme, tanto più quando sono espressamente identificati. E che possono avere gravi conseguenze civili e penali per chi se ne fa portatore, anche solo diffondendo un messaggio.
Si ringrazia per la collaborazione nel reperimento delle fonti Alessia Donzelli e Ermenegildo Personé. Foto di ambermb da Pixabay
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