Pagine Scettiche – Ross Geller, in Friends
Questa rubrica è dedicata a libri, film e serie TV usciti ormai da qualche anno e che trattano il sovrannaturale e lo scetticismo in maniera diversa e inattesa. Naturalmente, gli articoli contengono spoiler e anticipazioni per chiunque non abbia letto o visto le opere trattate.
Diversi anni fa, l’offerta televisiva era infinitamente più uniforme e “istituzionalizzata” di quanto a volte riusciamo a ricordare. Pochi canali, palinsesti rigidi, nessuna necessità di rivolgersi al pubblico di nicchia, se non per scelta e vocazione. L’innovazione c’era, a volte anche potente (fatemelo citare, dai, lo so che è scontato, ma fatemelo citare: per esempio, il bacio interrazziale fra il capitano Kirk e il tenente Uhura nel 1968), ma il target era sempre il pubblico di maggioranza. Accadeva naturalmente che alcuni prodotti si rivelassero poi amori d’elezione invece per qualche minoranza – come lo stesso Star Trek o Doctor Who – ma non erano pensati a quello scopo. Siamo dovuti arrivare nel nuovo secolo, nel pieno dell’era d’oro dei serial, perché la tv decidesse che era ora di raccontare anche gli spettatori più in ombra, gli emarginati, i loser, i diversi di ogni tipo. La rivoluzione è iniziata nel 2000, quando andò in onda il primo episodio di CSI – Crime Scene Investigation (e in molti ci ritrovammo innamorati di barbuti entomologi o investigatrici con il diastema, tutti egualmente sociopatici), ma si è completata ufficialmente nel 2007, con l’inizio di The Big Bang Theory. Da allora, essere gli sfigati sociali intellettualmente brillanti, appassionati da qualcosa al punto da sfiorare l’ossessione, di quelli che a scuola prendevano sempre i gavettoni, è diventato cool, accettabile, anzi, persino desiderabile (consiglio letterario della settimana: questa tavola di ZeroCalcare, che spiega bene la rivoluzione avvenuta e le tragicomiche conseguenze). I nerd sono diventati “fighi”.
Ventitré anni fa sarebbe stato abbastanza impensabile. Ventitré anni fa andava in onda in USA (in Italia tre anni dopo) il primo episodio di Friends e nessuno avrebbe pensato di usare la nerditudine di Ross Geller per altro che non fosse una scenetta umoristica, eppure un primo refolo di aria di rivoluzione si sentiva già lì. Confesso che – complice quel demone tentatore di Netflix – mi sto regalando un secondo rewatch completo di quella che è la serie culto per eccellenza della mia generazione, e ri-scoprire il personaggio interpretato da David Schwimmer è un’esperienza decisamente intrigante.
Un po’ di contesto per i 12 al mondo che non hanno mai visto un episodio: Friends racconta le vicissitudini di un gruppo di sei amici, composto da Rachel Greene, viziata figlia di papà che impara a camminare con le proprie gambe, Chandler Bing, brillante contabile con uno spiccato senso dell’umorismo e poco successo con le donne, Joey Tribbiani, spiantato attore di origini italoamericane che cambia una ragazza a settimana, Phoebe Buffay, svampita figlia dei fiori con una tragica vita alle spalle vissuta però con lievità, e i due fratelli Geller, Monica, ex obesa maniaca del controllo e chef di professione, e Ross, paleontologo esperto di dinosauri, divorziato tre volte e da sempre innamoratissimo di Rachel.
È una sit-com anni ’90, fa ancora ridere tantissimo, ha sovvertito il punto di vista narrativo in voga fino ad allora (spostandolo dalla famiglia agli amici), è stata per molti versi piuttosto audace a trattare alcuni argomenti (in stagione 4 Phoebe per esempio si presta alla gestazione per i gemelli del fratellastro), pur rimanendo comunque figlia dei propri tempi, con personaggi non si allontanano mai troppo dal proprio archetipo/stereotipo. Fra i sei i rapporti sono paritari e fluidi, tutti sono amici con tutti e tutti si adoperano perché gli altri siano felici (Joey rinuncia a mangiare carne durante la gravidanza di Phoebe, che, vegetariana, si ritrova invece a desiderarne in quantità), ma esistono anche delle dinamiche ricorrenti, di cui la più umoristica e sottile è proprio il conflitto fra Phoebe e Ross.
Una delle scene più celebri, amate e riviste è quella in stagione II, episodio 3, in cui Phoebe dichiara di non credere all’evoluzione, perché è “troppo semplice”. Per tutto l’episodio, Ross cerca di spiegare all’amica che l’evoluzione non è una teoria, non si può non crederci, finché non si presenta da lei con una valigetta di reperti, ma a nulla valgono gli sforzi dello studioso, che alla fine perderà lo scontro dialettico per eccesso di ragionevolezza.
Questa, e molte altre piccole scenette che si sono susseguite nel corso delle 10 stagioni, sono uno spaccato umoristico, sì, ma anche piuttosto veritiero di quella che è la “triste vita sociale” degli amanti di scienza e razionalità. Ross viene sempre sopraffatto dalle spumeggianti e rumorose obiezioni degli amici, e il suo noioso lavoro in un museo è facile bersaglio di battute e ironia. Eppure rimane fedele alle evidenze e alle convinzioni che da queste sono derivate. Volendo andare magari anche oltre le intenzioni degli autori, si potrebbe ipotizzare che la passione scientifica di Ross e il mestiere che si è scelto siano una forma più sana e più “argomentata” di gestione dell’ansia e mania del controllo che in Monica si sono invece sfogati nell’ossessione per ordine e pulizia. Il fascino verso il mistero dell’universo in molti va a braccetto con la necessità di cercare risposte perché le cose abbiano un senso, e che questo si applichi anche a Ross non è un’ipotesi del tutto infondata.
Ovviamente, Ross è uno scettico, che inorridisce quando Phoebe rifiuta la medicina occidentale, e si esprime a smorfie quando l’amica parla di spiriti e contatti con l’aldilà. Ed è anche un nerd, che ancora si entusiasma per le proprie passioni come un bambino, tanto da avere il libretto degli assegni personalizzato con il disegnino dei dinosauri, ed è costituzionalmente incapace di non cercare ogni volta di dimostrare agli amici dove sbagliano e quanto sia più bella e sensata la risposta offerta dalla scienza.
Ai tempi eravamo troppo presi dal perenne tira-e-molla con Rachel per accorgerci che per la prima volta in una serie non di fantascienza c’era un personaggio razionale e studioso, ma la serie è diventata un classico e questo ci ha dato tempo dopo per apprezzarne le diverse sfumature e le varie innovazioni, così che oggi, con il senno di poi, siamo in grado di collocare correttamente Ross nell’albero genealogico dei nostri immaginari predecessori.
(E siccome simile chiama simile, ci sono un po’ di nerd in giro per il mondo che si sono messi a disquisire delle credibilità cronologico-contenutistica del lavoro di Ross, ma sono dei cattivoni guastafeste e noi li ignoreremo).