La bambina che forse non viveva con le scimmie
Nei giorni scorsi ha fatto il giro del mondo la storia di una bambina, di circa dieci anni, trovata a gennaio nelle foreste dell’Uttar Pradesh, in India settentrionale. La piccola era stata adottata dalle scimmie e “salvata” dalle forze dell’ordine. La stampa, con un richiamo forse evitabile alla letteratura britannica dell’Ottocento, l’ha soprannominata “Mowgli” (per analogia con il protagonista dell Libro della giungla di Kipling, allevato dai lupi), e ne ha diffuso senza troppi riguardi foto e video.
Peccato che sia, molto probabilmente, un’esagerazione giornalistica, almeno per la parte secondo cui avrebbe vissuto tutta la sua vita con le scimmie. La bambina era stata in effetti trovata sola dalle forze dell’ordine della zona: secondo alcune fonti giornalistiche nuda e incapace di camminare se non a quattro zampe, mentre secondo il capo della polizia Sarvajeet Yadav vestita e comunque in grado di camminare eretta. E non è stata scoperta in mezzo alla giungla, magari in compagnia delle sue “scimmie adottive”, bensì lungo una strada che costeggia la riserva naturale di Katarniya Ghat.
I medici che l’hanno avuta in cura si sono ormai convinti che non sia stata cresciuta dagli animali, ma che sia stata abbandonata dai genitori perché affetta da disabilità fisiche e mentali. Non è possibile sapere quando questo sia avvenuto, e quanto tempo abbia passato la bambina da sola. E’ però improbabile che siano passati anni dal suo abbandono (sempre secondo Sarvajeet Yadav, sarebbero passate al massimo 24 ore prima del suo ritrovamento), anche perché, secondo quanto riferiscono le autorità, la zona è tenuta sotto controllo da rangers e telecamere CCTV che non hanno mai ripreso nulla di anomalo. In ospedale la bambina si è dimostrata in grado di camminare usando la postura eretta, di pronunciare alcune semplici parole e di compiere comune azioni di “vita quotidiana” (come bere da un bicchiere), che fanno escludere sia vissuta da sempre con animali. L’abbandono di minori è purtroppo una pratica ancora diffusa in alcune zone dell’India, soprattutto se di sesso femminile; per diverse famiglie, infatti, le bambine sono viste come un peso, tanto più se affette da problemi fisici o mentali.
Ma allora perché un semplice caso di abbandono è diventato subito per la stampa la testimonianza di una piccola “Mowgli”? Forse perché nel nostro immaginario è ben presente la figura dei “bambini inselvatichiti“, che hanno riempito libri e leggende da secoli.
Un fascino che spesso ci fa cadere preda di bufale costruite ad hoc: nel 2008, ad esempio, il quotidiano belga Le Soir condusse un’inchiesta sul best seller “Sopravvivere coi lupi“, di Misha Defonseca, una donna ebrea che secondo la sua autobiografia sarebbe stata adottata da una coppia di questi animali, negli anni del secondo conflitto mondiale. Il giornale si accorse di alcuni particolari che non tornavano, e alla fine Misha dovette ammettere di essersi inventata tutto.
Ma non si tratta dell’unica bufala in questo campo. E’ il caso, ad esempio, del bambino-gazzella siriano, che si diceva trovato dall’esercito iracheno negli anni ’50; o quello di Kronstadt, un ragazzino affetto da ipertiroidismo che alla fine del 1700 veniva messo in mostra per denaro; o infine le sorelle Amala e Kamala, trovate nel 1920 vicino a Calcutta, che si presumeva fossero stata allevate dai lupi: gli storici che si sono occupati del caso, però, sono convinti che si trattasse di bambine affette da disabilità, e la loro storia inventata per raccogliere soldi per l’orfanotrofio in cui vivevano.
Le investigazioni sulla trovatella indiana sono ancora in corso, e si sta cercando di identificare chi e quando possa averla abbandonata; ma è possibile che anche la sua storia dovrà presto essere aggiunta all’elenco.
Foto di juliezkoven0 da Pixabay