Quando lo Sputnik (non) cadde in Piemonte
Giandujotto scettico n° 1 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
Il 4 ottobre del 1957 i sovietici cambiarono il mondo. Riuscirono a mettere in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, una palletta di 84 kg, e il mondo oscillò tra la paura e l’entusiasmo. Queste emozioni altalenanti si concretizzarono in un periodo di spasmodica attenzione per il cielo: si apriva un periodo in cui l’inseguimento ottico dei satelliti era fondamentale, e in cui milioni di persone cercavano di scorgerne il transito.
Ma questi sentimenti si tramutarono ben presto in una psicosi collettiva che colpì tutto il mondo; nessuno ne ha misurato le proporzioni, ma in coincidenza con le prime orbite fatte dai velivoli sovietici, a partire dagli Stati Uniti molti Paesi furono investiti da enormi ondate di avvistamenti UFO.
A questa smania da disco volante si mescolò in maniera stretta la psicosi da satellite. Tutti li scorgevano, tutti li temevano, tutti li vedevano ricadere al suolo, dall’America, alla Francia, alla Germania, all’Egitto, al Pakistan… E intorno alla mania degli Sputnik sorgevano dicerie, storie di ogni genere, iniziative improbabili, scherzi.
Avvenne anche in Italia. A Brescia si vendevano tute anti-satellite contro le radiazioni, Napoli e la Campania precipitarono nella mania collettiva degli avvistamenti dei presunti Sputnik, la caduta copiosa di ragnatele di aracnidi migratori in Lomellina e nell’Alessandrino fu attribuita agli ordigni, mentre da più località partivano gli allarmi per le presunte cadute: fu il caso di Tromello (Pavia) il 28 ottobre e di Cassago Brianza (Lecco) il 3 novembre. Il 2 dicembre si vociferò che un frammento di Sputnik fosse caduto anche a Roma.
Ma ne fu toccato anche il Piemonte: conosciamo almeno due “cadute di Sputnik”, a Castello di Annone (Asti) e a Cerano (Novara).
Il 29 novembre il “Corriere d’Informazione” titolava infatti: “Un falso Sputnik ferma il traffico”. L’allarme era stato dato da un automobilista, che aveva avvistato lo strano oggetto in un campo alle porte di Castello di Annone. Si trattava, scorsa aecondo il giornale, di un “siluro, lungo circa tre metri e conficcato nel terreno, e dalla estremità del quale usciva del fumo”, con per di più “alette di direzione” e “scritte indecifrabili”. Ben presto si creò una folla di curiosi che osservava il razzo senza osare avvicinarsi, e venne bloccata la statale Torino-Genova. Poi il portalettere del paese si avvicinò all’ordigno e scoprì il trucco: si trattava semplicemente di un tubo in eternit verniciato, in cui qualcuno aveva nascosto degli stracci in fiamme, dando così l’impressione di un oggetto appena atterrato dallo spazio.
Ma ancor più eclatante era stato il caso di Cerano, verificatosi il 12 novembre. Qui il presunto Sputnik era stato trovato alle 6,30 di mattina da un uomo, in un campo vicino alla sua abitazione: si trattava di una “palla” di cinquanta centimetri per sessanta, con antenne e un rivestimento sulla sommità. Così lo descrisse La Stampa del 13 novembre:
“Di forma quasi sferica, d’un colore quasi argenteo, munito di due strane antenne, l’ordigno emetteva suoni intermittenti, come trasmessi da un apparecchio radio. Due stelle rosse, una formula misteriosa K.Y.1, chiusa fra due teschi corredati di tibie finirono per sconvolgere il signor U. che volò ad avvertire le autorità.”
Anche questa volta i carabinieri bloccarono la zona e si creò subito una processione di curiosi, ma in questo caso la folla raggiunse il migliaio di individui – tra contadini e maestre che portavano gli alunni a vedere lo “Sputnik”. Poi giunsero i giornalisti, la radio e i Vigili del Fuoco:
“La vita si può dire che in paese, stamattina, si è fermata. Persino i lavoratori delle fabbriche hanno preferito portarsi nei pressi del “satellite” anziché negli stabilimenti. Verso mezzogiorno sono incominciate a giungere in lunghe teorie macchine da ogni dove, dal Basso Novarese ed anche dalla vicina Lombardia. Ormai corrono le voci più disparate. Il guardiano di uno stabilimento tessile ha assicurato di aver visto alle 1,25 di stanotte uno strano oggetto luminoso attraversare da sud-est a nord-ovest il cielo di Cerano”.
Alle 15 arrivò da Torino uno specialista del Comiliter (Comando Militare Territoriale), e anche in questo caso la beffa fu confermata. Si trattava di una damigiana a cui era stato segato il collo e che era stata poi verniciata con polvere di alluminio; all’interno era stato messo un vibrafono alimentato da una pila, che emetteva i suoni intermittenti. L’oggetto venne portato via dai militari nella delusione di tutta la folla, che sperava davvero di aver a che fare con il satellite sovietico:
“Su Cerano si sono aperte le cateratte del cielo, un po’ del mistero che regna lassù si riverberava anche sul quieto paesino, tutti si sentivano fieri che il destino avesse scelto proprio il campo del signor U. per farci cadere un pezzo di missile.”
Una burla architettata da tre ragazzi, i cui nomi però non vennero mai fuori.
Nel complesso, anche le vicende delle “cadute” piemontesi paiono suggerire che – più che paura – i primi Sputnik generarono eccitazione, senso della novità, voglia di sdrammatizzare. Anche nell’austera terra sabauda.
Foto di Sean Foster da Unsplash