La sirena del Po ‐ o, gli spiriti fischianti di via Monferrato a Torino
Giandujotto scettico n° 3 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (18/01/2018)
Una storia da trionfo dello spiritismo fin de siècle, particolarmente piacevole per la qualità dei resoconti e per la piccola controversia giornalistica che generò, è quella che in piena estate del 1899 ebbe per teatro il centro di Torino.
A metà giornata di mercoledì 2 agosto gli abitanti del palazzotto del n. 4-6 di via Monferrato, un edificio tuttora riconoscibile a poche decine di metri dalla chiesa della Gran Madre, cominciarono a sentire nell’aria un fortissimo fischio intermittente. Era, secondo La Stampa, come quello “delle giostre di Carnevale in piazza Vittorio o i vaporetti in certi porti.”
La sera il sibilo cessò, ma quando, alle 6 del mattino dopo, “l’urlo-fischio” riprese a farsi sentire, gli abitanti dell’edificio si spaventarono. A quel punto alcuni di loro andarono alla sezione di Polizia del quartiere di Borgo Po, e la Questura intervenne.
La cosa diventò di dominio pubblico il giorno 6 con un articoletto de La Stampa dai toni ironici: di che cosa poteva trattarsi? Di “una sirena nel Po”, che scorre lì vicino, oppure di “spiriti fischianti”?
Solo il 7, però con una cronaca assai più vistosa, il maggior quotidiano torinese diede enfasi alla vicenda. I dettagli erano diventati assai più scoppiettanti. Un giornalista si era infatti recato sul posto ed aveva scoperto una serie di racconti “paranormali” ben più complicati, tutti ambientati in quella costruzione e con protagonisti i bambini del palazzo, che con le loro storie rubarono subito la scena agli “spiriti fischianti”.
Tanto per cominciare, il cronista spiegava che gli alloggi in cui si sentiva “il terribile urlo-fischio” erano soprattutto quattro, parte dell’ala sinistra del caseggiato. Era un “fischio penetrante e molesto” ma “dal timbro assolutamente umano” che, quando si produceva si udiva “in tutti i punti della casa come se fosse vicinissimo, immediato, senza distanza.”
Ma ecco entrare in scena i bambini. Quando si era udito il primo “urlo”, cinque o sei di loro, di età fra i 4 e 13 anni, giocavano sul pianerottolo e sulle scale. Ne furono terrorizzati e presero a tremare. Sentendo il grido, una signora che riposava uscì sulle scale, e a quel punto si produsse un secondo “urlo”.
Ma qui la storia si complicava: per i bambini quel primo “urlo” era accompagnato da apparizioni fantasmagoriche. Vale la pena riportare i dettagli.
Uno di essi, dell’età di 5 anni, narra di aver veduto sul muro, durante l’urlo, una lunga fila di barbe umane di tutti i colori muoversi in vario senso. Un altro, di 6 anni, dice di aver veduto tutto all’intorno una grande quantità di corna. Una piccina, di 5 anni circa, ha veduto una figura bruttissima vestita tutta di rosso con le corna.
Un ragazzino assai intelligente, di 9 anni e mezzo, il più calmo ed equilibrato di tutti, narra di aver veduto scendere dalle scale un baule, il quale giunto al fondo della scala si aprì, e ne uscì un coniglio bianco che prese correndo la porta – allora socchiusa – delle cantine, e ne uscì ancora un oggetto che non potè discernere, ma che poteva avete la forma di una palla, la quale uscendo dal baule prese la via della porta che dà nel cortile. Il baule poi quando fu presso la porta delle cantine si spalancò totalmente, nel tempo stesso che si spalancava la porta della cantina, e sparì per quella via. Questo giovinetto ha una visione chiarissima dell’accaduto.
Qui poi viene un altro fatto che stabilisce una specie di controllo alla narrazione del giovinetto. Sulla porta che dà nel cortile, stava una donna con un bambino di 4 anni. Questi vedendo una palla uscire dalla porta corse per prenderla, gridando allegramente con lo spirito di possesso dei bambini : «E’ mia!» ma nell’atto di prenderla essa si risolse in un fumo.
Può darsi… che sotto l’impressione del terrore, nelle semplici fantasie dei bimbi si siano ricostruite immediatamente, come avviene nei sogni, le visioni più paurose pel loro temperamento, echi di fiabe o di storielle da focolare; ma certo rivestono un carattere così bizzarro che forse può essere prezioso per gli indagatori di simili fatti psichici.
Insomma, gli “urli” in realtà erano la parte in apparenza constatabile da una cerchia più ampia di adulti e di persone di varia estrazione, di una ben più vasta gamma di visioni fiabesche, oniriche, patrimonio esclusivo di bambini e preadolescenti. Quale fosse il rapporto fra queste dinamiche oggi ci sfugge.
C’erano poi altre spigolature: l’urlo era stato udito anche da un funzionario di Polizia, che ne era uscito impressionato. Un fanciullo doveva essere cambiato ogni volta che il “grido” risuonava, un macellaio lo udiva nella sua bottega più acutamente che nelle botteghe e negli alloggi intermedi rispetto al “centro” del fenomeno, ecc…
Poi, il giorno 6, il fenomeno smise di manifestarsi. Cominciò a circolare la voce incontrollabile che lo spirito fosse passato in una casa vicina. Nei giorni successivi non comparvero più ulteriori notizie circa nuove manifestazioni.
Comunque sia andata, l’impressione è che l’intera storia, come in altri casi, si sia esaurita in un lasso di tempo breve, autoconclusa nelle vicende raccontate in un ambiente confinato come quello di un piccolo caseggiato di fine XIX secolo e delle sue immediate pertinenze.
Il fenomeno destò curiosità e fece scaturire congetture. Emerse un partito razionalizzante, quello ben rappresentato dalla lettera di Felice Cerato, un capitano marittimo di Torino, pubblicata da La Stampa del 10 agosto, secondo il quale si era trattato di un fenomeno acustico dovuto alla trasmissione del suono della sirena di una fabbrica. A lui stesso era capitato durante la navigazione, o in aree portuali, che le persone si spaventassero per il risuonare delle sirene di navi in transito o in esercitazione. Le visioni, invece, erano solo fantasie di bambini.
Tre giorni dopo sul quotidiano comparve la replica di uno spiritista, Edoardo Castagneri, che rigettava come “poco seria” la spiegazione di Cerato (dal momento che nei fabbricati vicini non si sentiva niente) e attribuiva la cosa a “uno spirito leggero, o burlone”. Per quanto ne sappiamo, Castagneri era un impiegato torinese delle Ferrovie e fu anche, oltre che un cultore dello spiritismo (teneva conferenze in città, presso il Dopolavoro di via Sacchi), un attivista socialista.
Comunque, poi tutto cessò.
La centralità della presenza dei bambini, la breve durata degli eventi, il carattere clamoroso dei fenomeni visivi, la natura spaventosa – da iconografia diabolica – di almeno parte di essi, accostano questa storia ad altre epidemie di “visioni” che periodicamente colpiscono nuclei di giovanissimi, e che spesso hanno per teatro ambienti ristretti quali condomini, appartamenti, scuole, parchi-gioco.
A Torino un episodio per certi versi analogo si verificò, sessantotto anni dopo quello di via Monferrato, in una scuola elementare di corso Racconigi, la “Gabrio-Casati”. Per chi volesse approfondire, su Query online è stato pubblicato un riassunto della vicenda.
Foto di Francesco Marino da Unsplash