Giandujotto scettico

Dogliani: la Madonna del salnitro

Giandujotto scettico n° 8 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (29/03/2018)

Tutta colpa della pioggia. Furono le abbondanti precipitazioni estive a far crollare una parete di roccia tra Dogliani e Somano, nel Cuneese, quel 29 giugno 1925. La frana lasciò scoperta una nicchia e svelò un’incrostazione bianca che correva lungo l’arenaria, sopra il rio Gamba. Due pastorelle la videro e si accorsero del “prodigio”: quella “figura bianca in rilievo” somigliava in tutto e per tutto alla Madonna.

La storia del mancato santuario di Dogliani inizia così, con quello che ha tutta l’aria di un fenomeno di pareidolia: la nostra capacità di riconoscere volti e forme conosciute in stimoli casuali, come una venatura del legno o un ammasso di nuvole. Quella figura bianca uscita dalla roccia, in cui alcune persone distinguevano una figura velata con bambino in braccio e coroncina, era probabilmente opera della natura.

Non la pensavano così i fedeli cuneesi che fin da subito iniziarono a portarsi in pellegrinaggio sul luogo della misteriosa apparizione. La voce si sparse e dal 2 luglio il caso prodigioso approdò su diversi giornali: dapprima su La Stampa, poi, con più remore, sui periodici locali – in particolare L’Unione Monregalese e La Sentinella delle Alpi. Sempre il 2 luglio la notizia era giunta oltreoceano, sul Corriere d’America, il quotidiano di New York espressione degli emigrati italiani.

L’8 luglio circa ottomila persone raggiunsero il luogo dell’apparizione, per rivolgere preghiere alla “Madonna della Rocca”. Il sindaco di Dogliani emise un’ordinanza per limitare la velocità dei veicoli lungo la strada e per proibire “canti e schiamazzi”, nonché “la vendita di vino, birra o cibarie”. Le notizie di guarigioni miracolose presero a correre di bocca in bocca. Quasi immediatamente fu costituito un comitato con il preciso compito di erigere un santuario. Durante i rosari si raccoglievano i soldi per dare una “casa” alla Madonna della Rocca.

A non condividere l’entusiasmo generale c’era però la Curia vescovile di Mondovì, sotto la cui diocesi ricadeva il territorio dell’apparizione. L’autorità ecclesiastica prima invitò alla cautela, poi consigliò ai sacerdoti di “prendere le distanze” dai pellegrinaggi. Il 15 luglio, mentre il Comitato raccoglieva le sottoscrizioni, il vescovo diramò un comunicato che dovette certamente raggelare molti entusiasmi:

Viste le relazioni circa l’affluenza di visitatori della bianca macchia scopertasi per franamento il 29 giugno nella collina tra Bonvicino e Somano in territorio di Dogliani, macchia che, per l’altezza in cui si trova, sembra presentare qualche forma di donna con corona, in una nicchia, per il che viene da molti creduta immagine prodigiosamente apparsa della Madonna; fatta esaminare sul luogo da persone competenti la natura della frana, del terreno a tracce pietrose, e di quella figura in bianco; essendo risultato scientificamente che la medesima è un fenomeno naturale di incrostazione, lasciato dalle acque penetrate da tempo attraverso le fessure che determinarono poi il franamento; risultandoci che viene sorpresa la buona fede dei semplici, per cui giunsero interpellanze dalle Autorità civili;

accertato che sorse un Comitato per un futuro Santuario, senza alcun permesso dell’Autorità ecclesiastica; che per di più, senza processo alcuno, sono proclamati miracoli alcuni fatti naturalmente spiegabili, con grave pericolo di esporre al disprezzo la vera devozione alla Madonna; dichiariamo nulla risultare che abbia note soprannaturali sia nella figura bianca scopertasi il 29 giugno, sia nel miglioramenti di infermi, che si dicono guariti per miracolo.

Il comunicato si concludeva con l’appello ai parroci di istruire i fedeli in questo senso, e di verificare (e poi comunicare alla Curia) tempestivamente le presunte grazie. Proibiva inoltre questue per il pilone o il futuro santuario.

Nel 1995 la scuola media “Luigi Einaudi”, che ha sede nella cittadina cuneese, curò la pubblicazione del volumetto “La Madonna della Rocca di Dogliani – 1925” in collaborazione con il locale Museo Storico Archeologico “Giuseppe Gabetti”. Conteneva il lungo carteggio tra parroco, podestà e Commissione, andato avanti per quasi dieci anni. Grosso modo, fino all’8 settembre 1935, quando arrivò il responso definitivo del Tribunale ecclesiastico: inesistente il prodigio, “un puro fenomeno di incrostazione salnitrosa”.

Secondo il regime giuridico del tempo, che alla dittatura univa la natura di religione di Stato del Cattolicesimo, il comitato fu sciolto per ordine del prefetto di Cuneo e i lavori per il santuario bloccati. I fedeli liquidarono la ditta che aveva iniziato i lavori ma al contempo scrissero al vescovo: “qualcuno, più in alto di noi, vede e disporrà”. Obbedienti alla Curia, ma non persuasi. Nel già ricordato volumetto del 1995 è riportata la testimonianza dell’ultimo membro rimasto in vita del comitato, ancora convinto della natura sovrannaturale del fenomeno.

Se la verità sarà stata un’altra, sorrideremo della nostra terrestre ingenuità e diremo alla Santa Vergine: “Abbi pazienza”

Ma il culto della Madonna della Rocca non si è ancora spento del tutto. La Stampa del 19 febbraio 2017 racconta di una devozione popolare sommessa, continuata negli anni:

I rovi coprono, nei decenni, la rupe. Ma la devozione non si spegne, tanto che i vigili del fuoco, vista l’affluenza, mettono in sicurezza il sentiero. I fedeli, soprattutto gli anziani, non dimenticano. Lo testimoniano i lumini accesi in un giorno qualunque, gli ex voto di fattura moderna, i fiori freschi. E la messa affollata che, a metà agosto, si celebra la sera.

A segno di delusione ancora viva per quel santuario mai nato e per la mancata gloria cittadina, l’articolo più recente del quotidiano torinese fa ancora dire all’ultimo membro del comitato:

Il figlio del podestà […] ci disse che, se la vicenda fosse accaduta poco più su, a Somano, diocesi di Alba, il santuario si sarebbe fatto. Invece Mondovì aveva già la sua basilica a Vicoforte e non ne voleva un’altra.

Come a dire: è tutto un complotto, signora mia.

Foto di Hans da Pixabay