La scienza al servizio della politica? Il caso degli “attacchi acustici” ai diplomatici USA
Recentemente si è tornati a parlare del presunto “attacco acustico” ad alcuni membri dell’ambasciata americana a Cuba. La vicenda era stata al centro della cronaca nel 2017; nel marzo 2018 era stato pubblicato un articolo sulla rivista scientifica JAMA che sembrava confermare un effettivo danno fisico ai diplomatici coinvolti. Abbiamo intervistato il neuropsicologo Sergio Della Sala, docente all’Università di Edinburgo e presidente del CICAP, che ha recentemente evidenziato alcuni problemi nel paper di JAMA.
Cominciamo dal principio. Ci riassumi un po’ la vicenda?
Volentieri. Avrete forse sentito della crisi diplomatica tra gli USA e Cuba, connessa ad un non meglio identificato “attacco acustico” all’ambasciata americana a L’Avana. La vicenda, che non si è ancora risolta, è riassunta anche su Wikipedia. Verso la fine del 2016 alcuni diplomatici USA hanno incominciato ad accusare sintomi di malessere generici: mal di testa, difficoltà di concentrazione, perdita di memoria, capogiri, problemi d’udito. Questi sintomi si verificavano contemporaneamente alla percezione di strani suoni o rumori di intensità e tipologia variabile. Il numero dei cittadini USA a L’Avana apparentemente affetti da questi sintomi è cresciuto nei mesi successivi, fino a superare la ventina. Le autorità americane hanno dato la responsabilità agli effetti di una sconosciuta arma sonica, che con precisione prenderebbe di mira i diplomatici USA a Cuba.
Una vicenda che ha coinvolto anche la politica…
Sì. Trump ritiene i cubani responsabili dei malori sofferti dai diplomatici USA. Verso la fine del 2017, per rappresaglia, due diplomatici cubani sono stati espulsi dagli USA, il personale dell’ambasciata USA a L’Avana è stato ridotto al minimo indispensabile e i viaggi a Cuba caldamente sconsigliati ai cittadini americani. Le autorità cubane negano qualsiasi “attacco”, chiedono di fornire evidenze, e a loro volta accusano l’amministrazione USA di usare questa vicenda come pretesto per restringere gli scambi tra i due paesi. Esperti neutrali dichiarano che una simile arma sarebbe irrealizzabile, e più fonti propongono diagnosi psicosomatiche di gruppo, come isteria di massa. Insomma, si è arrivati ad una vera e propria crisi diplomatica.
Cosa ne dice la scienza medica?
A fine marzo 2018 il prestigioso JAMA pubblica un articolo in cui riporta la storia clinica di 21 diplomatici USA di stanza a L’Avana che riportavano i sintomi degli “attacchi acustici”, confermando l’esistenza di questi sintomi soggettivi e supponendo l’esistenza di una nuova sindrome, che produrrebbe effetti simili a quelli di un lieve trauma cranico, ma in assenza di qualsivoglia segno neurologico o neuroanatomico di alterazione cerebrale. Un editoriale di accompagnamento testimonia come anche nel passato nuove sindromi siano state identificate partendo da osservazioni aneddotiche. L’articolo di JAMA però va oltre, affermando che le uniche sei persone che sono state esaminate più a fondo dimostrerebbero tutte segni oggettivi di malfunzionamento cerebrale. Infatti tutti e sei presenterebbero problemi cognitivi. Come spesso è il caso, però, il diavolo si nasconde nei dettagli. E qui ci riallacciamo alla nostra critica.
Tu hai pubblicato su Cortex, insieme a Roberto Cubelli, un articolo fortemente critico della ricerca di JAMA. Ce ne parli?
Nell’articolo di JAMA si fa riferimento al fatto che i sei diplomatici esaminati presentavano deficit cognitivi. I dati vengono riassunti sommariamente ed esposti in termini di percentuali di deficit. I lettori sono indotti a credere che con una sostanziale ed adeguata indagine le persone esaminate presentassero problemi in vari domini cognitivi, tra cui memoria, attenzione, percezione, linguaggio, ragionamento e velocità di elaborazione. Ma un quadro più completo si evince da un documento pubblicato solo on-line, che pochi studiano; si tratta dei cosiddetti Materiali Supplementari. Spesso gli articoli scientifici sono accompagnati da documenti secondari che riportano i risultati più in dettaglio e specificano i metodi usati per ottenere questi risultati. Ebbene, da questo documento si scopre che le sei persone esaminate, e risultate “patologiche”, sono state testate con 37 test diversi, e che un punteggio ad uno qualunque di questi test inferiore al 40esimo percentile li avrebbe classificati come patologici. Cerco di chiarire: significa che ogni 10 persone esaminate 4 risulterebbero patologiche per ogni test. Siccome i test sono 37 ne deriva che chiunque risulterebbe patologico! Per ribadire meglio il concetto, insieme ad un mio collega di Edimburgo, Rob McIntosh, abbiamo sottoposto i dati dell’articolo di JAMA ad una simulazione statistica, pubblicata sul Journal of Neurology. Abbiamo ripetuto questa simulazione mille volte; tutte le volte il risultato è che chiunque fosse esaminato con questi parametri, sarebbe classificato come “patologico”.
In altre parole, i deficit riscontrati nei sei diplomatici esaminati sono il frutto di un trucchetto statistico elementare…
Precisamente. Trovate ulteriori informazioni sul blog di Neuroskeptic. L’editoriale di accompagnamento enfatizza come questa supposta nuova sindrome sia un mistero. Noi riteniamo che il vero mistero è come sia possibile che un articolo così chiaramente fuorviante sia passato tra le maglie dei revisori di una rivista così prestigiosa. Gli autori dichiarano che il loro lavoro è stato sostenuto dal Governo USA. Che sia un caso di scienza asservita alla politica?
Qualunque sia il vostro giudizio sull’intera vicenda, la storia getta una luce piuttosto sinistra sui controlli scientifici che sbanderiamo come baluardo della trasparenza scientifica. E’ naturalmente solo un caso, e rappresenta un’eccezione nel vasto panorama delle pubblicazioni scientifiche. Ma ci induce a ritenere che dobbiamo tenere sempre gli occhi bene aperti perché la fonte non è necessariamente garanzia di correttezza metodologica.
Immagine in evidenza: L’Avana, di alexrojas2990, da Pixabay
Considerazioni: 1) potrebbe essere, in quanto esistono dispositivi ad ultrasuoni o a infrasuoni in grado di produrre danni se gli organi uditivi restano esposti. E, soprattutto, potrebbero esserne stati sviluppati per uso militare e/o criminale, e non pubblicizzati. 2) Difficile che il Governo Cubano, che sembra interessato a mantenere rapporti, specialmente economici, con gli USA, abbia attuato l’ attacco, se c’è stato. Colpire una 20na di persone appartenenti al Corpo Diplomatico significa volersi far notare ad ogni costo. Più facile che l’ attacco sia partito da Stati esteri che non gradiscono il riavvicinamento Cuba-USA. E on dimentichiamo che all’ epoca dei fatti Trump non era ancora Presidente. Altri attaccanti potrebbero essere oppositori interni al Regime Cubano. 3) Non si tratta di un lavoro scientifico pubblicato su JAMA, ma di una COMUNICAZIONE PRELIMINARE, di uno studio più serio. Forse riuscirei a farmene pubblicare una anche io. Chissà perché, mi ricorda la Comunicazione Preliminare del lavoro su un fluido tissotropico che potrebbe imitare il Sangue sempre giovane attribuito a San Gennaro Vescovo, pubblicato su Nature da Garlaschelli, Ramaccini e Della Sala, e poi pubblicata come lavoro scientifico su un’ altra rivista inglese (Chemistry in Britain). Ma sul Web la leggenda metropolitana che lo studio sia stato pubblicato da Nature persiste.
Conclusion: perchè avete deciso di pubblicare una critica al lavoro su una altra rivista, a minor Impact Factor, anziché scrivere direttamente a Jama? Ve l’ avrebbe pubblicata, non come articolo scientifico, ma per quello che è: una critica.
Caro Aldo, l’esempio mi sembra un po’ una forzatura; soprattutto considerato che lo studio di Garlaschelli ha permesso di replicare il comportamento delle ampolle del sangue di San Gennaro, con tecniche disponibili nel medioevo e esteticamente identico. Uno studio può non essere pubblicato per mille ragioni. Pensare che non l’abbiano pubblicato perché possa essere fatto male è poi errato; ci sono un sacco di lavori fatti male che vengono pubblicati anche su riviste prestigiose, come dimostra la review del NHMRC australiano sull’omeopatia.
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