Il bambino chiaroveggente: una leggenda di guerra
Giandujotto scettico n° 15 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (05/07/2018)
Un bambino eccezionale, di cinque anni – per giunta sordomuto – che durante la Seconda Guerra Mondiale fa due previsioni sconvolgenti, entrambe rivelatesi poi esatte: il ritorno del padre dalla guerra e la successiva morte della madre.
Chi era questo personaggio? Dove viveva? Che cosa significano i vaticini che emetteva?
Il Giandujotto scettico ha provato a dare una sua interpretazione di questa storia che per qualche tempo mise a rumore il sud-ovest del Piemonte. Ne parlò diffusamente Stampa Sera, l’edizione pomeridiana de La Stampa, con due corrispondenze inviate all’inizio del 1942 dal teatro dei “fatti”. Gli articoli sono firmati “M. I.”, che all’epoca doveva essere il corrispondente del quotidiano per la Provincia Granda. L’anno seguente al caso del bambino chiaroveggente, M.I. riferirà in toni esagerati degli arcobaleni di Mondovì, di cui ci siamo già occupati.
Certo è che quando la voce giunse all’onore delle cronache doveva circolare già da tempo. La forza con cui la storia era trasmessa era tale che il nostro giornalista passò un’intera giornata “sul campo” per cercare di venirne a capo. Si diceva che il bambino vivesse a Chiusa di Pesio, e quindi M. I. si recò lì, ma solo per sentirsi dire che il veggente abitava in realtà a Beinette o a Peveragno, più vicino al capoluogo. Ulteriori informazioni lo facevano propendere per Beinette, ma è inutile dire che in concreto il fanciullo non fu mai individuato.
Il nucleo principale della leggenda fu presentato dall’edizione di Stampa Sera del 13-14 gennaio ’42:
Le versioni del fatto, pur essendo uguali nella loro sostanza, differiscono rispetto alla ricchezza di particolari. Certo è che la strana storia viene narrata con una commozione mista a incredulità da alcuni, da altri come un fatto del tutto comune. Il fenomeno è circoscritto alla vita modesta di una famigliola. Il padre da parecchio tempo è stato dichiarato disperso. La madre vive con un bambino di appena cinque anni. Il fenomeno si riferisce appunto a questo bambino di appena cinque anni.
Il 21 dicembre scorso questo fanciullo diceva alla mamma queste testuali parole: “fra tre giorni arriverà papà!”. Alla sera della vigilia di Natale il bimbo tanto insisteva su questa sua affermazione che la madre, forse più per accontentare il figliuolo nella sua dolce illusione, decise di apparecchiare per un posto in più la tavola. La madre e il bimbo stavano già per mettersi a pranzo quando improvvisamente giunse il caro congiunto. Ciò che avvenne in quella sera è meglio immaginarlo che descriverlo.
Pochi giorni dopo, il padre disse in famiglia che in settimana avrebbe dovuto assentarsi per qualche giorno. Tralasciamo di dare particolari o ricercare le cause di questa assenza prospettata del capo di famiglia. Fatto sta che il giorno seguente a quello in cui il padre aveva fatto la dichiarazione, il ragazzino prese in disparte il papà gli ebbe a dire: “papà, non andar via. Fra tre giorni muore la mamma”. Il babbo lo redarguì vivacemente. Decise tuttavia di rimandare la partenza.
Passarono due giorni di logica trepidazione per il brav’uomo e nessuno pensò alla possibilità di un sì tragico evento, perché la madre del fanciullo godeva ottima salute. Il terzo giorno, però, secondo le previsioni fatte dal bambino, la buona donna morì, improvvisamente colpita da sincope cardiaca.
Mentre nel primo caso è reso esplicito il motivo per il quale il padre è assente (la guerra, dalla quale rientrerà vivo con l’annuncio del bambino), il motivo della seconda assenza, stavolta volontaria, è celato dal narratore. Subito dopo questo omissis, segue l’annuncio di morte della madre, che si compirà in parallelo rispetto al primo vaticinio.
M.I. credeva nel paranormale, perché nella sua prima parte la vicenda gli era sembrata un “normale caso di di telepatia” fra padre e figlio. Ma la predizione della morte della madre – per la quale, scriveva, non c’era stato nessun pensiero che potesse far scattare il supposto collegamento psichico – gli faceva pensare a qualcosa di “soprannaturale”.
In questo modo, il bambino chiaroveggente, già così ambiguo nella sua natura, diventava pian piano una specie di profeta “divino”. Questa trasformazione si compirà pochissimo tempo dopo il primo articolo di Stampa Sera.
Non erano infatti passati due giorni dal viaggio a Chiusa di Pesio che M.I. si rimise in caccia, stavolta spostandosi in una zona più a nord delle precedenti, quella di Trinità, nel Fossanese.
Scrivendone su Stampa Sera del 15-16 il giornalista spiegò che non era riuscito nemmeno stavolta a individuare il protagonista della storia, ma che ne aveva comunque parlato con un certo Mario Fornara, un soldato che stava rientrando a Trinità in licenza via treno da Milano. Mentre era su un convoglio della linea Torino – Cuneo, nei pressi di Trofarello, un uomo di età avanzata che parlava il dialetto di un’alta valle del Cuneese gli aveva narrato anche lui la storia del bambino.
Proprio a questo punto la storia subiva il vero transito verso il soprannaturale: il bambino, infatti, era sordomuto e nella vita aveva parlato solo due volte, ossia nelle due occasioni nelle quali aveva predetto il futuro. La storia in quel periodo però circolava anche a Mondovì e a Cuneo, al bar Barolino… Insomma, aveva tutte le caratteristiche di quella che oggi definiremmo una leggenda metropolitana – una leggenda di guerra.
Come tale, potrebbe inserirsi in quella lunga tradizione di annunci di sventura (perché questo è un annuncio di sventura) emessi senza alcun motivo da un innocente o da una persona di rango sociale modesto. Un esempio: quello citato dal giurista francese Pierre Boaistuau (1517 ca.-1566) nelle sue Histories Prodigieuses (1560), circa un giovinetto che faceva da servo di un nobile e che annunciava la morte della madre distante. In questo quadro quello che interessa è la figura del testimone poco attendibile (il bambino, il disabile, il menomato) che per vie non normali diventa annunciatore straordinario. Proprio come nella vicenda che abbiamo toccato oggi.
Il secondo filone in cui si inserisce questa vicenda è quello, comunque meno importante nella narrazione, del rientro non annunciato del soldato in pericolo, con conseguenti manifestazioni straordinarie di giubilo e reazioni emotive spinte sino allo svenimento. Oggi questa tradizione ha assunto forme narrative diverse dal passato: nella cultura americana, ad esempio, è frequentissima l’organizzazione di rientri “a sorpresa” di militari in servizio all’estero, raccontate di solito nella forma di video che sovente assumono diffusione virale.
Comunque sia, la nostra storia piacque. Il racconto superò i confini regionali e il 17 gennaio ’42 giunse sul Corriere della Sera, che confermò che circolava sia intorno a Cuneo sia nel Monregalese, sia a Carrù (gli abitanti si attribuivano la residenza del bimbo meraviglioso), sia a Boves sia in altri luoghi vicini. Tutti, curiosamente, parevano reticenti nel dare indicazioni precise sulla famiglia protagonista del prodigio.
Il Corriere della Sera però innestò sul tronco del nostro racconto un ramo ulteriore. Chi scrisse quel pezzo lo collegò ad una seconda vicenda narrata poco tempo prima nelle stesse zone: sembrava che un certo Giuseppe Lanza, quarantottenne abitante in una frazione dell’Alto Monregalese, rientrato da non molto dalla Francia, l’8 luglio dell’anno precedente avesse predetto con precisione la morte del padre.
Per il Corriere questo collegamento diventava l’occasione per spingere ancora più in là l’intreccio e per aprirlo verso un possibile sequel: forse il vero veggente non era né il bambino misterioso né il Lanza, ma “un altro che voleva mantenere l’incognito” e che si trovava da quelle parti. Prima o dopo sarebbe saltato fuori, dando “prove più concrete delle sue speciali facoltà divinatorie”.
Questo non avvenne, però segnaliamo, nel vastissimo settore delle “profezie” legate ai due conflitti mondiali del secolo scorso, una storia francese risalente alla Grande Guerra che mostra analogie sorprendenti con quella cuneese del 1942.
La narrazione comparve il 12 aprile 1915 sul quotidiano parigino Le Journal des débats, che peraltro riportava sovente racconti di questo genere.
Gli abitanti di una località del nord-est sono, a quanto pare, assai emozionati dalle rivelazioni di una bambina del paese che avrebbe annunciato alla sua famiglia tre avvenimenti due dei quali si sono puntualmente realizzati e il terzo dei quali, riguardante la fine della guerra, spiega l’emozione che ci è stata segnalata. Ecco i fatti:
Nella notte fra la domenica delle Palme e il lunedì, una bambina di circa sette anni svegliava, chiamandola, la madre, che accorreva al suo lettuccio. Ancora semiaddormentata, la bambina rispondeva alle domande della madre: “mamma, ho appena visto la Santa Vergine che mi ha detto che sto per morire, che entro tre giorni avremo la notizia che papà è rimasto ferito e che la guerra finirà in maggio”. E in effetti, tre giorni dopo giungeva via posta la notizia della ferita del padre e la bimbetta moriva nella stessa giornata.
Il nostro corrispondente, che appartiene alle truppe che operano nella regione, aggiunge che unità automobilistiche hanno compiuto un’indagine in questo villaggio, che dista qualche chilometro dalle nostre posizioni. I fatti sono rigorosamente esatti. Resta da controllare la terza affermazione: quella sulla fine della guerra in maggio.
Questo racconto è da inquadrare nell’ambito delle leggende di guerra e delle numerose profezie che circolavano all’epoca sulla fine del conflitto, possibilmente in tempi rapidi – un riflesso, probabilmente, del desiderio che la Grande Guerra finisse presto. Tuttavia le similitudini col “bambino chiaroveggente” cuneese sono evidenti, anche se questa volta l’annuncio di morte colpisce la veggente e non la madre.
Come in altre storie del genere, nella versione francese le prime due profezie – rivelatesi esatte – fungono da “garanzia” perché anche l’ultima possa considerata veritiera. Un espediente letterario comune fin dai tempi antichi (pensiamo alle tre streghe di Macbeth). Analogamente, durante la Seconda Guerra Mondiale (e in particolare nel periodo successivo all’attacco giapponese a Pearl Harbour) negli Stati Uniti girava una leggenda riconducibile al complesso dell’autostoppista fantasma.
Un uomo aveva dato un passaggio a un’anziana signora, che aveva profetizzato: “entro oggi ci sarà un cadavere nella tua auto, e Hitler sarà morto entro sei mesi”. La vecchina era poi scomparsa, ma il guidatore quel giorno si era trovato ad assistere a un incidente e a trasportare un ferito verso il più vicino ospedale; la vittima era però spirata durante il viaggio, avverando così la prima parte della profezia e rendendo in qualche modo credibile l’annuncio della fine di Hitler entro breve tempo.
A Milano, invece, cinque mesi dopo la nostra entrata in guerra si diceva che una vecchietta avesse azzeccato con esattezza la somma che il bigliettaio aveva in cassa in quel momento ma che insieme avesse formulata una previsione ben più importante, quella secondo la quale la guerra sarebbe finita entro tre mesi. Fonte prima di questa storia dovrebbe essere il quotidiano milanese Il Secolo in un’edizione intorno al 20 novembre 1915.
Ieri nel pomeriggio tra un gruppo di passeggeri viaggianti sopra un tram milanese si accese una discussione – dove e quando non si discute sull’argomento? – sulla guerra e sulla possibile durata delle ostilità. Una vecchia popolana – capelli bianchi, volto rugoso le mani stecchite; spalle ravvolte in uno scialle variopinto – intervenne ad un certo punto nel dibattito per esprimere la sua opinione. – Avete torto tutti, disse: la guerra sarà finita fra tre mesi. Ve lo posso assicurare… La dichiarazione ebbe un’accoglienza assai allegra tra l’uditorio. Ma la vecchia doveva sbalordire gli increduli poco dopo esclamando: – E’ tanto vero quello che io affermo come è vero che, in questo momento, il bigliettario di questo tram ha nella borsetta né un soldo di più né un soldo di meno di diciassette lire e cinquanta centesimi…
Il bigliettario fu chiamato dai passeggeri e, per poter meglio ridere della profezia dell’ignota, fu invitato a contare il denaro che aveva nella borsa. La vecchia aveva indovinato: nella borsa c’erano diciassette lire e cinquanta centesimi. Un signore presente volle notare il nome della – auguriamolo, almeno! – perfetta indovina assicurandole che, se la profezia si avverasse, le avrebbe dato un segno generoso della sua soddisfazione. (L’Azione, Novara, 26 novembre 1915)
La storia della profezia sulla fine imminente della guerra comparve poi in varie parti d’Italia. Altre varianti circoleranno in Francia nel gennaio del 1917, diverse nei dettagli e nelle collocazioni. Ne segnaliamo solo una, perché giunse in Italia. In questo caso la profetessa era una tranviera e le previsioni azzeccate erano due prima di quella fatidica, la terza: la fine del conflitto il 17 marzo 1917.
Narra il Petit Parisien questo fatterello, che sarebbe avvenuto a Cherbourg: nei giorni scorsi, una signora di Equeurdreville, salita sul tram, tirò fuori un biglietto di banca per pagare i due soldi del suo posto. “Non avete spiccioli?” le chiese la bigliettaia in parola. Alla risposta negativa della viaggiatrice, la tranviera replicò: “Vi sbagliate. Voi avete tre franchi d’argento nel vostro portamonete nella borsetta”. Ed era perfettamente vero. Allora, un ufficiale che aveva assistito alla conversazione, volle sottoporre a una nuova prova l’indovina, e le chiese se poteva dirgli che cosa avesse egli fatto prima di salire sul tram. Senza esitare, la tramviera rispose ch’egli si era recato a depositare alla Banca di Francia una somma di 6000 franchi. E anche questo era vero.
“Giacchè siete una così abile indovina”, domandò l’ufficiale, “potete dirmi quando finirà la guerra?“. Immediatamente la profetessa annunziò la data del 17 marzo prossimo, con grande stupore di tutti i passeggeri. L’ufficiale, pienamente soddisfatto, rimise alla donna il suo biglietto col proprio indirizzo. “Se la vostra profezia si avvera – egli disse – presentatevi da me fin dall’indomani e vi saranno versati 500 franchi, che vi sarete ben meritati. (Corriere della Sera, 21 gennaio 1917 e Il Saviglianese, 25 gennaio 1917)
Due pronostici realizzati, quasi una “garanzia” per il terzo, quello a cui tutti in fondo volevano credere. E chissà che anche nel caso del bambino chiaroveggente cuneese del 1942 la storia non avesse una conclusione simile, una profezia aggiuntiva sulla fine delle ostilità in grado di assicurarne una così vasta eco. Ma che il giornalista, per evitare la censura o accuse di “disfattismo” da parte del regime, aveva preferito non riportare.
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