Giandujotto scettico

Un “ghost riot” a Chieri

Giandujotto scettico n° 17 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (02/08/2018)

Il fenomeno dei ghost riots è tipico della Londra del periodo vittoriano: assembramenti che potevano contare anche su centinaia di persone si raccoglievano per dare la caccia a un fantasma o a un’apparizione misteriosa non meglio definita. Una circostanza che è stata studiata nel tempo da storici e sociologi.

Nell’Inghilterra di fine Ottocento i ghost riots non erano così inusuali, anche perché non era raro che qualcuno si travestisse da fantasma, per compiere crimini o semplicemente per scherzo. Si scatenava allora la caccia, che a volte poteva anche finire male, addirittura con il linciaggio di colui che aveva impersonato lo spirito, o perlomeno con un arresto per disturbo della quiete pubblica. Rimane celebre il caso del fantasma di Hammersmith, in cui un uomo di una ronda anti-fantasmi finì per uccidere un muratore vestito di bianco scambiandolo per l’apparizione cui si stava dando la caccia.

Noi del Giandujotto Scettico stiamo lentamente ricostruendo una serie di ghost riots che si verificarono in Piemonte a partire dal 1881 sino ad oltre la metà del XX secolo. Le nostre piccole ricerche ridimensionano un po’ la sensazione che questo fenomeno fosse caratteristico soltanto dell’età vittoriana o della Gran Bretagna in generale.

Oggi vi raccontiamo la storia curiosa di un ghost riot che si ripetè a distanza di venticinque anni in circostanze del tutto simili in una zona circoscritta del centro storico di Chieri, nel Torinese.

Il 27 settembre 1956 Stampa Sera titolava: “Caccia al fantasma per le vie di Chieri”. E poi, nell’occhiello: “Cinquecento persone armate di randello hanno inseguito invano fino all’alba l’apparizione”.

I presunti fatti sfociati in questa agitazione su vasta scala erano cominciati una sera di circa quindici giorni prima. Una misteriosa figura era apparsa in città, scorta da un’anziana che stava rincasando dopo aver fatto visita a una parente gravemente malata. Raccontava il quotidiano:

La povera donna, che già si trovava in condizioni d’animo piuttosto particolari, alla vista del fantasma subiva un tale “choc” che si abbatteva al suolo svenuta. Sono state necessarie le cure dei medici perché si riavesse.

Quella descritta dall’anziana signora era una figura vagamente umana, alta circa due metri, con il classico lenzuolo calato sulla testa. Un fantasma da cartone animato, si direbbe.

Eppure, la notizia aveva davvero destato inquietudine, anche perché la sera seguente lo spettro si era ripresentato in un’altra contrada chierese. Questa volta era apparso a due donne e un bambino di dieci anni, che si erano spaventati ed erano corsi via. E di nuovo la voce dell’insolita presenza si era sparsa in tutta Chieri, “destando com’è logico molto scetticismo, ma anche un po’ di apprensione”. Un allarme cresciuto con il passare del tempo, tanto che – raccontava Il Chierese del 29 settembre 1956 – in molti non volevano più uscire di casa la sera. Inoltre, a fronte dei due-tre avvistamenti accertati, si erano moltiplicate le false notizie:

In questi casi, com’è noto, di dicerie ne girano a migliaia e sono le più disparate e le più astruse, perché la voce girando di bocca in bocca si allarga, e gigantizzandosi rimane sempre più falsata.

Ad esempio correva voce, secondo il Corriere di Chieri e dintorni del 29 settembre 1956, che quello apparso fosse un “Batù bianch”, un Battuto bianco. Un riferimento alle confraternite dei “Battuti” (altrove chiamati anche “Flagellanti” o “Disciplinati”), molto attive fino a pochi decenni fa, che si rinunivano per svolgere opere di penitenza corporale e spirituale; ogni confraternita aveva la propria “divisa”, che spesso prevedeva una tunica e un cappuccio integrale da indossare sul capo, per garantire l’anonimato al penitente. A seconda del colore del cappuccio o della tunica si potevano avere Battuti neri, rossi o bianchi. L’apparizione apparteneva sicuramente a quest’ultima schiera.

Ma non era l’unica diceria intorno al fantasma di Chieri. C’era chi l’aveva visto bussare ai vetri delle abitazioni al pian terreno, chi lo aveva visto apparire in “vicolo del Portone”: questa volta senza lenzuolo, ma con una camicia fosforescente.

La sera del lunedì, infine – raccontava Stampa Sera – il fantasma era apparso ad un gruppo di giovani della Congregazione Mariana, appena usciti dall’oratorio. E qui si era scatenata la caccia: i giovani, per nulla spaventati, si erano lanciati all’inseguimento. Pochi i dubbi sulla natura umana del fenomeno, dal momento che

Anche il fantasma, rimboccatosi convenientemente l’orlo del lenzuolo, era in grado di correre molto velocemente tanto da riuscire ad eclissarsi nel dedalo dei viottoli di San Giorgio. In conseguenza di questo fatto veniva organizzata la battuta di cui si è detto al principio.

Ancor più categorico era Il Chierese, che non era per niente tenero con il colpevole:

Non c’è da credere né a spiritismo, né ad apparizioni d’oltretomba, come qualcuno stupidamente va dicendo in giro. Se il “Batù Bianch” c’è, questo non è che un povero demente, in cerca di qualche diversivo, ma in cerca pure di qualche buon sacco di bastonate.

Alla caccia avevano partecipato, pare, circa cinquecento giovanotti, armati di “nodosi bastoni”, che si erano opportunamente dislocati nei vari rioni di Chieri. Da lì avevano pattugliato le strade “con un continuo rincorrersi di grida”, che avevano tenuta sveglia gran parte della città. Il Corriere di Chieri e dintorni (che ridimensionava il numero di partecipanti al centinaio) parlava anche di “decine e decine di moto e di auto” unitesi alla caccia.

Quella notte la ricerca era durata da mezzanotte fino alle quattro del mattino circa, ma invano. Il fantasma era ormai scomparso e, liberatosi del lenzuolo, era riuscito con tutta probabilità a raggiungere la propria abitazione. Assembramenti simili si erano ripetuti nel giorni successivi: forse per “chiarire in qualche modo questo preoccupante fenomeno”, suggeriva Stampa Sera. Oppure perché, secondo il Corriere di Chieri, quell’apparizione che in altri tempi avrebbe suscitato terrore si era trasformata in “un diversivo della monotona vita di tutti i giorni, specialmente per i giovani”.

Lo spettro però non era più riapparso; forse si era preso anche lui un bello spavento. Le contromisure invocate dal Chierese (ricovero in manicomio e una denuncia all’autorità giudiziaria per disturbo della quiete pubblica) non vennero applicate. E tutto sommato al misterioso sconosciuto andò bene, perché già anni prima un “batù bianch”, stando al Corriere di Chieri, era stato identificato ed aveva ricevuto “una solenne bastonatura”. Già, perché quello del 1956 non era certo il primo spettro che aveva infestato le vie della città.

Un caso estremamente simile era accaduto venticinque anni prima, nel 1931, nel raggio di poche centinaia di metri dall’apparizione del 1956. Secondo il Corriere della Sera del 21 dicembre, anche all’epoca una “bianca figura ravvolta in un lenzuolo, con in capo un cappellaccio a larghe tese pure bianco”, aveva turbato donne e fanciulli apparendo nella borgata San Giorgio di Chieri, dopo un’analoga avventura a Villastellone. E, denotando una straordinaria continuità tra i fatti del 1931 e quelli del 1956, anche in questo caso il fantasma era stato identificato dalla Stampa come un “battù bianco”.

Il 17 notte, riferiva il quotidiano torinese già il 18 dicembre, era stato arrestato un uomo – “uno squilibrato”, “assai noto per le sue stravaganze” – che poteva aver impersonato il fantasma. Eppure le apparizioni non si erano fermate, la bianca ombra era di nuovo comparsa verso porta Garibaldi, facendo scappare le donne e (si stupiva il cronista) anche gli uomini. Purtroppo non sappiamo come andarono a finire i fatti nel 1931, e che sorte ebbe il buontempone che si divertiva a spaventare i passanti chieresi (perché di questo si trattava, secondo i giornali). Forse, dopo l’interessamento dei carabinieri, decise semplicemente che il gioco non valeva la candela.

E probabilmente fece bene anche lui, perché i ghost riots londinesi insegnano: in certe occasioni il rischio di passare da fantasma finto a fantasma vero è tutt’altro che remoto.

Foto di Nacho Frontela da Pixabay