Misteri vintage

La Madonna mancata di Sassoferrato

Articolo di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo

Erano i primi giorni del giugno 1902, e da un po’ di tempo nelle Marche non si parlava d’altro: sul monte Strega, un’altura di di quasi 1300 metri a breve distanza da Sassoferrato in provincia di Ancona, era apparsa la Madonna.

A vederla per prima, si diceva, era stata una pastorella di dieci anni, certa Bettina Baldassarri, la mattina di mercoledì 16 aprile. Arrampicatasi col gregge sul monte, le era parso di vedere sulla roccia una donna vestita di nero che faceva segni di benedizione. Era quindi scesa a chiamare altri pastorelli, e tutti avevano confermato la visione, che si era ripetuta anche il giorno dopo. Tutti avevano dichiarato di aver visto la Vergine con il Bambino in braccio.

Il popolo aveva identificato due ragazze come “tramite” con l’apparizione. La prima era Rosa Rossi, una diciannovenne della frazione di Regetano che salendo al monte aveva violente convulsioni durante le quali balbettava qualcosa che i presenti interpretavano come un dialogo con la Madonna. La seconda, Rosa Amantini, nativa della borgata di Monterosso, era invece più comprensibile nella sue comunicazioni: di fronte alla rocca delle apparizioni diventava rigida, poi si riprendeva e riferiva ai presenti i messaggi che la Vergine le aveva affidato. In particolare, la Madre di Dio aveva chiesto che sul monte sorgesse un tempio in suo onore i cui proprietari avrebbero dovuto essere varie persone del paese, tutte indicate dalla Madonna – bontà sua – con tanto di nomi e cognomi.

L’apparizione dovette avere parecchio seguito: le cronache parlano di oltre cinquemila fedeli accorsi sul monte, molti anche dall’Umbria, e di malati che venivano portati sul luogo sperando in una guarigione. La gerarchia cattolica però taceva e Rocco Anselmini, vescovo di Nocera Umbra e quindi competente per territorio, con telegramma circolare aveva invitato alla calma i parroci del circondario, dato che l’apparizione non era stata “ancora constatata” dall’autorità ecclesiastica. Invano: i sacerdoti seguivano i fedeli sui luoghi della visione e addirittura il titolare della parrocchia di Sant’Egidio, sotto la cui giurisdizione ricadeva l’altura del monte Strega, accettava di buon grado le numerose offerte “di soldi e di cera”.

Sui quotidiani la notizia aveva cominciato a girare dal 3 giugno, grazie ad un lancio di agenzia, ma secondo La Stampa e il Corriere della Sera la psicosi in zona era esplosa il primo del mese. Il 4 giugno sul curioso fatto il volle indagare meglio il Corriere della Sera, grazie ad un suo corrispondente, che conosciamo solo come “T.”. L’articolo principale fu quello pubblicato il 6-7 giugno, ma risaliva a due giorni prima. E’ particolarmente rivelatore su quanto in realtà stava accadendo sul monte Strega.

Il cronista descriveva il viaggio che da Sassoferrato lo aveva condotto allo scoglio delle apparizioni: era agevole fino al monte, ma la strada si trasformava poi in un sentiero scosceso, “che richiede straordinaria robustezza di garretti e gran pratica alpinistica”. Ragion per cui – faceva notare il giornale – “i buoni fedeli ascrivono già a miracolo poter raggiungere il punto agognato senza precipitare nell’orrido burrone che si apre su di un piano”. Ma una Madonna val bene un po’ di fatica: l’inviato del Corriere aveva trovato il posto affollato di persone, e tra quelle numerosi “storpi e ciechi”, donne che recitavano i rosari, e fedeli che interrompevano le preghiere urlando “Viva Maria!”, come al tempo delle insurrezioni cattoliche controrivoluzionarie nella Vandea di fine Settecento e nell’Italia centrale dei tempi di Napoleone. La descrizione delle apparizioni era significativa:

Di tratto in tratto salgono nell’aria grida di “eccola, eccola; la vedo, la vedo”, ed allora tutta la fiumana si getta a terra, adorando… Chi? Non saprei dirlo davvero, giacché alla grande maggioranza, me compreso, non è dato ammirare visione alcuna.
“Guardatela, guardatela”, mi diceva stamane una giovinetta pallida dai neri occhioni rilucenti; “eccola lì, fra le candele che ardono sullo scoglio”.
Fisso lo sguardo nel punto indicatomi, ma i miei occhi profani nulla scorgono. Con santa pazienza torno a discendere il monte, mentre sotto la sferza del sole la faccia brucia e la pelle si ricopre di abbondante sudore.
“Non si vede nulla”, van ripetendo i delusi alla folla che sopravviene, ma questa, animata da santo fervore continua a salire lanciando occhiatacce e borbottando tra i denti: “Se capisce, sete della setta!”

A che tipo di “setta” volesse alludere il coro della folla non è dato capire, ma i contrasti fra cattolici e laici, nell’Italia di inizio XX secolo, erano al calor bianco. Meglio andò al cronista la domenica seguente, 1° giugno: circa cinquemila pellegrini, in piena notte, si erano portati sul monte delle apparizioni armati di candele e lanterne. A un certo punto una voce aveva interrotto le preghiere: “Fedeli, allontanatevi di circa duecento metri e spegnete tutti i lumi. La Madonna vuol presentarsi a voi e farà delle grazie”. E qui, dopo il fuggi fuggi generale, qualcosa sullo scoglio si era visto davvero:

Ottenutasi una calma relativa, sulla sommità dello scoglio guizzano fiamme rossastre a cui tien dietro una viva luce bianca. Quindi, tra un brulichio di punti luminosi, si agita, da destra verso sinistra, per pochi istanti, qualcosa di bianco. Quella parte di popolo che attonito assiste allo spettacolo in posizione favorevole urla e solleva al cielo le mani e comunica l’entusiasmo anche a chi nulla ha veduto. Gli evviva a Maria erompono da mille petti, tra un incrociarsi di singhiozzi e di preghiere alla Vergine.

Lo spettacolo si ripetè uguale un’ora dopo, con tanto di voce che annunciava ai fedeli di allontanarsi. Ma nel gruppo questa volta c’era un falegname, Caio Ciocci, “un intelligente giovanotto” che aveva subodorato qualcosa di disonesto. E che decise di non allontanarsi, ma di andarsi a nascondere in un cespuglio proprio nei pressi dello scoglio. E lì vide… beh, curiosa coincidenza, proprio uno dei “prescelti” indicati dalla Madonna come futuri proprietari del santuario a lei dedicato. Quest’uomo era armato di una candela fissata a un bastone, che veniva alzato e abbassato per creare giochi di luce, mentre qualcun altro sembrava aver vestito i panni della Madonna.

Non riuscendo a frenare lo sdegno il falegname si era subito lanciato verso l’apparizione, ma una mano robusta l’aveva afferrato, minacciandolo di rotolarlo giù dal burrone se non si fosse allontanato. Il giovane a quel punto scese lo scoglio e denunciò l’impostura al popolo dei fedeli riuniti in preghiera. E qui rischiò la vita per la seconda volta in quella stessa notte. Il “popolo fremente” non gradì la rivelazione e, secondo le parole testuali del Corriere della Sera, “voleva farne giustizia a furia di pugni e di sassi”. Lo stesso trattamento rischiò l’ex-sindaco di Sassoferrato, Angiolo Castellucci, che si era permesso di mettere in dubbio l’apparizione.

In paese comunque il dibattito era apertissimo e, stando al Corriere, scoppiavano sovente “questioni” tra scettici e credenti. Questi ultimi, a riprova dell’autenticità dell’apparizione, elencavano una lunga serie di grazie concesse dalla Madonna: un tale Giuseppe Ippoliti, paralitico, era guarito; una certa Vittoria, che prima doveva camminare con le grucce, ora camminava spedita; un cieco di Arcevia, sempre in provincia di Ancona, aveva recuperato la vista; una madre aveva implorato di far guarire o morire il figlio sofferente e questo – per grazia della Vergine – era morto.

Se non che – raccontava sempre il cronista del Corriere – il cieco di Arcevia aveva poi confessato di aver ricevuto una lira per fingersi guarito, e le storie dell’Ippoliti e della non meglio precisata Vittoria erano “suggestione bella e buona”: il primo continuava a tremare, e la seconda continuava ad avere l’artrite come prima (e, se non usava più le grucce, adesso impiegava un bastone). Questo per non dire del bambino, che era “da tempo esaurito” e con tutta probabilità sarebbe morto lo stesso, Madonna o no.

Ma chi potrà dissuadere l’ingenuo contadino e gli altri, che tuttora salgono lo Strega, che l’epoca dei miracoli è passata e che la scienza spiega a luce meridiana come avvengono certe pretese visioni e talune guarigioni?

concludeva il Corriere. Alla fine la denuncia del quotidiano non cadde nel vuoto.

Nell’edizione pomeridiana del 10-11 giugno e poi in quella mattutina dell’11-12 il quotidiano milanese tornò sull’argomento per riferire i provvedimenti che erano stati appena adottati dalle autorità. Tanto per cominciare, il prefetto aveva denunciato tre dei futuri proprietari del santuario da costruire e aveva mandato sul posto un commissario di polizia, il cavalier Monachesi. Il funzionario, accompagnato da sei carabinieri e da due operai, pensò bene di irrompere sul monte Strega durante lo spettacolo. Al loro arrivo due degli uomini coinvolti nelle visioni “si allontanavano immediatamente, tentando, con rischio della vita, di raggiungere precipitosamente il piano”. I carabinieri li raggiunsero e li arrestarono proprio in mezzo alla folla che stava pregando. Sequestrarono “numerose candele, rosari, medaglie, quadri della Vergine ed altri oggetti sacri che venivano venduti a prezzi rilevanti”, ma pure – soprattutto – “un arnese di forma ovale, ricoperto di carta e infisso su di un bastone con guarnizioni di vari colori” che insieme a una lanterna serviva per generare i giochi di luce visibili nel corso delle apparizioni.

Si concludeva così quello che il Corriere della Sera del 4-5 novembre 1902 avrebbe definito

un curioso fenomeno di epidemia psichica, alimentato da furbacchioni, che, mettendo in scena pupazzi svolazzanti o luminosità a base di fiammiferi, lampade o di ombrelli bucati, riuscivano nelle notti buie a far credere ad una apparizione divina.

A conclusione di indagini ed interrogatori erano state denunciate per il reato di truffa dodici persone. La maggior parte era rappresentata proprio da quei contadini che la “Madonna” aveva indicato come futuri gestori del santuario da dedicarsi in suo onore. Nelle collette per la costruzione dell’edificio erano state raccolte circa 400 lire, ma gli accusati, vistisi scoperti, pensarono bene di donarli senza indugio al parroco. Una mossa che ebbe l’esito sperato: il reato di truffa fu derubricato in quello meno grave di abuso della credulità popolare, “con pregiudizio altrui e pericolo per l’ordine pubblico”.

Al processo le cose si misero bene per gli imputati.

Un tale, che si sospettava avesse tenuto mano agli impostori perché aveva minacciato di far rotolare nel burrone un non veggente, fece credere invece che la cosa era stata detta come… avvertimento in considerazione della brutta strada; un altro, che si riteneva incaricato di far apparire il firmamento stellato ponendo dietro un ombrello bucherellato una lampada, dimostrò che portava l’ombrello, un po’ lacero, per timore della pioggia e la lampada per rischiarare la via; un terzo, che, per mercede, attaccava rosari, cappelli, fazzoletti e voti allo scoglio sacro, fece credere che, così agendo, compieva un’opera umanitaria aiutando chi allo scoglio non poteva arrivare, e così di seguito.

Alla fine il pretore decretò che una parte degli arrestati era affetta da “fanatismo religioso” e che gli altri erano poco più che burloni. E, non potendo distinguere troppo tra gli uni e gli altri, optò per l’assoluzione di tutti gli imputati. In fondo, sembrò quasi dire

il trucco era talmente grossolano che bisognava essere proprio stupidi o insensati per credere al miracolo!

E così i truffatori tornarono a casa, l’ospedale di Sassoferrato ebbe le 400 lire raccolte, i preti si accontentarono delle offerte di cera votiva e gli osti della zona degli incassi goduti vendendo vino e ciambelle ai fedeli.

Nel frattempo, però, la storia era ampiamente circolata sulla stampa estera. Fra gli innumerevoli esempi, citiamo il quotidiano americano Fort Wayne Evening Sentinel del 30 agosto 1902, che in qualche modo aveva raccolto gli accertamenti fatti sul posto da un corrispondente di una rivista non meglio precisata. Fra le tante cose, la precisazione che alcuni poliziotti, per smascherare i truffatori, si erano travestiti da fedeli e si erano mescolati a quelli, e la notizia che da tempo immemore il monte Strega era ritenuto sede di fatti straordinari. Secoli prima, si narrava, un carbonaio che si trovava sulla porta della sua capanna aveva visto la sua vetta andare in fiamme, e una strega e un diavolo contenderselo, sino a portarlo via, agli inferi.

Ma, comunque, fu così che la storia della Madonna del monte Strega, che avrebbe dovuto ospitare un nuovo, frequentato santuario, lentamente scivolò nell’oblio.

Con un’avvertenza, però: ventisei anni dopo le false apparizioni il monte Strega confermò la sua aura di luogo “religioso”, la stessa aura che forse in qualche modo aveva ispirato i contadini del 1902. Dal 1928 la vetta è dominata da una grande croce metallica alta otto metri. Chissà quali sentimenti nutrivano le persone che si recavano lassù da Sassoferrato e che, in qualche modo, alzando lo sguardo sentivano il bisogno di vedere.

Immagine in evidenza: Monte Strega [da Wikimedia Commons]

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