Il terzo occhio

Cimiteri degli elefanti, mito o realtà?

Nel 1932 usciva nei cinema Tarzan, l’uomo scimmia: raccontava di due avventurieri che si imbattevano nel celebre “selvaggio” mentre erano alla ricerca di un cimitero degli elefanti. L’anno prima era uscito Trader horn, basato su un soggetto analogo. Questo luogo non era però un’invenzione degli sceneggiatori: si tratta di uno dei miti più diffusi sull’Africa nera, un Eldorado cercato da generazioni e generazioni di esploratori, menzionato anche dal celebre dottor Livingstone. Ancor prima dei film, del cimitero degli elefanti parlava il racconto del settimo viaggio di Sinbad il marinaio, che a partire dall’inizio del Settecento gli Europei potevano trovare nelle Mille e una notte.

La storia è nota: gli elefanti vecchi e malati si allontanerebbero dal branco, per raggiungere un luogo ben definito – spesso una grotta o una valle inaccessibile – dove andare a morire tra gli scheletri dei propri antenati. Nel periodo d’oro dell’esplorazione africana, tra fine Ottocento e inizio Novecento, si raccontavano storie di avventurieri morti per cercarlo, un’impresa che avrebbe garantito un’immensa ricchezza, grazie all’avorio delle zanne. Oppure, di cacciatori sfortunati che avevano inseguito per giorni e giorni un elefante anziano, salvo poi scoprire che l’animale aveva intuito le loro intenzioni e li aveva portati al punto di partenza. Come in tutte le leggende, la ricerca era irta di pericoli, perché i cimiteri erano sacri e chi li avesse violati avrebbe dovuto fare i conti con le popolazioni guerriere del luogo.

Ma sono esistiti davvero i cimiteri degli elefanti? In realtà no, i pachidermi anziani non si allontanano quando sono sul punto di morire. Il mito potrebbe essere nato dal ritrovamento di un gran numero di ossa in un’area ben delimitata. Una circostanza che può avere origini diverse: ad esempio, può succedere che diversi animali, specie se debilitati da malattie o fame, si dirigano verso un luogo dove sanno di poter trovare acqua e cibo: però lo raggiungono non certo per morire, ma perché stanno cercando di sopravvivere. Inoltre, gli elefanti sono animali sociali e si muovono spesso in branco: in caso di tragedia (una malattia, un periodo di siccità, l’attacco da parte di bracconieri), è possibile che molti esemplari muoiano insieme e che le loro ossa finiscano sparpagliate nell’arco di poche centinaia di metri.

C’è infine da dire che gli elefanti sono tra le poche specie in cui sono stati documentati rituali di morte: di fronte a un loro simile appena deceduto può accadere che gli altri animali lo tocchino delicatamente con le proboscidi, o che coprano il suo corpo con rami e foglie. Un comportamento che potrebbe aver dato origine, in parte, all’esistenza del mitico cimitero degli elefanti.

Immagine da Flickr, licenza CC BY-SA 2.0

Sofia Lincos

Sofia Lincos collabora col CICAP dal 2005 ed è caporedattrice di Queryonline. Fa parte del CeRaVoLC (Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee) e si interessa da anni di leggende metropolitane, creepypasta, bufale e storia della scienza.

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