Gli spiriti miagolanti di via Pellicciai a Torino
Giandujotto scettico n° 18 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (16/08/2018)
Alla fine del XIX secolo il Quadrilatero di Torino, oggi centro della movida notturna, era un dedalo di viuzze su cui si affacciavano botteghe e negozi. Spesso le strade prendevano il nome dall’attività prevalente nel quartiere: c’era via del Panierai (ora via Palazzo di Città), via dei Cappellai, via dei Pasticceri… Tra queste, pure via Pellicciai, oggi via del Conte Verde, che negli anni Cinquanta del secolo scorso sarebbe diventata famosa per ospitare una delle case chiuse più a buon mercato della città, ai numeri civici 15, 17 e 21.
La storia che vi raccontiamo precede quel periodo di fama e ha per oggetto un appartamento di quello che allora era il civico n. 1 di via Pellicciai. Qui, nel 1887, le autorità di Pubblica sicurezza dovettero intervenire più volte, per disperdere la folla in fremente attesa di uno spirito miagolante.
Ma andiamo con ordine. I fatti probabilmente erano cominciati il 5 agosto, proprio a fronte della costruzione che faceva e fa tuttora angolo con la ben più grande via Garibaldi. Davanti al caseggiato si era radunata una folla che, secondo Gazzetta Piemontese del 6 agosto, aveva sentito provenirvi urla e lamenti di origine indefinita. Inizialmente non si era pensato agli spiriti, ma alla presenza di una “donna idrofoba”.
Dicevano d’udire lagni e grida soffocate, emesse da una voce femminile. In un baleno si sparse la voce che in una camera dei piani superiori si trovasse una donna idrofoba; e la folla andò sì fattamente ingrossando che la circolazione tutt’intorno alla casa era impedita.
All’epoca la rabbia era ancora una malattia comune e dagli esiti letali. Forse per questo motivo uno dei primi a interessarsi al caso fu il dottore cavalier Ramello, ufficiale di pubblica sanità, che andò sul posto insieme a varie guardie municipali. Chiese informazioni, ispezionò la casa, ma non trovò alcuna traccia di donne malate. Una seconda ricognizione fu fatta intorno a mezzogiorno del giorno 5 da parte di alcuni agenti che esaminarono le parti comuni del palazzo, “dal corridoio delle cantine a quello della soffitta”. Verificarono anche un appartamento privato che uno degli inquilini aveva aperto ai pubblici ufficiali. Invano. Si trovò solo una donna che due settimane prima era stata morsicata da un gatto, ma – riferiva il giornale – “era subito stata sottoposta a tutte le cure precauzionali che la prudenza suggeriva”. Insomma, sia la donna sia il suo gatto stavano bene, non urlavano per lamentarsi e nemmeno… miagolavano.
Nonostante gli scarsi riscontri, la folla non accennava a diminuire, anzi, aumentava di numero, dando così origine a un altro ghost riot, come quello di cui vi abbiamo parlato nel precedente Giandujotto scettico a proposito di Chieri e di due casi simili verificatisi lì nel corso del XX secolo.
Verso le nove e mezza di sera la Questura mandò un funzionario di Pubblica sicurezza con guardie e carabinieri, e al suono dei tre squilli di tromba allora in uso la strada fu sgomberata.
La pace però durò solo poche ore:
Verso la mezzanotte alcuni sfaccendati si aggrupparono nuovamente sull’angolo di via Garibaldi, dicendo d’avere udito grida di dolore provenienti dal canale sotterraneo della casa. Si recarono sul luogo i pompieri di stazione nel vicino Palazzo di città, scesero nel canale, lo percorsero in tutta la sua lunghezza e per tutte le sue diramazioni, ma invano.
Il giorno successivo, 6 agosto, l’assembramento si ripeté. Nel frattempo erano però cambiate le voci che si rincorrevano tra la folla:
L’ipotesi che si trattasse d’una donna idrofoba era ormai stata abbandonata, essendo subentrata nella folla superstiziosa la convinzione che la casa fosse abitata dagli spiriti. Avvalorava tale superstizione il caso che in un alloggio del primo piano abitava poc’anzi un’inferma, la quale, trasportata da’ suoi in campagna, v’era morta.
È a questo punto che si inserisce la versione del giornale allora concorrente della Gazzetta Piemontese (l’odierna Stampa), cioè la Gazzetta del popolo. Il 6 agosto il quotidiano metteva l’accento su quella “commedia tutta da ridere” che era in atto per opera di “sfaccendati”, e riferiva il rincorrersi delle ipotesi sulla natura dei rumori:
Non mancarono i testimoni, che giurarono di sentire ad ogni istante la voce degli spiriti; uno meglio informato… diceva che la voce era quella di una ragazza arrabbiata… che faceva ballar tavole, tavolini, vasi di giorni e di notte e magari la casa intiera…
– Ma sarà il grido di un gatto?! …esclamò uno della comitiva inquirente. Apriti, o cielo, non l’avesse mai detto, che tutti gli furono addosso col giuramento che la voce era proprio degli spiriti!
Le ricerche, intanto, si erano ormai focalizzate su un appartamento particolare:
Il popolino voleva che si aprisse a viva forza un alloggio signorile del 2° piano, vuoto perché gli inquilini sono in campagna. In quell’alloggio dovrebbe trovarsi lo spirito indemoniato, la ragazza arrabbiata!…
Di fronte a quella richiesta, in cui “il comico minacciava di trasformarsi in un illegalità bella e buona”, intervennero i pompieri. Uno fra questi decise di arrampicarsi fino alla finestra della casa vuota e di ispezionare il locale. Ma, nuovamente, nulla fu trovato.
Tutto questo la Gazzetta Piemontese non riusciva proprio a mandarlo giù:
Sembra davvero d’essere in pieno medio evo, o fra qualche superstiziosa popolazione d’altri Paesi, non nella seria e colta Torino. Come mai nella nostra città le dicerie sparse da pochi sfaccendati possono trovare eco in tanta parte degli abitanti, mettendo sossopra mezzo mondo e procurandoci fama di popolazione superstiziosa e piena di ridicoli pregiudizi?
Opinione, questa, condivisa dalla Gazzetta del popolo, che definiva il caso un “racconto di comari” che aveva “incomodate tutte le autorità di Torino”. La Gazzetta, anzi, aveva aperto il suo articolo del 6 agosto asserendo che:
Una volta era Napoli la città famosa per le case degli spiriti, da ventiquattr’ore è Torino.
Ne andava dell’onore della città. Il giorno dopo, 7 agosto, sia Gazzetta Piemontese sia Gazzetta del popolo tornavano sull’argomento per ribadire che si stava dando credito a “una fiaba paurosa, indegna della seria popolazione torinese”.
Raccontava la prima testata:
In tutta la giornata di ieri una folla di curiosi, composta in maggioranza di donnicciuole e monelli, continuano a far gli allocchi davanti alla porta n. 1 in via Pellicciai. Verso le 10 del mattino non si contentarono più di guardare in alto, ma qualcheduno più audace cominciò ad entrare nel cortile, indi a salire le scale della casa, ispezionandola per conto suo. L’esempio non tardò ad essere seguito da molti altri, ed in pochi minuti tutta la casa fu invasa da sfaccendati, tanto che il proprietario mandò al Municipio ad invocare protezione.
Accorse nuovamente la Pubblica sicurezza e la casa fu sgomberata. Chiuso il portone, la folla dovette accontentarsi di rimanere in strada, ma senza che fosse possibile impedire intralci al traffico per tutto il pomeriggio. A quel punto la Questura, “impensierita della conseguenza di tanta agglomerazione di persone d’ogni classe e d’ogni età” chiese l’intervento sul posto di un reparto di carabinieri che procedettero a far defluire i curiosi e a bloccare con un cordone di militari i due accessi alla strada. I posti di blocco rimasero fino alle 11 di sera.
Il 7 agosto, però – riferiva sempre Gazzetta Piemontese – la storia era già ricominciata, con tanto di ulteriore, massiccia invasione del cortile e delle scale. Insomma, la scenata stava durando “oltre i limiti del lecito”.
Ancora più adirato sembrava il cronista della Gazzetta del popolo, che commentava:
Che per un gatto arrabbiato e “miagolante” o per qualche buontempone, che si diverte alle spalle dei minchioni, si debbano mettere sossopra le autorità, gli agenti pubblici e interrompere la circolazione, la è grossa davvero. Recentemente a Milano la farsa degli spiriti ha durato una diecina di giorni. Non vorremmo che a Torino succedesse un quid simile. Speriamo di no, perché gli spiriti che miagolano abitano al Manicomio e non in via del Palazzo di Città.
E invocava di nuovo l’intervento delle autorità.
Non sappiamo come la storia si spense, ma è probabile che i cordoni all’ingresso della strada abbiano avuto effetto. Oppure, forse semplicemente la folla si stancò di quegli spiriti che in presenza dei pubblici ufficiali preferivano non mostrarsi. Questo tipo di manie collettive, infatti, ha carattere autolimitante nel tempo e nello spazio. Comunque, i giornali torinesi smisero di parlarne.
La vicenda però doveva ancora riservare un ultimo, divertente colpo di scena. Fu quello che ci ha trasmesso Gazzetta Piemontese del 10 agosto 1887 con un trafiletto intitolato “Il mistero degli spiriti svelato”. Al giornale era giunta la lettera del proprietario della casa degli spiriti, certo avvocato Laugier, che scriveva dalla vicina Piossasco. Queste le sue parole:
Il famoso mistero degli spiriti della casa di via Pellicciai n.1 è spiegato. Trattasi di un individuo abitante nella stessa via, il quale, non avendo potuto avere in affitto un alloggio agli ammezzati, ove un mese fa abitava una buona vecchia la quale andò a morire al paese natio, ricorse allo stratagemma d’invocare la sua anima, producendo con un istrumento quei certi versi, onde intimorire i nuovi inquilini e poter così avere il tanto desiderato alloggio. Ecco ora come, per opera di un malevolo qualunque, successe il lamentato buggerìo.
Dal testo non è chiaro se l’avvocato intendesse che l’inquilino “respinto” aveva creduto davvero di evocare lo spirito della donna morta, o se costui ne avesse solo inscenato la presenza producendo i rumori con un qualche strumento musicale. Quel che è certo è che la spiegazione, ripresa anche dal Corriere della Sera dell’11 agosto 1887, risultò soddisfacente per i lettori dell’epoca.
Il caso era chiuso, e degli spiriti miagolanti di via Pellicciai non si parlò più.
Foto di 👀 Mabel Amber, who will one day da Pixabay