Giandujotto scettico

Gli spiriti violenti di corso san Maurizio a Torino

Giandujotto scettico n° 22 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (11/10/2018)

Nel Diciannovesimo secolo il borgo del Moschino era una delle zone più degradate di Torino. Si snodava a ridosso del Po, in quello che adesso è il quartiere Vanchiglia: una serie di casupole modeste in cui trovavano rifugio lavandaie, pescatori e barcaioli ma anche molti emarginati e delinquenti. I veri abitanti della contrada erano però zanzare e insetti, come suggerivano sia il nome del quartiere sia quello della sua via principale, “Contrà d’ le puls” (contrada delle pulci).

Il Moschino era stato al centro dell’epidemia di colera del 1835 ed era solcato per tutta la sua lunghezza dal “canale dei Canonici”, una specie di fogna a cielo aperto che raccoglieva i liquami della città e li portava nelle campagne di Vanchiglia per concimarle. Poi, nel 1872, si decise di risanare l’area: le casupole furono abbattute per far posto a via Napione e alla monumentale piazza Vittorio Veneto. Il canale dei Canonici fu interrato e vennero costruiti nuovi palazzi.

Fu proprio in uno di questi caseggiati nuovi, la cosiddetta “casa Boffi” di corso san Maurizio 77 (penultima a sinistra verso il Po, oggi l’edificio è scomparso), che nel 1890 fecero capolino gli spiriti. Sul numero del 21-22 agosto di quell’anno la Gazzetta Piemontese raccontava:

Da parecchie sere i numerosi abitanti di Borgo Vanchiglia hanno la fortuna di godere di uno spettacolo altrettanto interessante quanto gratuito, dovuto al capriccio di uno spirito… burlone, che finora però ama di mantenersi nell’ombra dell’anonimo.

Il “bel caseggiato moderno”, era stato infatti “messo a rumore” da una strana apparizione che si era ripetuta diverse volte:

La presenza dello spirito fu avvertita dagli inquilini della casa fin dai primi giorni della settimana scorsa. Si presentò, a detta di coloro che lo videro, sotto l’aspetto di un’ombra bianca, e si aggirava gravemente per le scale, negli anditi e persino sul tetto.

Come accadeva sovente in questi casi, la voce doveva essersi sparsa subito, richiamando una folla di curiosi intorno al palazzo. Ma tra coloro che aspettavano il manifestarsi dello spirito questa volta erano presenti anche alcuni “coraggiosi” che

desiderando di veder chiaro in questo mistero, attesero una bella sera, armati, che lo spirito si presentasse. E questi pare che si facesse infatti vedere, perché gli furono sparati dietro alcuni colpi di rivoltella che fecero sparire l’ombra, senza però lasciare di sè nessuna traccia.

Forse gli spari avevano spaventato l’apparizione che per due sere lo spettro credette bene di non farsi vedere. Ma poi, quando già gli abitanti del palazzo pensavano fosse tutto finito, lo “spirito” si era di nuovo presentato, “sempre vestito di bianco, fermandosi qua e là a battere contro i muri”.

Nel frattempo, la notizia si era sparsa. Ogni sera la folla invadeva il corso (“per assistere allo spettacolo… di se stessa”, commentava acutamente Gazzetta Piemontese). E tra la gente correva voce di una prima vittima del fantasma: la signora Martini, che viveva proprio in quel caseggiato. La donna, spiegava il giornale, era malata da diverso tempo. La sua morte presumibilmente era dovuta a cause naturali… Però la tentazione di attribuire il decesso allo spirito, magari proprio a una visita avvenuta la notte prima, doveva essere troppo forte.

Nemmeno la paura di morire di paura al cospetto del fantasma fermò la folla dei “coraggiosi”, anzi, li fece ancora più desiderosi di agguantare lo spirito. Tra questi pare ci fosse anche un nipote della donna deceduta, un ventiquattrenne che aveva partecipato alle “ronde” per sorprendere il fantasma. Mal gliene incolse! Secondo il quotidiano, infatti:

Per riescire meglio egli si nascose sotto un carretto ed attese. Poco dopo infatti nell’oscurità del cortile vide avanzarsi lentamente l’ombra bianca. Il coraggioso giovine allora uscì dal suo nascondiglio e fece per avanzarsi verso di lei, ma l’ombra, più svelta, gli scagliò contro un mattone che gli produsse la frattura di una costola. Secondo un’altra versione – la più probabile – lo spirito non avrebbe scagliato il mattone, ma sarebbe semplicemente fuggito ed il giovinotto nella rincorsa avrebbe battuto il petto contro una ringhiera, producendosi la frattura che abbiamo detto.

Comunque fossero andate le cose, il giovane finì ricoverato all’Ospedale di San Giovanni. E le apparizioni continuarono: il quotidiano torinese riferiva che il giorno dopo il ferimento lo spirito era apparso sul tetto del palazzo ed era stato inseguito anche dalle guardie arrivate sul posto (finendo queste obbligate, commentava Gazzetta Piemontese, a partecipare alla “rappresentazione”). Nel frattempo, infatti, la Questura fatto chiudere le porte delle case vicine e mandato alcuni agenti a piantonare il caseggiato.

Ora, bisogna fare una piccola digressione. Nel mondo anglosassone è stato molto studiato il fenomeno del playing the ghost: persone che, in epoca vittoriana e anche dopo si travestivano da fantasmi, spesso per divertirsi e per spaventare le altre persone (ma a volte potevano esserci altre motivazioni). Noi stiamo cercando via via di documentare questo fenomeno per l’Italia in generale e per il Piemonte in particolare. Il caso di corso san Maurizio potrebbe rientrare proprio in questa tipologia. Questo perlomeno doveva essere il pensiero del cronista di Gazzetta Piemontese, che a giudicare dai corsivi di cui aveva infarcito l’articolo doveva essere del tutto scettico sulla natura sovrannaturale dell’apparizione. In conclusione all’articolo il giornalista chiosava:

Noi speriamo però che il bello spirito (è questo il suo nome più appropriato) non vorrà continuare il giuoco, che potrebbe costargli caro. Ogni bel giuoco deve durar poco, e questo ci pare che sia durato abbastanza.

Ovviamente non tutti la pensavano allo stesso modo. Era l’epoca d’oro dello spiritismo e probabilmente quasi tutti leggevano l’episodio in quel quadro culturale. Per contraltare, il giornale torinese si sentiva in dovere di riferire anche la versione prosaica sino all’eccesso della portinaia dello stabile, intervistata dal cronista: secondo lei tutta la colpa di quel trambusto era da attribuirsi a… un gatto!

Un’aggiunta “dell’ultima ora”, sempre su Gazzetta Piemontese del 21-22 agosto, riferiva ulteriori sviluppi: la folla continuava a stazionare davanti alla casa degli spiriti ma qualcuno cominciava a trovare monotona l’attesa. Anche la Questura aveva sospeso la guardia all’interno del caseggiato, limitandosi ora a far sostare gli agenti all’esterno. Qui, comunque gli assembramenti proseguivano. Del resto i curiosi cominciavano a dar fastidio anche agli inquilini del palazzo, che quindi provarono a disperderli “con mezzi, diremo così, refrigeranti”: il lancio sulla folla di alcune secchiate di acqua gelida. Il giovanotto ferito durante la caccia al fantasma invece stava meglio ed era già tornato a casa.

La situazione stava pian piano normalizzandosi.

Il 22-23 agosto un trafiletto di Gazzetta Piemontese tornava un’ultima volta sulla questione:

Anche ieri sera dalle 8 alle 10 circa 500 persone si sono adunate in diversi capannelli sul corso San Maurizio dinanzi alla casa degli spiriti aspettando l’apparizione, che naturalmente si guardò bene di apparire. Altri capannelli, specialmente di ragazzi, stazionarono lungamente in via Napione, con poco piacere naturalmente degli inquilini delle case vicine. Via, se adesso la si volesse finire ci pare che sarebbe tempo.

Il monito della Gazzetta Piemontese a quanto pare fu ascoltato. Come per molte altre “case degli spiriti” non si sa bene come si concluse la vicenda. Probabilmente lo “spirito” non apparve più e la gente si stancò di aspettarlo. Il doppio versante noia/eccitazione in queste vicende deve giocare un ruolo importante. Quel che rimane è la cronaca di un altro ghost riot sabaudo, una “caccia al fantasma” che oltre al trambusto causò anche una costola rotta. Ma che per alcune sere tenne bloccati parecchi torinesi di fronte a quel caseggiato di corso San Maurizio. Il cinematografo ancora tardava a fare capolino (e Torino ne sarebbe stata la prima capitale italiana) e la prospettiva di avvistare un “vero spirito”, all’epoca, doveva essere un richiamo davvero irresistibile.

Si ringraziano Elisa Tealdi, Roberto Labanti e l’Accademia delle Scienze di Torino per i contributi all’articolo. Foto di 🌼Christel🌼 da Pixabay