Gli spiriti generosi di via Buniva a Torino
Giandujotto scettico n° 25 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (22/11/2018)
Torino, 7 agosto 1893. Una folla di persone si accalca presso via Buniva, nel cuore del quartiere Vanchiglia. La ragione è delle più sorprendenti: uno “spirito” ha deciso di materializzare soldi!
A raccontarci questo curioso episodio della storia torinese è, l’8 agosto 1893, il Corriere della Sera in un trafiletto firmato “Cesario” e intitolato “Pioggia di monete e credulità popolare”.
Lo riportiamo per intero:
Il popolino si affolla al numero dieci della via Buniva, dove una mano misteriosa fa piovere in strada dei soldi; talvolta i soldi sono arroventati, cosicché alcuni si scottarono raccogliendoli. Le donnicciuole, pur dando la caccia alle palanche, credono che trattisi degli spiriti. Stasera vi si recò un delegato con guardie e carabinieri per iscoprire l’ignoto matto o burlone, provvidenziale provveditore degli spezzati di rame.
Lo stesso giorno però Gazzetta Piemontese (dall’anno successivo La Stampa) interveniva con un articolo più ampio che dava l’idea dell’agitazione che gli “spiriti” avevano prodotto. I fatti erano iniziati due giorni prima, spiegava il quotidiano. Il fantasma faceva materializzare le monetine, ma centellinandole a poco a poco.
Sono pochi soldi alla volta, anche soltanto uno o due, che arrivano da chissà dove, e piovono sulla strada, fra lo stupore un tantino pauroso della gente che vi si affolla. Si tratta più che probabilmente d’un burlone che si diverte, colla tenue spesa di qualche lira al giorno, alle spalle dei creduloni e degli sfaccendati. Ma le donnicciuole – superfluo il dirlo – credono si tratti d’uno spirito bello e buono. Vedete mo’ dove va a cacciarsi lo… spirito! La tremarella – ci si dice – ha già fatto persino sloggiare qualche famiglia.
Il giornale si augurava comunque che la “pioggia” delle monetine di rame fornite da quello “spirito benigno” durasse ancora a lungo: in fondo ce n’era bisogno, visto pure che in quegli anni la scarsità di moneta spicciola creava qualche difficoltà.
Unica nota stonata, il fatto che – come aveva già accennato il Corriere della Sera – alcuni di quei soldi si materializzavano “caldissimi, quasi roventi” e per questo qualcuno ci si era già scottato. Altre monete piovevano avvolte da foglietti di carta e a volte su quei foglietti c’erano scritte “sciocchezze” di natura, purtroppo per noi, non meglio precisata: per quanto possa sembrarci curioso, a volte gli “spiriti” piemontesi del XIX secolo e dei primi decenni del XX lasciavano messaggi scritti dalla grafia più o meno incerta, quanto a grado di alfabetizzazione dei fantasmi. Ciò che invece, come al solito, preoccupava di più l’autorità di Pubblica Sicurezza erano gli assembramenti sempre più numerosi, anche se fino a quel punto non era stato ritenuto necessario intervenire. Era stata comunque avviata un’indagine, che però non aveva condotto a nulla di concreto.
La Gazzetta Piemontese concludeva ammonendo l’ignoto donatore:
Badi però il burlone ai casi suoi, perché a persistere potrebbe accadergli poi, in conclusione, di aver perduto il danaro e di andare in gattabuia. E allora, l’ultimo a ridere non sarebbe lui!
Lo stesso giorno, però, il quotidiano torinese dava conto di ulteriori sviluppi. Anche quella mattina in via Buniva 10 era presente “un assembramento di persone, in massima parte ragazzi”, che commentava il fatto e si scambiava pareri. I soldi intanto avevano preso a piovere nel cortile del caseggiato, non più nella via, ed oltre alle lire avevano fatto la comparsa anche alcuni pesos argentini. Il cronista aveva raccolto alcune voci, come quella secondo cui un soldo era caduto nel secchiello di un uomo che era andato ad attingere acqua alla pompa e quella all’apparenza davvero strana secondo la quale alcune monete non si erano materializzate dall’alto, ma dal sottosuolo.
Per un paio di giorni della storia non sappiamo altro, ma in realtà nel frattempo la faccenda aveva assunto toni anche più clamorosi. Solo il 10 agosto la Gazzetta Piemontese tornò sulla vicenda titolando “Ancora della pioggia di soldi in via Buniva”.
Non si creda il lettore – sol perché non ne parlammo più – che lo “spirito” generoso di Buniva abbia esaurito i suoi fondi o si sia stancato di provvedere alla deficienza di spezzati di rame!
La pioggia di monetine, insomma, continuava, anche se “a piccole dosi”. Una “turba di monelli e di donnicciuole” attendeva in strada che lo spirito si manifestasse per potersi accaparrare qualche lira. Le indagini della Questura non erano riuscite a scoprire nulla. Si era però cercato di limitare gli assembramenti:
In tutt’ieri e anche oggi una speciale sorveglianza fu esercitata sul sito, senza risultati. Per ordine dell’Autorità fu chiusa una porta che dal cortile della casa N.10 di via Buniva mette in un secondo cortile. Alcune monete continuano ad essere involte in pezzetti di carta scritta.
La gente comunque non sembrava per niente spaventata: anzi, la prendeva con allegria, faceva battute e intanto aspettava le monetine. In un momento in cui era per parecchie ore la “pioggia” benefica era cessata qualcuno aveva commentato: “lo spirito sarà andato al cambio!”
Finalmente, il 13 agosto la Gazzetta Piemontese registrava la plausibile soluzione della vicenda.
Per stroncare in modo definitivo gli assembramenti, la Questura adesso aveva disposto “un servizio di sbarramento ai due capi della via Buniva”, cosa che in sostanza aveva davvero impedito il formarsi di ulteriori capannelli di curiosi. Soprattutto, un funzionario di polizia incaricato della sezione Borgo Dora aveva raccolto indizi contro “un ragazzo di dieci anni che per vari riguardi si sospetta aver avuto mano nell’affare dei soldi”.
Di fatto, commentava il quotidiano:
dappoiché il ragazzo vien tenuto d’occhio, è un fatto che di rame non ne piove più.
Per quanto ci consta, da allora in poi lo spirito di via Buniva non diede più segno di sé. In altra occasione avremo modo di descrivervi un’altra storia strana, quella che riguardò la canonica della parrocchia di Prarostino, nel Pinerolese, nei primi mesi del 1896: anche lì, fra le altre cose, volavano, come in via Buniva, monete emesse in Argentina…
Colpisce comunque il fatto che la spiegazione che si delineò per il nostro caso non sfiorasse in nessun modo La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti, che nel 1901 pubblicò un lungo, interessante saggio diviso in due parti nei i fascicoli 1228 e 1230 del 6 agosto e dell’11 settembre. Il saggio era dedicato a quelle che definiva “infestazioni parlanti”, cioè i presunti fenomeni spiritici frequentissimi nelle cronache italiane ed europee di quegli anni. Non firmato, a giudicare dai tanti riferimenti doveva essere opera di un ecclesiastico piemontese. Vi venivano portati esempi “recentissimi e fondati in testimonianze irrefragabili”, tra cui quello, celeberrimo al tempo, di via Bava, a Torino, che aveva suscitato clamore nell’autunno del 1900, o quella altrettanto discussa di San Michele Villanova (Alessandria), risalente a undici anni prima.
Quanto all’infestazione di via Buniva, pur tacendo il nome esatto della strada, è con ogni evidenza al nostro episodio che l’Autore si riferiva definendola (p. 406 del fascicolo del 6 agosto) “inesplicata e inesplicabile”, e paragonandola a un’altra pioggia di monetine, quella che La Gazette des Tribunaux di Parigi del 4 marzo 1846 avveniva in quei giorni in pieno centro cittadino, in rue Montesquieu.
Ma, soprattutto, il saggio se la prendeva contro le spiegazioni di qualche metapsichista che attribuiva questi fenomeni a un’“esplosione naturale di magnetismo” dovuta a medium particolarmente sensibili, ai loro “insconsci malfattorii”. Già, ma:
Nella pioggia di soldi e quattrini in istrada dov’era la persona elettrizzata?
No. Per La Civiltà Cattolica la colpa era invece del Demonio, una verità “evidente a chi legga senza pregiudizii di positivista o materialista”.
In fondo una lunga tradizione cristiana aveva considerava il denaro “lo sterco del diavolo”, un’espressione tornata di moda in anni recenti per il titolo che in Italia è stato assegnato a uno tanti libri dello storico Jacques Le Goff, che nel 2010 documentò le società medievali per le quali la produzione di ricchezza monetaria era questione secondaria.
E allora, forse anche a La Civiltà Cattolica quelle monete, materializzate dal nulla, dovevano contribuire ad alimentare la convinzione in un’origine assai più complicata del più terreno “ragazzo di dieci anni” indagato dalla Polizia di Borgo Dora e, dopo della quale, di notizie su “piogge” di soldi, per quanto ne sappiamo, non ce ne sono più.
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