Approfondimenti

La strana storia dei santini negli alveari

Articolo di Giovanni Mantelli, consigliere provinciale Associazione Regionale Apicoltori del Veneto, sez. Verona.

In rete circola una storia di un tale Sidoros Timinis, un apicoltore greco che dopo avere inserito delle immagini di santi all’interno dei favi di alcuni suoi alveari avrebbe notato che le api costruivano nuova cera attorno alle immagini senza mai coprire la raffigurazione. Un sito di cattolici ortodossi racconta inoltre che in un caso le api avrebbero oscurato con la cera uno dei due ladri crocifissi assieme a Gesù; guardacaso proprio quello non pentito. Fenomeno certamente curioso, che se avesse del vero meriterebbe di certo approfondimenti, articoli sul web ed una folta teoria di pellegrini che si recherebbe sul luogo del miracolo. Tuttavia tutti i siti consultati (in inglese) riportano le stesse poche informazioni, come se ognuno avesse fatto un copia-incolla da qualche atra fonte.

Da una prima ricerca sembra che il vero nome non sia Sidoros ma Isidoros, anche se è praticamente impossibile reperire informazioni esatte sul suo conto. Ancor più difficile è trovare qualche sito che riporti informazioni dettagliate sul fenomeno, al di là del solito copia-incolla. Vediamo dunque il fenomeno più da vicino e con occhio scettico.

Le api devono il loro successo evolutivo alla grandissima capacità di adattamento che hanno dimostrato nei secoli: ogni anfratto con determinate caratteristiche di dimensioni (non di forma), esposizione, altezza è un potenziale sito di insediamento. Poco importa se questa cavità è attraversata nelle tre dimensioni da rami, fili, ragnatele ed altri impicci: le api elimineranno l’eliminabile ed impareranno a convivere con il resto, ad esempio inglobando nella cera rami e foglie che si troverebbero ad intralciare la costruzione del favo. Questo consente loro non solo di trovare più facilmente un luogo che si adatti alle loro esigenze ma anche di stabilizzare il favo.

Fig.1: Se i fili di ferro non sono ben integrati nel foglio cereo, le api daranno vita a un alveare composto da favi separati.

Da apicoltore mi ritrovo ad osservare questo ogni qualvolta vengo chiamato dai Vigili del Fuoco a recuperare uno sciame dove il lavoro viene reso molto complesso qualora le api abbiano attaccato il favo a tanti rametti e foglie (ad esempio in una siepe o in un ulivo non potato); allo stesso modo quando attacchiamo su un favo una cella reale allevata a partire da un cupolino in plastica, allo sfarfallare della regina la plastica viene semplicemente integrata nel favo, visto che le api non riescono a buttarla fuori. Un altro esempio sono i fili di ferro zincato o di alluminio che sono presenti sui telaini che noi usiamo per allevare le api: se i fili sono verticali e sono ben fusi nel foglio cereo le api costruiranno il favo senza problemi, mentre se il filo non è ben centrato ed integrato nel foglio cereo le api costruiranno dei favi separati dai fili (fig 1). Se i fili sono in orizzontale, invece, vengono inclusi nel favo senza problemi poiché questo dovrà crescere verso il basso e l’unica soluzione per le api è adattarsi e convivere con il filo.

Tornando quindi al discorso delle immagini dei santi, la spiegazione più plausibile è che le api, vista semplicemente la loro natura, non abbiano alcun interesse a ricoprire la superficie dell’immagine con la cera, soprattutto se consideriamo che per l’alveare la cera è un bene preziosissimo (per produrre un grammo di cera le api consumano 8-10 grammi di miele). In aggiunta a questo, l’oro dell’immagine ed eventuali sostanze contenute nei colori potrebbero avere un effetto repellente nei confronti dei piccoli insetti.

In conclusione, se dovessi personalmente valutare un simile fenomeno condurrei diverse prove: innanzitutto provare ad inserire un’immagine stampata con gli stessi colori ma raffigurante altro. In seconda battuta bisogna capire se veramente le api stanno distante dall’immagine per un motivo che non sia il loro semplice disinteresse. Per dimostrare questo condurrei due prove: ricoprire l’immagine con un sottile strato di cera (sottile in modo che le api possano comunque “vedere” l’immagine) e fare tanti buchi di pochi millimetri sulla superficie della figura. Nel primo esperimento per confermare la tesi “scettica” le api dovrebbero costruire il favo sopra l’immagine, a patto che questa sia inserita in una parte del favo adeguata ed in un periodo in cui le api ceraiole sono attive, quindi da aprile a giugno circa (varia in base alle zone) e con un buon flusso nettarifero. Nel secondo esperimento, infine, mi dovrei aspettare che le api seguendo il loro istinto vadano a riempire i buchini di propoli, propolizzando quindi l’immagine o parte di essa. Un’ulteriore prova, in conclusione, potrebbe consistere nello stampare l’immagine con gli stessi colori e materiali, ma su supporti di carta o cotone, in modo da vedere se le api distruggono e propolizzano la stampa.

Senza questi esperimenti diventa complicato poter dire dire che quelli fotografati siano qualcosa di diverso rispetto a una normale inclusione nell’alveare, che si verifica anche con oggetti decisamente meno “santi”.

7 pensieri riguardo “La strana storia dei santini negli alveari

  • Lo copriranno solo quanto avranno riempito tutto lo spazio disponibile col miele, flusso nettarifero permettendo.

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  • La dimostrazione dell’ovvio. Complimenti per il tempo da perdere.

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    • Tempo speso bene invece a leggere di fatti cosi curiosi e legati comunque alla natura.

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  • Ma con il Santino, la varroa sparisce?

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  • Funziona anche con una figurina Panini di Ronaldo?

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  • Come contributo alla eterogenea chiacchierata ho pensato di misurare alcuni punti della foto con la radiestesia usando la scala Bovis. Il risultato, facilmente verificabile da chiunque conosca il metodo, dà per l’icona un valore di 9000°B, per il favo mediamente 6500°B e per la macchia scura in basso a destra meno di 3000°B. Per quanto ne so insetti sociali come formiche, termiti e api allo stato selvatico sistemano il nido su nodi hartmann e quindi su livelli energetici intorno a 3000*B che pare possano stimolare la loro frenetica attività lavorativa. In questo caso comunque mi sembra probabile che sia stato tagliato il favo (non dalle api) e che queste abbiano mascherato i tagli con lo sviluppo delle cellette. Tra sei mesi potrebbero aver coperto tutto. Saluti, Giuseppe Negro

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