Il ponte dei cani suicidi
“Ponte pericoloso – Tenere i cani al guinzaglio”
Il cartello, posto all’inizio dell’Overtoun Bridge, non serve a proteggere gli animali dalle auto, come qualcuno potrebbe pensare. No, chiedete a qualsiasi cittadino di Milton o della vicina Dumbarton, in Scozia: quel cartello è stato messo lì perché quello è il ponte dei cani suicidi.
Overtoun Bridge venne fatto costruire da John Campbell White, primo barone di Overtoun, un ricco filantropo che aveva fatto fortuna nel campo dell’industria chimica. Completato nel 1895, doveva fornire una strada più agevole per raggiungere Overtoun House, la dimora padronale del lord.
La sua fama di ponte maledetto è però decisamente più recente: i giornali cominciarono a parlarne nel 1995, quando Ben – un border collie di proprietà della signora Donna Cooper – saltò dal parapetto e cadde nelle acque sottostanti, ferendosi in modo così grave che fu necessaria l’eutanasia. Cominciò allora a girare la storia secondo cui il suicidio di Ben non fosse il primo della serie: ben seicento cani si sarebbero lanciati dal ponte, e almeno cinquanta avrebbero trovato la morte.
Diverse le teorie avanzate per spiegare il mistero: c’è chi ha attribuito il comportamento degli animali ai pensieri negativi dei loro padroni, con cui sarebbero in connessione psichica. Altri hanno intravisto vaghe forme di fantasmi nelle fotografie scattate sul ponte, mentre c’è chi ha dato la colpa a presunti ultrasuoni provenienti dalla vicina base militare di Faslane. Tra i sostenitori di Overtoun Bridge come luogo maledetto, molti citano la triste vicenda di Kevin Moy, un uomo che nel 1994 buttò suo figlio di due settimane dal ponte perché convinto che fosse l’incarnazione del Diavolo, a testimonianza che oscure forze sarebbero all’opera.
Nel 2006 l’etologo David Sands avanzò la teoria secondo cui la colpa sarebbe da individuare negli animali presenti nelle vicinanze: tracce di topi, scoiattoli e visoni vennero scoperti sotto ai piloni del ponte. Dopo un curioso esperimento, Sands puntò il dito in particolare verso questi ultimi, introdotti in Scozia come animali da pelliccia negli anni ’20 e poi fuggiti a più riprese dagli allevamenti. Per capire quale animale attirasse a tal punto i cani, il nostro etologo ne prese dieci esemplari e li schierò davanti a tre sacchi “aromatizzati” al profumo di visone, topo o scoiattolo; sette di questi di diressero dritti e filati verso quello dei visoni. Dunque i quattrozampe, nella teoria di Sands, si lancerebbero nel vuoto obnubilati dal loro odore.
Una spiegazione senz’altro interessante, se non fosse che non rispetta il cosiddetto “imperativo categorico di Hyman”: prima di cercare di spiegare un fenomeno, assicurati che il fenomeno esista davvero. Detto in altri termini: prima di fare ipotesi su cosa spinga seicento cani a lanciarsi da un ponte, bisognerebbe capire se davvero tutto questo sia mai successo.
Brian Dunning, su Skeptoid, ha provato a scavare un po’ nella leggenda. Ha così appurato che i numeri di cani uccisi riportati dai giornali variano molto – da 5 a 50 – e soprattutto che nessuna testata indica una fonte di questi numeri. Quando ha provato a contattare alcune istituzioni locali, dalla Camera di commercio alla polizia, passando da un ente che si occupava specificamente di cura dei cani, ha scoperto che nessuno aveva statistiche da fornire, né conosceva qualcuno che le avesse. Parlando con Bob e Melissa Hill, la coppia che da dieci anni gestisce il Bed&Breakfast che occupa attualmente Overtoun House, è anche venuto fuori che seicento cani sono in realtà una stima esagerata: i due signori sarebbero al corrente di solo tre cani coinvolti in incidenti, ovvero il già citato border collie Ben, e due altri più fortunati che avrebbero patito solo lievi ferite.
Si potrebbe pensare che Bob e Melissa siano semplicemente disattenti, se non fosse che Il numero è confermato anche da un veterinario della locale Glenbrae Veterinary Clinic, in servizio da oltre tredici anni: nella sua esperienza ci sarebbero al massimo quattro cani feriti in cadute da Overtoun Bridge. E in totale, anche scavando nella cronaca dell’epoca, si arriverebbe a sei episodi documentati a partire dagli anni ’50. Né sussistono prove che gli animali abbiano mai cercato volontariamente la morte nelle acque del fiume: tutti i casi sono riconducibili a semplici incidenti. Che potrebbero essere stati favoriti proprio dalla configurazione del ponte, caratterizzata da un muro alto, che impedisce a un animale dell’altezza di un cane di sapere che dietro quel ponte c’è un fiume. Questo peraltro consente proprio di scartare l’ipotesi del suicidio, dal momento che il cane non può sapere cosa lo aspetta al di là del muro. Forse, come evidenziato da Sands, la presenza di topi, scoiattoli e visoni potrebbe aver distratto qualche quattrozampe. Ma di qui a parlare di una “maledizione”, ovviamente, il passo è lungo.
Fotografia di Lairich Rig, licenza CC 2.0 BY-SA
E non dimenticate il “Secondo Imperativo Categorico di Hyman (famosissimo, non solo l’ imperativo, ma anche Hyman)” : Prima di spiegare qualunque comportamento dei cani, accertatevi se la Comunità Scientifica (?) abbia mai capito il comportamento dei cani.
https://goo.gl/Bhpgn7
Pingback: Il ponte dei cani suicidi | bUFOle & Co.