Cocaina mischiata al fentanyl: allarmismo o realtà?
Il fentanyl è un medicinale ormai classico della categoria degli antidolorifici, oltre che in anestesiologia. Si tratta di un oppioide di notevole capacità e, malgrado abbia più di cinquant’anni, continua ad essere prescritto dai medici in posologie e in presentazioni assai diverse. Il suo impiego come droga ricreativa è iniziato negli anni ‘70 e, per la sua potenza, si è ben presto affermato fra i consumi, in specie fra chi fa uso di eroina.
Il fentanyl però è diventato anche oggetto di diatribe assai intense nell’ambito delle politiche sanitarie, tanto che c’è chi sostiene che sul suo conto sarebbero state promosse idee inesatte, se non addirittura vere e proprie leggende, a scapito dell’evidenza scientifica e della razionalità. Tali idee e leggende sarebbero dovute a un senso malinteso della salute pubblica e della lotta agli stupefacenti.
A questa linea è improntata una recente indagine del giornalista Max Daly uscita sul sito della rivista canadese Vice.
Negli Usa, e di riflesso altrove, negli ultimi due anni i timori pubblici per alcuni, nuovi usi illeciti del fentanyl sono dilagati.
Nel maggio del 2018 c’è stata una campagna del Dipartimento Salute ed Igiene della Città di New York per avvisare che era in circolazione cocaina mescolata a fentanyl. Nei mesi successivi l’allarme per l’annunciata scoperta di questa nuova miscela ha raggiunto i vertici del mondo politico e della sanità pubblica statunitense, con interventi di Nora Volkow, che dirige il National Institute on Drug Abuse (NIDA) e persino di Kellyanne Conway, consigliera assai ascoltata da Trump sulle questioni degli stupefacenti.
Ebbene, l’indagine condotta da Vice mette in guardia da quanto motiverebbe queste preoccupazioni. Preoccupazioni che, peraltro, stando almeno a quanto argomentato risulterebbero assai superiori a quanto constatabile. Per non lasciarsi prendere dall’irrazionalità, quel che c’è di vero nel rapporto tra abuso di fentanyl e uso di droghe illegali andrebbe letto senza staccarsi neppure per un istante dall’evidenza disponibile.
Tanto per cominciare, scrive Daly, si sa di un numero limitatissimo di casi in cui è stata davvero rilevata una contaminazione di cocaina con fentanyl, ma questo NON perché i gestori del mercato delle droghe abbiano avviato un processo organizzato. Il numero davvero ridottissimo di presenza delle due sostanze sembra dipendere da altri fattori. Il guaio principale di questa e di altre vicende della guerra alla droga secondo Daly è che
le narrazioni basate sulla paura e non sui dati distraggono dai veri rischi i decisori politici, gli attori della sanità pubblica e persino gli operatori delle emergenze.
L’argomentazione di Vice comporta diversi test della realtà dei fatti, e questa è una cosa che ci interessa da vicino. In primo luogo, cocaina e fentanyl sono davvero connessi, ma questo dipenderebbe dal fatto negli Usa le overdose che nelle autopsie conducono alla scoperta di entrambe le sostanze sono in crescita geometrica (da 180 nel 2012 a più di 4.000 nel 2016). L’accostamento fra le due sostanze rilevate negli esami post-mortem, avrebbe prodotto dapprima nei media l’idea che fentanyl e cocaina fossero mescolate insieme. Polizia e sanitari avrebbero poi cominciato ad esprimere timori per il fatto che la cocaina potesse essere regolarmente preparata insieme all’oppioide. Da qui sarebbe partita una serie di affermazioni largamente discutibili.
Vice ha raccolto pareri di esperti e pubblicazioni scientifiche che propendono per un’estrema prudenza. Per certi versi le loro conclusioni sono piuttosto semplici. Eccole.
Le autopsie che provano la presenza delle due sostanze non dicono se le due cose fossero mescolate o no. I tossicodipendenti usano sostanze diverse anche nello stesso giorno. In altri casi le droghe sono mischiate da chi le usa nei cosiddetti speedball. Inoltre – cosa anche più rilevante – chi fino a qualche tempo fa negli Stati Uniti usava l’eroina la sta sempre più sostituendo con fentanyl o con fentanyl adulterato, prodotto in maniera clandestina e dunque anche più pericoloso del già rischiosissimo oppioide. Questo è quanto mostra uno studio pubblicato a febbraio 2019 sull’International Journal of Drug Policy ad opera del professor Daniel Ciccarone, dell’Università di San Francisco. A volte, risulta a Ciccarone, la cocaina venduta per strada ad utenti più poveri appare contaminata dal fentanyl, ma – si noti il punto – la cosa non si segnala mai quando si passa a impieghi di cocaina da parte di individui di estrazione socio-culturale elevata.
In sostanza, i fattori principali per la co-presenza di fentanyl e cocaina sarebbero la povertà, il minor grado d’istruzione formale degli utenti, il fatto di essere senzatetto – non la creazione di un mix fra le due cose ad opera dei trafficanti. Per lo studio di Ciccarone nei tossicodipendenti “ricchi” la rilevazione di mescolanze cocaina/fentanyl sarebbe prossima allo zero.
Insomma: si tratterebbe di gruppi demograficamente diversi, con problemi e dinamiche diverse nel consumo, come ha confermato anche Kendra Viner, direttrice del Programma oppioidi del Dipartimento di salute pubblica della città di Philadelphia.
Far notare questi dati, secondo Max Daly, sarebbe il sistema più utile per far leva su quella che definsice la retorica corrente della “cocaina-fentanyl”.
Se si vanno poi a controllare gli stupefacenti prima che siano consumati (ad esempio, quelli provenienti dai sequestri di grandi quantità di droghe da parte delle forze dell’ordine) ci si accorge che i dati non supportano la narrazione che negli ultimi anni presuppone una frequente mescolanza fentanyl-cocaina. Questo ha concluso, per esempio, uno studio della DEA (Drug Enforcement Administration) dello Stato della Pennsylvania, e lo stesso vale per altre ricerche su base nazionale condotte nel 2016 e nel 2018.
La divaricazione tra affermazioni e dati disponibili diventa ancora più forte quando si passa dalla cocaina ad altre droghe ricreative: il numero di mix di metanfetamine positive al fentanyl dal 2014 al 2018 è di 18 campioni appena su molte migliaia prese in considerazione nello studio DEA.
Per il resto, malgrado qualche raro parere contrario da parte degli operatori, l’evidenza che le cose stiano cambiando – ossia che i trafficanti abbiano preso a mescolare in modo deliberato, ampio e mirato fentanyl, cocaina e altre droghe ricreative, al momento è labilissima.
Il modello interpretativo che per ora appare più rispondente ai fatti è quello della contaminazione, cioè quello per il quale la probabilità che la cocaina presenti tracce di fentanyl aumenti mano a mano che si prendono in considerazione i mercati “da strada” dell’eroina. Questo modello è ulteriormente sostenuto da un’analisi, condotta da una ONG per la lotta alle droghe, la “Harm Reduction Ohio”.
Le crescenti preoccupazioni dei decisori politici e di alcuni funzionari responsabili della sanità pubblica americana circa una presenza generalizzata del fentanyl mischiato a cocaina sono per Vice il frutto di credenze tradizionali. La prima, quella secondo le quali i trafficanti di droga metterebbero al primo posto delle loro priorità non il guadagno economico, ma la volontà di provocare il male. La seconda credenza, quella per cui che chi fa uso di stupefacenti farebbe parte di un blocco di persone inermi di fronte alle sostanze, incapaci di comportarsi essi stessi come consumatori – sia pure correndo rischi altissimi per la propria incolumità.
La paura recente per le miscele fentanyl-droghe ricreative avrebbe dunque più a che fare con la psicologia sociale e con le agende politiche che con la realtà dei fenomeni e con la mentalità scientifica.
“L’attuale frenesia dei media per l’esposizione ‘mortale’ al fentanyl attraverso il contatto cutaneo è soltanto un esempio di come i miti urbani possano condurre a cattive politiche sulle droghe, dice Leo Beletsky, esperto di stupefacenti presso la Northeastern University”. Aggiunge Beletsky: “il governo federale ha stanziato milioni di dollari in attrezzature per rischio biologico e decontaminazione per cercare di far fronte a una minaccia agli agenti che è stata esagerata. Allontana dalle vere soluzioni, sia in senso figurato sia in senso letterale, visto che ogni dollaro speso per equipaggiamenti per rischi biologici o per pagare persone che indossano tute per materiali a rischio da 30.000 dollari per ripulire gli ambienti dopo una retata antidroga non è speso per soluzioni vere”.
Anche il canadese Globe and Mail l’8 aprile ha criticato la polizia di Vancouver per aver fatto proprie le affermazioni infondate promosse da Kellyanne Conway e dunque dagli stessi ambienti della Casa Bianca su presunte miscele di fentanyl e marijuana (se ne era già occupato Snopes un paio d’anni fa). Allo stesso modo, il 2 aprile la rivista americana Filter aveva rilevato come il Center for Disease Control (CDC) americano abbia prodotto un video in cui si fa capire che anche stare nella stessa stanza in cui c’è del fentanyl implicherebbe il rischio di un’overdose.
Da noi, in febbraio, il dottor Salvatore Giancane, un medico del SerDP (Servizio Dipendenze Patologiche) Bologna Ovest, ha espresso preoccupazione per la possibilità che facciano la loro comparsa mix di fentanyl ad eroina. La Regione Emilia-Romagna ha destinato 15.000 euro all’Ausl di Reggio Emilia per test rapidi di verifica. Il dottor Giancane, tuttavia, a Repubblica ha tenuto a precisare:
al momento è un’operazione preventiva. Non c’è evidenza della presenza di fentanyl.
Sul numero 33 (marzo 2019) di Medicina delle dipendenze il dottor Giancane ha pubblicato un articolo (pp. 42-46) in cui disegna un quadro articolato e sfaccettato della questione – relativamente all’eroina. Per lui la situazione è in movimento e comunque tale da suggerire “un’attenta sorveglianza e l’avvio di campagne mirate di informazione e di prevenzione”.
Questo a conferma che i timori – comprensibilmente – sono forti, ma pure che la controversia scientifica, politica e comunicativa è destinata a proseguire, e, anzi, ad alimentarsi.
Dal 1° maggio, anche per reagire alle accuse da parte americana circa il ruolo della produzione clandestina di fentanilici, con una decisione clamorosa tutti i farmaci contenenti quei principi attivi saranno posti sotto strettissimo controllo produttivo in tutta la Repubblica Popolare Cinese, in sostanza vietandone quasi del tutto la vendita. La Cina ha così risposto alle pressioni che lo stesso Trump aveva esercitato in tal senso sul governo di Pechino.
Nell’illustrazione in evidenza: modello tridimensionale della struttura del fentanyl (immagine di pubblico dominio – da Wikimedia)