Giandujotto scettico

Gli spiriti sforbicianti di Borgo Crocetta a Torino

Giandujotto scettico n° 38 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (23/05/2019)

Era il 31 dicembre 1877. I torinesi si apprestavano a festeggiare il Capodanno e Gazzetta Piemontese chiedeva ai suoi lettori: “Voi non ci credete, vero, allo Spirito folletto?”. Era questo il nome, insieme a quello di “spiriti burloni”, talora usato per denominare i presunti “fantasmi” che si manifestavano in maniera plateale, mettendo le case in disordine e spostando i mobili. Oggi li chiameremmo poltergeist, ma all’epoca erano ancora “spiriti folletti”, curioso connubio tra la tradizione del Piccolo Popolo e la moda dello spiritismo che a Torino imperversava da quasi due decenni. Per inciso, si tratta della prima “casa dei fantasmi” torinese a noi nota dopo l’esplosione della mania di quel tempo per l’occulto.

Dunque, che cosa era successo? Gli spiriti avevano effettuato una “visita natalizia” in una casa di Borgo Crocetta, allora zona nuova di Torino, e la gente del quartiere era commossa da quell’evento.

Nella casa (non ne conosciamo l’indirizzo preciso) abitavano otto persone, e tra queste una coppia di novelli sposi, uniti in matrimonio da appena due mesi. Proprio a loro si erano manifestati per la prima volta gli spiriti: la moglie aveva aperto un armadio per prendere una veste di seta, parte del suo abito da sposa, e – orrore! – l’aveva trovata ridotta a brandelli. Riavutasi dalla sorpresa, la donna aveva cercato un altro vestito, ma anche quello risultava completamente tagliuzzato, così come l’intero guardaroba femminile. Risparmiati, invece, i vestiti del marito. Ma la sorpresa più grande doveva ancora arrivare: la donna si accorse che anche i panni che aveva indosso erano tagliuzzati.

A quel punto la giovane avrebbe mandato un grido altissimo al quale sarebbe accorsa la suocera. Immaginate la sorpresa quando anche lei si rese conto che i vestiti che indossava presentavano ampie sforbiciature…

La più anziana corse a chiamare il parroco, che benedisse la casa. Ma il gioco si ripeté. Anche le donne giunte per verificare il fatto curioso si ritrovarono con gli abiti sforbiciati. Il curato ripetè il rituale, ma sembrava che gli spiriti fossero indifferenti all’acqua santa, perché continuavano a tagliare… Anche la tonaca del prete e del chierico che lo accompagnava subirono la stessa sorte.

A parte loro, però, lo sforbiciatore invisibile sembrava colpire solo i vestiti femminili. Gli uomini che entravano nella “camera fatata” erano stranamente risparmiati dallo spirito. “Probabilmente le figlie d’Eva gli hanno fatto dei torti”, suggeriva il quotidiano, o forse il fantasma aveva un debole per gonnelle e per le sottane nere dei preti…

Gli uomini escogitarono allora un piano: la camera fu ispezionata con cura, dal soffitto al pavimento. Poi una signora si mise al centro della stanza circondata da otto baldi “protettori”. Ma l’esperimento non diede il risultato sperato – quello di capire che cosa stava succedendo. La donna si rese conto ben presto che i tagli avevano colpito anche i suoi vestiti.

La voce che la casa era infestata da spiriti sforbicianti si sparse in fretta. Un uomo del quartiere di San Salvario corse a vedere insieme alla moglie. La poverina si trovò anch’ella con tutti gli abiti a brandelli e all’uomo toccò coprirla per non farle fare brutte figure sul tragitto di ritorno.

Anche le autorità visitarono la casa ma senza scoprire il segreto dello sforbiciatore invisibile. Forse però cominciavano a subodorare qualcosa, visto che secondo le fonti del tempo avrebbero dapprima sospettato di una vecchietta che avrebbero potuto covare dei rancori nei confronti della famiglia coinvolta per prima.

Poi, verso le 18 di quello stesso giorno, il prodigio cessò.

Anche così, Gazzetta Piemontese invitava tutti ad andare a verificare i fatti facendosi mostrare gli abiti ridotti a pezzi. Al contempo, il giornale auspicava che le forze dell’ordine, che in altri casi – a Milano e a Firenze – erano riusciti a trovare un colpevole in carne e ossa, riuscissero ben presto a catturare il “folletto”.

Per alcuni giorni lo sforbiciatore anonimo chiuse bottega. Il 2 gennaio 1878 Gazzetta Piemontese spiegava con un trafiletto:

Gli spiriti folletti della Crocetta sono spariti. Ebbero paura dei carabinieri e credettero bene di battere in ritirata. Però l’autorità di pubblica sicurezza si è preteso di inseguirli fin negli abissi d’Averno, anche a costo di bruciarsi le ghette. Per ora chi ha avuto ha avuto. Le vesti tagliuzzate rimangono là a testimonianza degli increduli. Le donne del vicinato e gli esorcizzatori pensano sempre al caso strano. Oh, credulità umana!

La svolta arrivò tre giorni dopo, 5 gennaio. Sappiamo come si concluse la breve vicenda sempre grazie alle pagine della Gazzetta Piemontese.

Il cronista aveva raccolto la notizia: un soldato di cavalleria andato pure lui a curiosare nella casa fatata (le abitazioni “infestate” erano spettacoli semi-aperti al pubblico, in quegli anni) aveva scoperto l’inghippo. Al posto di stazionare anche lui di fronte all’armadio in cui si credeva abitassero gli spiriti, si era guardato intorno, e aveva notato

Una ragazzina di anni 12 con una manina piccina piccina ed una forbicina idem a tagliar le vesti del prossimo. […] Essa, mentre vi era ressa di visitatori, nascosta or dietro ad uno or dietro all’altro, usciva di soppiatto e trac, tagli d’inferno sugli abiti delle donne e degli uomini.

Sì, anche degli uomini. Fattosi più audace, lo spirito verso la fine era giunto a tagliuzzare vestito e mantello di un capitano del Distretto militare di Torino, giunto sul posto per indagare.

Il giornale concludeva informando che lo “strumento operatore”, ossia le forbicine, erano state sequestrate e che si trovavano già nelle mani delle autorità.

Un settimanale di Casale, Il Monferrato, il 5 gennaio 1878 aggiungeva ulteriori informazioni.

Lo smascheramento era stato plateale. L’uomo (“un Gianduja meno credulo degli altri”, lo definiva il giornale) aveva tenuto d’occhio la ragazzina e non appena aveva visto saettare le forbici nelle mani della fanciulla le aveva afferrato il braccio gridando: “ecco lo spirito folletto, esso è mio prigioniero!”

Il cronista forniva anche una ragione per il “fatto comico” che aveva generato un così breve ma grande scalpore:

Ma quale era il movente di questa gherminella, spiritosa davvero? Il guadagno… si accerta: null’altro che il guadagno, poiché da quella famiglia intendevasi aprire una sottoscrizione a proprio favore per i danni patiti.

L’affare passò nelle mani della giustizia, ma non è noto come si concluse la vicenda. Forse il Pretore si limitò a una ramanzina. Ma per noi i fatti di Borgo Crocetta hanno un valore particolare. Tra i vari casi di supposte infestazioni spiritiche, questo è uno di quelli non particolarmente numerosi in cui si scoprì il responsabile e vennero alla luce le plausibili motivazioni per la mise en scène.

Nella maggioranza dei casi, invece, i dettagli delle dinamiche che in quei decenni spingevano così tanti piemontesi a inscenare le infestazioni sono destinate a rimanerci ignote per sempre.

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