Il fantasma di Casal Cermelli
Giandujotto scettico n° 40 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (20/06/2019)
Era una notte buia e tempestosa, come si suol dire.
Per la precisione, erano i primi giorni del marzo del 1955, un mercoledì, dunque probabilmente il 2 marzo. Era sera. Quattro ragazzi di Predosa, paese a circa ventun chilometri a sud di Alessandria, tornavano da una festa con due Lambrette percorrendo la strada 185. Il viaggio non doveva essere particolarmente divertente, anche perché, secondo quanto riferì Stampa Sera quello stesso pomeriggio, “la pioggia cadeva fitta accompagnata da raffiche impetuose di vento”.
All’altezza del comune di Casal Cermelli, stando al giornale, i ragazzi videro il fantasma: innanzi a loro, all’improvviso, accanto a una siepe, comparve una figura bianca che li obbligò a fermarsi bruscamente. I giovani spensero le Lambrette. Nessuno osava avanzare, anche perché quella non era una siepe qualsiasi: erano gli arbusti che delimitavano il camposanto, poco a nord del centro abitato. Si sa, con uno spirito appena uscito dal cimitero c’è ben poco da scherzare. Ve lo avevamo già spiegato, noi del Giandujotto scettico, con un’altra faccenda di fantasmi fra le tombe, quella accaduta a Nole Canavese nel 1976.
Se i ragazzi avessero optato per tornare indietro e fare un’altra strada, ora questa forse sarebbe una storia di fantasmi come tante. Sarebbe stata raccontata come una fuggevole apparizione occorsa nelle pianure piemontesi in una notte di fine inverno 1955, magari di quelle che finiscono nei repertori dei luoghi misteriosi di ogni zona e che dappertutto costituiscono l’ossatura del folklore vivente locale.
Ma le cose andarono diversamente. Dopo aver trascorso ben mezz’ora sotto la pioggia battente, una macchina giunse a sbloccare la situazione. I quattro cercarono di fermare l’auto ed avvisare il guidatore. Ma questi, di fronte alle urla dei giovani che si sbracciavano nella sua direzione, dovette evidentemente pensare che era meglio non fermarsi al buio e, forse temendo un agguato, tirò dritto. Racconta ancora Stampa Sera:
In quel frangente però la macchina, passando rasente alla siepe travolgeva il… fantasma di carta facendo così comprendere ai quattro giovani di cosa realmente si trattava.
Già, perché lo spettro bianco altro non era se non un grande foglio bianco che il vento aveva staccato da un cartellone pubblicitario e fatto incastrare nella siepe di mirto che circondava il cimitero del paese. Grande foglio che poi, complice anche il buio, era stato scambiato per un fantasma dai testimoni (forse “un po’ alterati dal vino” bevuto alla festa, suggeriva con scontata ironia Stampa Sera).
Sarebbe potuta diventare un’avventura di fantasmi, di quelle che si raccontano tra ragazzi per misurare il coraggio e che si leggono nei libri sugli orrori locali, per sentire il brivido di vivere in una provincia per niente provincia, ma magica, fatta di spettri, di alieni e di apparizioni.
E invece diventò una storia buffa finita in cronaca e subito dimenticata. Forse, la cosa che interessa noi scettici, oggi, è il consiglio implicito che Stampa Sera dava ai lettori: a volte anche gli spettri dei camposanti, solo a guardarli da un’altra angolatura non sono poi così spaventosi. Di norma si trasformano, in pochi istanti, in oggetti, figure e situazioni semplicissime, senza guizzi e senza trucchi pirotecnici. Tutto molto semplice.
Come a Casal Cermelli, allora campagna alessandrina, un grande foglio di carta, che se avesse potuto avrebbe riso pure lui all’idea di essere considerato l’anima di un trapassato.
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