Il gatto e la volpe
articolo di Willy Guasti (Zoosparkle) e Lorenzo Rossi (Criptozoo)
E’ possibile, in pieno 2019, scoprire una nuova specie di mammifero di discrete dimensioni, in un continente tanto densamente popolato come l’Europa?
Questo è quanto sembrerebbe emergere da una recente notizia rimbalzata su vari siti e testate e che ha come protagonista un improbabile “gatto volpe”.
Il 13 giugno l’Agence France-Presse (AFP) è uscita con un lancio (ancora disponibile su Corse Matin) con un titolo niente male (in traduzione italiana) Il “gatto volpe”, probabile nuova specie di felino identificata in Corsica. Complice il fatto che la notizia era stata data da un’importante agenzia, la notizia è rimbalzata sulle principali testate d’informazione, in tutto il mondo. Ecco alcuni esempi italiani: Scoperto in Corsica il gatto volpe: potrebbe essere una nuova specie titola Wired; su Rai News si legge Corsica, scoperta una nuova specie di felino: il gatto volpe, mentre su La Repubblica compare il titolo Corsica, ecco il ‘gatto-volpe’: potrebbe essere una nuova sottospecie di felino. A questi si aggiungono anche portali di stampo più naturalistico: “Una nuova specie di gatto è stata scoperta in Corsica: è il leggendario gatto-volpe” riporta Greenme. Esempi esteri sono invece CNN e Phys, che ad onor del vero ci va più cauto.
Come si può già vedere da questa breve carrellata di titoli, che rappresentano solo una parte di quelli comparsi, si lascia poco spazio ai dubbi: questo gatto volpe c’è ed è qualcosa di nuovo, mai visto.
Prima di addentrarci in questo baffuto mistero zoologico si rende però necessario un preambolo dedicato alla sottile differenza tra i concetti di “scoperta” e “descrizione” di una specie in zoologia…
Infatti, per quanto potrebbero essere intesi come sinonimi, il primo ha sempre una precedenza temporale sul secondo. Se la scoperta indica l’esistenza di solide prove materiali riguardante la presenza di una data specie o sottospecie animale, la descrizione rappresenta una sorta di ingresso ufficiale all’interno dell’inventario della zoologia.
Consiste infatti di norma nella pubblicazione di un articolo scientifico in cui sono indicate il maggior numero di informazioni possibili sull’animale (dall’aspetto, alla distribuzione, ai legami di parentela con le altre specie…) e un nome assegnatogli secondo gli standard della nomenclatura binomiale. E’ generalmente con la pubblicazione della descrizione che il pubblico viene a conoscenza dell’esistenza di una nuova specie e ne consegue così, che anche in questo momento, potrebbero esistere diverse specie già conosciute dagli scienziati che attendono ancora di essere descritte.
Un esempio calzante del passato è quello dello squalo bocca grande (Megachasma pelagios), la cui esistenza fu scoperta nel 1976, quando un esemplare rimase accidentalmente catturato da una nave oceanografica, ma che fu descritto soltanto sette anni dopo, nel 1983.
Chiusa questa parentesi è ora importante notare come le descrizioni possono non essere immutabili nel corso degli anni, in quanto i progressi scientifici permettono nel tempo una più precisa visione delle cose. Ad esempio, soprattutto grazie allo sviluppo delle moderne tecniche genetiche, si sono resi possibili cambiamenti allo status tassonomico di animali già conosciuti e descritti.
Un caso tutto italico riguarda lo scoiattolo meridionale (Sciurus meridionalis) che vive in Basilicata e in Calabria e che nel 2017 fu “elevato” dal suo originario status di sottospecie (Sciurus vulgaris meridionalis) a quello di specie. Per l’occasione le agenzie di stampa parlarono di “scoperta di un nuovo mammifero” , ma si trattava in realtà di un animale ben noto e conosciuto già da tempo di cui si era “semplicemente” meglio compresa la storia evolutiva.
E’ tenendo bene a mente tutto questo che dobbiamo indagare sull’identità del gatto volpe…
Il gatto silvestro
Anzitutto, quando si parla di “gatto selvatico”, non si intende un gatto domestico che, fuggito di casa, è andato a vivere nel bosco, ma di una specie di felide che ha il nome scientifico di Felis silvestris.
In base alle differenze genetiche e morfologiche quest’ultima specie è attualmente suddivisa in tre sottospecie: il gatto selvatico asiatico (F. s. ornata), il gatto selvatico europeo (F. s. silvestris) e il gatto selvatico africano (F. s. lybica). Le ultime due saranno al centro di questa inchiesta.
I nostri gatti domestici hanno come progenitore il gatto selvatico africano e rappresentano il frutto di un processo di “autodomesticazione” iniziato dai 9.000 ai 10.000 anni fa con la nascita dell’agricoltura. E’ probabile che i gatti si avvicinarono alle piantagioni in quanto ambienti adatti all’incremento demografico dei roditori e l’uomo, resosi conto dell’efficienza dei felini nel predare questi animali considerati nocivi, incoraggiò i legami con quest’ultimi.
Il gatto domestico, che ha mantenuto la capacità di ibridarsi con i gatti selvatici, è considerato dalla maggior parte dei tassonomisti un’ulteriore sua sottospecie, Felis silvestris catus.
Il gatto in Corsica
La presenza di gatti selvatici in Corsica è attestata in letteratura scientifica dal 1929, quando lo zoologo francese Louis Lavauden descrisse in un articolo una sottospecie che chiamò Felis silvestris reyi.
Attualmente la sottospecie di Lavauden non è più considerata valida, e i gatti selvatici della Corsica sono considerati Felis silvestris lybica, che come abbiamo visto si differenzia da quello europeo, il Felis silvestris silvestris.
Il lybica è però originario di Africa e Medio Oriente, quindi come è finito in Corsica?
L’arrivo dei gatti in Corsica
La Corsica si separò dal continente almeno 15 milioni di anni fa, e da allora, a più riprese nel corso delle varie epoche geologiche, cessò il suo isolamento attraverso fasi di aridità e glaciazioni, permettendo così ai mammiferi terrestri non volatori di trovare un passaggio per colonizzarla.
Le prime tracce di insediamento umano sull’isola risalgono a circa 9.000 mila anni fa e con il tempo le poche specie endemiche di mammiferi presenti furono estinte. Tutti i mammiferi terrestri presenti oggi in Corsica sono così il frutto, volontario o meno, di introduzioni da parte dell’uomo.
Per questo motivo il gatto selvatico della Corsica fu inserito all’interno della sottospecie africana.
Arriva il gatto volpe
“Gatto volpe” (u ghiattu-volpe) è il nome con cui alcuni locali chiamano il gatto selvatico della Corsica, distinguendolo in questo modo dai gatti inselvatichiti (discendenti di un gatto domestico ritornato all’ambiente naturale) chiamati u ghjattu insalvaticu.
Queste due etnocategorie sono conosciute in letteratura sin dal 1992. Come mai quindi solo da pochi giorni il termine gatto volpe ha fatto la sua comparsa sui media?
Il lancio AFP è basato su un’intervista a Pierre Benedetti, che è il capo tecnico ambientale per la Corsica dell’ONCFS, l’Office national de la chasse et de la faune sauvage, l’ente che da qualche tempo si sta occupando della questione. Buona parte delle informazioni che fornisce erano in effetti già state pubblicate nel 2014 da Fanny Dens nell’elaborato finale del master 2 in Bioévaluation des écosystèmes et expertise de la biodiversité che stava conseguendo presso l’università di Lione, dopo uno stage proprio presso l’ONCFS.
Nel testo di Dens, però, non si fa menzione di nuove specie o della comparsa improvvisa di un animale mai visto prima (gatto volpe, ripetiamo, è infatti il nome con cui alcuni locali chiamano da sempre il gatto selvatico della Corsica), ma si riporta invece in più un risultato interessante riguardante l’analisi del DNA mitocondriale (quello trasmesso esclusivamente per via materna) ottenuto dalla raccolta di peli di questi gatti: il gatto selvatico corso sarebbe più affine a quello europeo, invece che a quello africano.
Lo studio, che per ammissione stessa dell’autrice merita ulteriori indagini e accertamenti, può sicuramente aprire nuovi e stimolanti scenari per quanto concerne la colonizzazione dei gatti sull’isola, ma non implica, per il momento, l’istituzione di una nuova specie o sottospecie.
Dobbiamo comunque considerare che nell’intervista ad AFP, Benedetti afferma che il gatto da loro studiato “Si distingue per il suo DNA dal gatto selvatico europeo – Felis silvestris silvestris – ed è più simile a quello del gatto silvestre africano – Felis silvestris lybica – ma la sua identità esatta resta da determinare”.
Infatti una simile affermazione, che contraddice quanto riportato da Dens, non apporterebbe nulla di nuovo a quanto si conosce del gatto selvatico corso; come detto sopra, è proprio dal Felis silvestris lybica che è stato selezionato l’animale familiare protagonista dei video buffi più visti di internet. I domestici hanno una genomica particolare rispetto ai loro antenati selvatici, perché con la domesticazione si sono selezionate diverse caratteristiche che nella varietà selvatica non erano presenti, quindi sono un po’ diversi, ma sono comunque riconoscibili (in questo caso) come dei gatti domestici.
Soffermiamoci ora sulle foto del presunto “gatto volpe” che hanno imperversato su internet. L’esemplare che viene misurato nelle foto pare in realtà proprio un comune gatto. Anche il micio con due occhi di colore diverso, che AFP riporta esser tale per via di uno scontro con un rivale, potrebbe non essere nulla di così anomalo. Anzitutto, non è chiarissimo quale dei due occhi sia quello danneggiato, e l’aspetto degli occhi feriti nei gatti è ben diverso; per fugare i dubbi basta una rapida ricerca su Google. Questo potrebbe essere un normale caso di eterocromia, ovvero di occhi di colori diversi. Nei gatti domestici è un fenomeno molto noto.
Quello della foto potrebbe non essere nemmeno un gatto selvatico corso, ma un semplice gatto inselvatichito… o magari, un ibrido tra i due; come detto sopra è un fenomeno che in natura può avvenire, ma per avere la conferma aspettiamo la pubblicazione dell’esame del DNA.
La Repubblica nella prima versione dell’articolo aveva anche detto che l’esemplare possedeva “un insieme di caratteristiche che fanno sembrare la creatura un ibrido, a metà tra il gatto e la volpe” (si alludeva al colore rossiccio soprattutto, ndr). Al di là delle considerazioni collodiane che possiamo fare, va detto che l’autore dell’articolo se non altro non considerava esplicitamente questo gatto come il risultato di un amore clandestino tra due specie piuttosto diverse… tuttavia, la prima cosa che salta in mente a coloro che leggono è proprio questo, perché tale è il significato della parola “ibrido”. Anche questo ha un peso non indifferente su come la notizia viene percepita dal grande pubblico.
I gatti di Kellas
L’Europa non è nuova alla “comparsa” di gatti misteriosi e nella metà degli anni Ottanta, a Kellas, in Scozia, iniziarono a circolare voci riguardanti l’esistenza di grossi gatti neri grandi come volpi.
Nel mese di giugno del 1984 uno di questi fu vittima di una trappola per selvaggina presso Grantown: il cadavere fu ritrovato dal guardiacaccia Ronald Douglas. Si trattava di un maschio adulto lungo 106 cm dal naso alla punta della coda, le cui spoglie furono in seguito smarrite dopo essere state inviate a un tassidermista. Nell’ottobre dello stesso anno fu resa nota l’esistenza di un altro esemplare, un maschio imbalsamato di proprietà di Tomas Christie, poi nell’aprile del 1985 un terzo esemplare fu abbattuto nel piccolo villaggio di Advie, mentre nel 1985 un giovane individuo fu ucciso in prossimità di Kellas.
Tutti questi gatti possedevano caratteristiche simili: testa allungata e retro del cranio piatto, muso relativamente tozzo, orecchie rotonde, canini notevolmente sviluppati e dentizione compatibile con quella del gatto selvatico scozzese (anche lui Felis silvestris silvestris), ma dotata di due premolari inferiori aggiuntivi. La pelliccia appariva di colore nero, ma recava, se esaminata da particolari angolazioni, tracce di striature sul corpo e anellature nella coda, alla stregua di quanto avviene con le pelli dei leopardi e giaguari melanici nelle quali è possibile intravedere le rosette.
Gli esemplari furono esaminati dagli zoologi e la conclusione fu che si trattava di un ibrido tra un gatto inselvatichito e un gatto selvatico scozzese. Tale tesi fu successivamente confermata dall’analisi dei cromosomi di un campione di sangue eseguita dal dipartimento di zoologia dell’Università di Aberdeen, che rivelò che apparteneva ad un ibrido di gatto domestico e gatto selvatico: i gatti di Kellas non erano altro che il frutto di un’introgressione, fenomeno per il quale vi è un passaggio di geni da una popolazione o specie ad un’altra, rappresentati da individui con diversi gradi di somiglianza con i gatti selvatici europei e i gatti domestici.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- Francis R. C. 2016. Addomesticati. Torino: Bollati Boringhieri
- Hunter L.. 2015. Wild Cats of the World. London: Bloomsbury
- Morris, D. 1996. Cat World: A Feline Encyclopedia. London: Penguin
- Shuker, K. 1990. The Kellas Cat: Reviewing an Enigma. “Cryptozoology” vol. 9, pp. 26-40
Immagine di copertina: Cat red pet, Pixabay, licenza CC0 1.0
Cito dall’articolo:
“E’ tenendo bene a mente tutto questo che dobbiamo indagare sull’identità del gatto volpe…
Il gatto silvestro
Anzitutto, quando si parla di “gatto selvatico”, non si intende un gatto domestico che, fuggito di casa, è andato a vivere nel bosco, ma di una specie di felide che ha il nome scientifico di Felis silvestris.”
Era un gioco di parole voluto (dubito) pensando a Silvestro e Titti dei cartoni animati o l’errata traduzione di Felis Silvestris che poi viene correttamente riportata come gatto selvatico?
Silvestro è un sinonimo si selvatico, cioè significano la stessa cosa.