Gli spiriti diurni di via della Rocca a Torino
Giandujotto scettico n° 43 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (01/08/2019)
Già da parecchio tempo gli spiriti non offrivano argomento alla cronaca torinese. Noi, per dire la verità, non ne sentivamo molto il desiderio, perché a occuparsi di simile materia c’è da attirarsi il compatimento, non sempre benevolo, dei lettori miscredenti, che sono la maggioranza. Ma i fatti sono fatti, e il cronista, quando li ha controllati, non può esimersi dal registrarli così come sono, obbiettivamente, lasciando che ognuno ne tiri le conseguenze che più gli garba.
Inizia così la cronaca dell’infestazione spiritica di via della Rocca, a Torino, pubblicata da La Stampa il 2 febbraio 1908 in cronaca locale. E dunque, quali erano i fatti a cui si riferiva il quotidiano torinese?
Da alcuni giorni una “rispettabile famiglia” della città era “conturbata” da alcuni strani fenomeni, simili a quelli che erano già saliti agli onori delle cronache in parecchie abitazioni torinesi tra fine Ottocento e inizio Novecento. La casa degli spiriti si trovava in via della Rocca 22, al terzo piano, e il giornale la descriveva come un posto tranquillo “dall’aspetto severo, quasi monacale”. Vi abitava un impiegato catastale, il geometra Angelo Cavallero, insieme alla moglie, alla suocera, a tre bambini e alla donna di servizio.
Casa tranquilla, dicevamo. Fino a quando, il martedì precedente l’articolo, verso le 11 del mattino, il campanello all’ingresso aveva iniziato a suonare violentemente, quasi fosse stato “messo in moto da una forza meccanica”. Si aprì la porta, e sul pianerottolo non c’era nessuno. All’inizio la famiglia non si era preoccupata, ma nei giorni seguenti altri fenomeni si erano aggiunti a infittire il mistero. I lumi a gas si accendevano senza che nessuno li avesse toccati, i vestiti e i cappelli all’ingresso venivano trovati a terra o nelle camere vicine, le finestre si spalancavano inspiegabilmente. Anche i letti dei bambini venivano presi di mira: sembrava che una mano invisibile avvolgesse i materassi e le lenzuola.
La famiglia stava iniziando a preoccuparsi, soprattutto i due figli maggiori, e a quel punto i genitori avevano chiesto aiuto a Carabinieri e Questura. Sul posto erano stati mandati due agenti e anche alcuni amici della famiglia erano corsi in aiuto dei malcapitati. Ma fino a quel momento non si era trovato il bandolo della matassa. Un particolare curioso però era stato osservato: gli spiriti si manifestavano solo di giorno, meno alla sera e mai di notte.
Spiriti diurni?
Quattro giorni dopo, il 6 febbraio, La Stampa pubblicò un nuovo articolo sul caso: dopo una breve fase di tregua i “belli spiriti” di via della Rocca erano tornati. I vicini di casa, seccati per quell’andirivieni di agenti, di curiosi e di studiosi dei fenomeni paranormali, suggerivano malignamente che gli spiriti fossero colpa della padrona di casa, medium a sua insaputa, e che per qualche giorno fossero rimasti inoperosi solo perché un medico aveva somministrato un po’ di bromuro alla signora. Una spiegazione in linea coi tempi: si credeva in modo abbastanza ampio che alcune persone avessero la capacità, magari “subcosciente”, di richiamare a sé entità disincarnate o di scatenare energie misteriose, anche senza far ricorso all’idea dei fantasmi.
Concetto che sarà protagonista di un lungo dibattito nella giurisprudenza dei primi decenni del XX secolo: un inquilino poteva decidere liberamente di andarsene da una casa infestata? L’infestazione spiritica era da considerarsi al pari di un vizio occulto presente nel fabbricato (cosa che poteva portare allo scioglimento del contratto d’affitto), oppure era una colpa dell’inquilino-medium, che quindi avrebbe dovuto pagare anche i danni al proprietario?
L’approccio giuridico alle case infestate sarà oggetto di ampia trattazione da parte dell’avvocato napoletano Francesco Zingaropoli, metapsichista e collaboratore di Cesare Lombroso, che vi dedicherà due volumi pubblicati nel 1907 e 1916. Segno che comunque questo tipo di ragionamento non era affatto peregrino, all’epoca.
Anche nel caso di via Rocca, il più seccato sembrava essere proprio il “segretario” dell’abitazione (oggi diremmo il portinaio), il quale temeva che quelle entità disincarnate facessero pensare che l’immobile era un posto poco consigliabile. Oltretutto, i fantasmi lo usavano senza nemmeno pagare l’affitto!
Ad ogni modo, nell’abitazione torinese i “tiri birboni” erano davvero ricominciati su larga scala. Il geometra Cavallero raccontava che quando tutta la famiglia si trovava riunita in una stanza, i fenomeni avvenivano in un’altra. Lui stesso, su consiglio di alcuni imprecisati “cultori di scienze medianiche”, stava procedendo a registrare le sue osservazioni in merito. Però non ne veniva ancora a capo. Le stesse forze dell’ordine avevano rinunciato a vigilare sul caseggiato, dal momento che facevano una magra figura, “non riuscendo ad evitare agli spiriti di compiere il loro capriccio”.
Altrettanto insoddisfatti rimanevano i giornalisti, di fronte ai quali nessun fenomeno strano si era verificato. Forse “i noiosi messeri” erano anche timidi e poco amanti della pubblicità, oltre che diurni?
Poi, per parecchi giorni tutto tacque di nuovo. Solo il 19 febbraio 1908 La Stampa tornò sull’argomento per informare che la “ridda”, iniziata misteriosamente il 28 gennaio, era cessata altrettanto inspiegabilmente il 14 febbraio. La famiglia appariva sollevata. La forza misteriosa che accendeva lumi e fornelli, trasportava gli abiti, rovesciava sedie e scuoteva sgarbatamente il campanello di casa (senza per altro lasciarsi intimorire da due militi della Benemerita) sembrava esaurita. Erano cessati anche i continui pellegrinaggi di curiosi e di metapsichisti, che avevano anche tentato alcuni esperimenti. Purtroppo La Stampa non spiegava quali prove fossero state fatte, ma ne traeva questa conclusione:
Pare però che gli esperimenti tentati abbiano fatto escludere l’ipotesi che tra i membri della famiglia Cavallero vi sia qualche persona dotata di facoltà medianiche e tanto meno la signora Cavallero, che nello stranissimo caso, mostrò, come i suoi figliuoletti, una meravigliosa calma e un esemplare sangue freddo.
In sostanza i fenomeni strani apparvero e si esaurirono nell’arco di diciassette giorni, senza che una vera spiegazione giungesse a far luce sulla faccenda.
Da scettici possiamo pensare che qualcuno in quella casa ancora una volta avesse deciso di giocare un brutto scherzo agli altri membri della famiglia, come è stato possibile accertare in mille altri casi. Ma è ormai impossibile individuare un colpevole o ricostruire le motivazioni dietro a questi possibili gesti.
Una conclusione, questa, comune a molte altre infestazioni spiritiche tra fine Ottocento e inizio Novecento. Possiamo solo prenderle così, come testimonianze di un periodo della nostra storia in cui lo spiritismo aveva reso corrente e quasi normale il concetto di “casa infestata”, oggi cambiato in modo radicale.
Un periodo in cui non era affatto insolito che qualcuno, qualche “bello spirito”, secondo le parole de La Stampa, potesse metterne in scena il mito.
Foto di Fabio Fistarol da Unsplash