Giandujotto scettico

Il chupacabras del Monregalese

Giandujotto scettico n° 44 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (15/08/2019)

È una storia abbastanza recente, quella del chupacabras del Monregalese. Correva l’anno 2008, quando, il 3 settembre, l’animale fece per la prima volta la sua comparsa su L’Unione Monregalese, uno dei più letti settimanali locali della zona:

Nelle scorse settimane è stato avvistato nelle campagne tra Gratteria e Rifreddo un animale perlomeno strano. Non sono disponibili foto, ma secondo alcune testimonianze molto precise si tratterebbe di un animale simile ad un coyote, con il pelo completamente raso, la coda tubulare, le orecchie a punta e il muso a punta. La descrizione accende l’attenzione e la curiosità perché l’animale assomiglierebbe in maniera inquietante ad un chupacabras, una specie poco conosciuta simile ad un cane, che vivrebbe nelle pianure messicane e che, secondo la leggenda, ucciderebbe le capre succhiando loro il sangue.

Già, il chupacabras.

Più che di “specie poco conosciuta”, forse si dovrebbe parlare di creatura criptozoologica per la cui realtà l’evidenza è inconsistente. Non si tratta, come per altri animali leggendari, di un prodotto della tradizione popolare in senso classico: i primi avvistamenti risalgono al 1995 ed ebbero per teatro l’isola di Porto Rico, dunque l’America centrale ispanofona. Da quel momento la sua fama si è sparsa nel mondo, soprattutto nei Paesi del Centro e del Sudamerica, facendo entrare il nuovo mostro a pieno titolo nel folklore di Messico e Stati Uniti.

In Italia il chupacabras non sembra aver goduto di eguale successo, anche se sporadiche apparizioni sono state segnalate ogni tanto sulle pagine dei giornali locali. Il caso cuneese fa parte di questo piccolo gruppo.

Torniamo all’avvistamento del 2008: viste le caratteristiche attribuite di solito all’animale mitologico la cui conoscenza era ormai nota agli italiani grazie a siti internet e pubblicazioni di “credenti”, L’Unione Monregalese ci teneva a specificare che in quel caso non si era avuta notizia di ovini ritrovati uccisi – un costume attribuito fin dall’inizio al chupacabra, che rientra nel novero degli animali mitici “pericoli”. Il settimanale ricordava che anche una trasmissione di Raidue, Voyager, tempo prima aveva parlato dell’argomento e che non si poteva escludere che quello di Rifreddo-Gratteria fosse “un canide molto particolare e tutto da scoprire”. Il brivido del mistero esotico era atterrato anche in terra subalpina.

Per un anno intero non si parlò più della vicenda.

Quasi subito dopo lo scadere del primo anniversario della prima notizia, invece, il 9 settembre 2009 apparve un nuovo articolo. Il titolo era quasi inevitabile. Era forse Il ritorno del chupacabras?, si chiedeva il giornale di Mondovì. Il giornale era sempre quello, e quello sarà il solo a interessarsi, per anni, della fantomatica esistenza del nostro criptide. L’occasione per tornare a parlarne era quella di un nuovo avvistamento:

Ad un anno di distanza, è giunta in redazione un’altra segnalazione relativa ad uno strano animale simile ad un coyote, ma con il muso allungato e la coda molto particolare.

Dopo Rifreddo e Gratteria, questa volta il quadrupede era stato avvistato proprio a Mondovì, ai bordi della tangenziale, nei pressi del nuovo Ospedale. Sempre più vicino all’abitato. Si tornava di nuovo a parlare di chupacabras, o almeno di un canide dalle fattezze particolari:

In effetti, tutti gli avvistamenti nel Monregalese paiono convergere su alcuni particolari ben definiti: questa strana bestia, infatti, più che un cane, sembra proprio una sorta di incrocio tra un coyote ed una iena. Come un anno fa, la segnalazione parla di “una coda di forma tubulare”, pelo corto e di colore grigio-nero, un collo più lungo di quello di un normale cane e orecchie a punta. Invitiamo chi fosse in possesso di maggiori informazioni o chi avesse avvistato lo strano animale a segnalarlo alla nostra redazione.

Passava un altro anno senza notizie di rilievo. Ma ecco che in piena estate, ancora quasi un anno dopo, il 25 agosto 2010, L’Unione Monregalese tornava sul tema: Strani animali nelle nostre campagne, era l’intestazione. Dopo aver ricordato in poche parole gli avvistamenti del 2008 e del 2009, il giornale riferiva nuove apparizioni dell’animale: per ben due volte alcuni cittadini avevano segnalato una “bestia apparentemente sconosciuta” nella boscaglia intorno a Cigliè, a sedici chilometri da Mondovì:

Avrebbe il muso allungato, le orecchie grandi e rotonde, un dorso arcuato che terminava in una coda che si assottigliava sulla punta. Non pareva essere né un tapiro, né un ungulato che popola la zona.

Chissà perché quel riferimento ai tapiri, che non fanno esattamente parte della fauna tipica del Basso Piemonte… Ad ogni modo L’Unione ci teneva a rassicurare i lettori: l’animale non sembrava pericoloso, nonostante la somiglianza con il mitico e famelico chupacabras. Si preannunciava comunque “un safari” alla ricerca del canide misterioso, ma solo fotografico.

Il tentativo non ebbe successo: la settimana seguente, il 1° settembre, L’Unione Monregalese non trovava di meglio che pubblicare l’immagine di “uno degli strani animali avvistati negli USA”. L’articolo si intitolava Nessun animale strano a Cigliè, però… ed esordiva con un perentorio (o forse speranzoso?)

Il caso non è ancora chiuso.

Si parlava di avvistamenti fatti da “almeno tre persone” nelle settimane precedenti. Il canide era stato riconosciuto mentre attraversava la strada, pochi tornanti prima dell’ingresso in paese. Due cronisti del settimanale avevano raccolto le dichiarazioni di alcuni abitanti del paese e quelle del sindaco Giovanni Sciolla. Tutti però avevano avevano fatto spallucce e avevano affermato di non saperne nulla. Nessun animale dalla coda tubulare era stato osservato gironzolare per vigne e boschi intorno a Cigliè. Ma la curiosità permaneva:

La zona è ricca di fauna selvatica come volpi, tassi, martore, faine, cinghiali. L’animale in questione però sembra sfuggire a questa catalogazione. Che stia giocando a nascondino? Se è vero che sia improbabile pensare ad un ritrovamento sconvolgente, è vero altrettanto che la faccenda sia qualcosa in più di una semplice leggenda metropolitana, anzi campestre.

La saga del chupacabras del Monregalese per quanto ne sappiamo terminò lì, senza ulteriori notizie. Poche testimonianze, tre articoli ma sufficienti a dare il via a una piccola ma vivace mitologia locale.

Il 2 agosto 2017, ad esempio, il cronista Fabrizio Gasco firmava, sempre sull’Unione, un pezzo dedicato alla “giungla” cresciuta “a poche centinaia di metri dalla civiltà”: Safari & Misteri – Nelle nostre campagne, brividi che non ti aspetti – corredata dall’esplicativo sottotitolo Avventura semiseria dietro casa. Veniva descritta la fauna tipica della zona: caprioli, lepri, cinghiali, volpi, aironi, ricci, fagiani e… una Fiat 126 misteriosamente abbandonata in un pioppeto.

Poi però si menzionava anche lui, l’ormai leggendario “canide con la coda tubolare“ su cui l’autore non si dilungava (“perché lì si rischia di sconfinare in una puntata di Voyager”).

Ecco, Voyager. Probabilmente è lui, il padre mai palesatosi del nostro caso monregalese. La trasmissione di Rai Due aveva infatti lanciato da poco in grande stile il mito del chupacabras in Italia. Lo aveva fatto il 19 novembre 2007 con un servizio speciale in cui si presentava la missione che il conduttore, Roberto Giacobbo, aveva effettuato a Cuero (non a Cuneo), nel Texas, dove la proprietaria di un ranch aveva trovato il cadavere di un canide e l’aveva conservato per un anno in frigorifero convinta che si trattasse dell’essere mitologico di cui aveva tanto sentito parlare.

La Texas State University di San Marcos aveva analizzato il DNA mitocondriale dell’animale, arrivando alla conclusione che si trattava di un coyote. Sdentato, privo di pelo, probabilmente anziano e malaticcio (il che giustificherebbe il suo aspetto particolare): ma pur sempre un normale, comunissimo coyote.

Giacobbo aveva intervistato la donna (per nulla convinta della spiegazione, il va sans dire), aveva assistito all’apertura della busta con il responso e aveva fatto domande al ricercatore che aveva eseguito l’analisi del DNA. E alle telecamere aveva insistito sul fatto che l’animale presentava un codice genetico simile a quello presente in banca dati e relativo ai coyote, con cui era stato confrontato. Simile, non uguale.

Ce n’era abbastanza per lui, per dire che si trattava di un DNA che non coincideva alla perfezione con quello di un animale conosciuto, che forse la bestia di Cuero era ancora una specie da scoprire, che “la leggenda del chupacabras lentamente sta diventando realtà”.

Tralasciando purtroppo di dire che un minimo di variazione è del tutto normale in questi casi, visto che si tratta di individui diversi: quello texano era irrimediabilmente un coyote, e non c’erano ragioni per pensare il contrario.

Il primo avvistamento monregalese arrivò pochi mesi dopo la puntata di Voyager, che aveva così attentamento lasciato la porta aperta al presunto mistero: come nella storia di Cuero, il chupacabras era descritto come un animale senza pelo, dall’aspetto un po’ particolare. Ȉ possibile che si sia trattato soltanto di una volpe con la scabbia, o di un altro animale visto di sfuggita. Dopo tutto, le estati italiane ci portano ogni anno avvistamenti di pantere e di altri felini, che, nei pochi casi in cui si hanno informazioni sufficienti, si rivelano cani o gattoni un po’ cresciuti. Il desiderio di sperare nella presenza di “uno strano animale nella zona” aveva fatto il resto.

L’articolo dell’agosto 2017 sul “safari delle campagne cuneesi” si concludeva con un box dedicato proprio al nostro criptide. Si intitolava: Estate 2009: quegli strani avvistamenti del chupacabra. Passati quasi dieci anni, si chiedeva se quello descritto dai testimoni poteva essere “un incrocio tra due cani o animali simili”. E concludeva:

Anche se da 8 anni non ci sono stati più avvistamenti, il mistero resta.

Ci leggete anche voi un pizzico di nostalgia?

Caro chupacabras di Mondovì, ritorna!

Foto di Nanne Tiggelman da Pixabay