Queste “misteriose” piramidi
Ormai lo sappiamo. Il ritornello è sempre lo stesso: non si sa chi le ha costruite, sarebbero servite conoscenze troppo avanzate per l’epoca, nascosti tra le misure della Grande Piramide ci sono molti segreti occultati dai costruttori e, se viste dall’alto, la loro posizione richiama la costellazione di Orione. Insomma, gli archeologi non sanno spiegare le piramidi, sorte dal nulla nel deserto egiziano.
Ma ne siamo davvero sicuri? Come spesso accade, basta approfondire un po’ i discorsi per capire quanto queste affermazioni non siano altro che luoghi comuni.
Per esempio: quando pensiamo alle piramidi, ci vengono subito in mente quelle di Giza e in particolare la monumentale piramide di Cheope. Sembra impossibile che un monumento così perfetto (all’apparenza) sia stato costruito dagli antichi egizi circa 3500 anni fa.
Ma siamo davvero sicuri che questa sia stata la prima piramide?
No. Gli archeologi hanno ormai da tempo individuato l’evoluzione delle tombe reali dall’Antico al Nuovo Regno.
La storia delle piramidi inizia infatti dall’Antico Regno. I re delle prime due dinastie si fecero seppellire ad Abydos o nelle mastabe di Saqqara. Con la III dinastia, però, e in particolare con il faraone Djoser, si verificò una svolta. La sua piramide a gradoni è la più antica d’Egitto, realizzata dall’architetto Imhotep. Questa costruzione viene spesso presa ad esempio per le sue fasi costruttive: inizialmente era stata concepita come una mastaba, un edificio in pietra, piatto e massiccio, su pianta quadrata (M1 – si guardi l’illustrazione, tratta dal primo dei due volumi indicati in calce all’articolo) poi ingrandita (M2-3).
Durante questa fase vennero scavati alcuni pozzi collegati a corridoi che avrebbero accolto le consorti e altri membri della famiglia reale. Gli architetti però non si fermarono qui. Sopra a questa costruzione ne venne eretta un’altra, (P1), dotata di quattro gradoni.
Questa è la vera innovazione che segna l’inizio dell’epoca delle piramidi. Gli architetti, tuttavia, non si accontentarono neanche di questa soluzione e la resero ancora più monumentale, aggiungendo altri due piani (P2).
Anche i successori di Djoser costruirono le proprie piramidi a gradoni (o mastabe a gradoni, come preferiscono chiamarle alcuni), ma esse rimasero incompiute a causa della brevità dei loro regni.
Dobbiamo quindi andare avanti velocemente sino fino alla IV dinastia e al suo fondatore, il faraone Snefru. Egli si fece costruire diversi monumenti funebri.
Il primo è la piccola piramide a gradoni di Seila, un monumento che non si discosta da quelli precedenti. Successivamente, Snefru fece erigere un’altra piramide, stavolta a Meidum. Come la piramide di Djoser testimonia il passaggio tra la mastaba e la piramide a gradoni, adesso assistiamo al passaggio da quest’ultima alle piramidi vere e proprie.
La piramide di Meidum, infatti, nacque come piramide a sette gradoni, tipica della III dinastia (E1, nell’ìllustrazione accanto, anch’essa presa dal primo dei due testi segnalati in fondo). Durante la sua costruzione il modello venne modificato, per arrivare a otto livelli (E2). Infine, verso la fine del suo regno, Snefru apportò un’ulteriore modifica, trasformandola in una piramide vera e propria (E3).
Durante la costruzione della seconda fase della piramide di Meidum, però, il potente faraone della IV dinastia decise di avviare la costruzione di un’ulteriore piramide, questa volta nella località di Dahsur.
Si tratta del modello detto Piramide romboidale per la sua forma caratteristica. Anche questa ebbe diverse fasi costruttive e fu il frutto di ripensamenti che portarono a modificarne la pendenza durante la costruzione, in modo da impedire il collasso della base.
Non ancora contento, Snefru costruì una terza piramide, la Piramide rossa, sempre a Dahsur, fatta – appunto – di arenaria rossastra.
Quindi le prime piramidi sono il frutto di ampliamenti, di ripensamenti e di cambiamenti distribuiti lungo un ampio arco temporale.
Ma la Grande Piramide, invece?
Il monumento del figlio di Snefru, Cheope, è la vera piramide che tutti abbiamo in mente quando pensiamo all’Egitto. Nel corso dell’800 nacquero pseudo-teorie occultistiche che condussero alla nascita Piramidologia, secondo la quale, partendo dalla misurazione della Grande Piramide – ritenuta esempio di perfezione – si potrebbero ricavare indicazioni su un presunto “potere delle piramidi”. Tutto ciò presuppone, ovviamente, che la Grande Piramide sia stata costruita esattamente come l’avevano progettata i suoi architetti, altrimenti non si capirebbero i supposti messaggi nascosti nelle sue misure.
Ma se vi dicessi che anche questo monumento è il risultato finale di almeno tre ripensamenti avvenuti in corso d’opera?
In una prima fase si scavò il basamento roccioso, lasciando un nucleo al centro (cosa che avrebbe permesso di risparmiare una parte dell’opera muraria) e spianando ai lati. Si scavò anche un corridoio fino ad una camera ipogea (quella al numero 2, nell’illustrazione accanto, presa stavolta dal secondo dei due volumi consigliati in chiusura) che sarebbe servita a contenere la sepoltura del faraone.
In seguito, però, questa idea fu abbandonata e si decise di ricavare la camera sepolcrale regia direttamente nel corpo della piramide. Il fatto è che l’alzato era già stato costruito in parte, e dunque a quel punto si dovette scavare un corridoio (punto 4) direttamente nei blocchi già posizionati. Si preparò quindi la camera (punto 6) per la sepoltura del faraone.
Ma non basta: il progetto cambiò ancora una volta. Vennero costruiti un maestoso corridoio (punto 7) e un’imponente camera (punto 9), cioè il luogo in cui trovò definitivamente pace il faraone Cheope.
Dopo la Grande Piramide sorsero quelle dei suoi successori, Chefren e Micerino. Gli ultimi re della dinastia ebbero un regno molto breve e non lasciarono monumenti funerari degni di nota. Con la V dinastia le piramidi si fecero più piccole a favore del complesso templare che, ricordiamolo, circondava le tombe reali già da quando erano semplici mastabe.
Con la XII dinastia le piramidi tornarono ad assumere grandi dimensioni, ma furono costruite non più in pietra, ma in mattoni, un materiale che si degrada facilmente e che dunque ne ha permesso soltanto una conservazione frammentaria.
Infine, a partire dalla XVIII dinastia i faraoni preferirono farsi seppellire nelle tombe sotterranee della Valle dei Re, forse per difendersi dai furti dei ricchi corredi e dal vilipendio delle mummie reali, che peraltro si verificava già in antico.
Le piramidi egizie dunque, presentano una precisa evoluzione tipologica. Lungi dall’essere perfette e immutabili, sono anche l’esito di tentativi e di errori, di ripensamenti e di idee innovative. Anche se ci sono sempre nuovi dettagli da scoprire, gli archeologi ormai ne conoscono bene i caratteri generali, dalle mastabe della II dinastia fino alle piramidi in mattoni della XII.
Ricordiamoci poi che le piramidi non erano monumenti isolati che spuntavano come funghi nel deserto, ma che erano sempre circondate da un complesso funerario fatto di templi dedicati al culto, con sacerdoti e servitori e dalle tombe dei membri meno importanti della famiglia reale, che li rendevano posti pieni di vita e di attività.
Insomma, un complesso, affascinante e cangiante frutto di intelligenze brillanti e dei migliori ingegni del tempo, ma pur sempre di ingegni del tutto umani e coerenti con il mondo così com’era visto allora.
Per approfondire:
Peter Jánosi, Le piramidi, il Mulino, Bologna, 2006.
William H. Stiebing, Antichi astronauti. Dalle pile di Babilonia alle piste di Nazca, Edizioni Avverbi, Roma, 1998.
Sull’argomento suggerisco la lettura del seguente articolo:
https://www.altrogiornale.org/non-chiamatela-piramide-di-cheope/
Grazie per il commento, ho visto il suo articolo. Nel contributo ho focalizzato la mia attenzione su un aspetto specifico delle piramidi, e cioè la loro evoluzione nel tempo. Le tecniche di costruzione utilizzate potrebbero essere un tema per un prossimo articolo. In generale però, vorrei osservare che l’archeologia si basa su precise tecniche scientifiche e che ogni affermazione che viene fatta, tiene sempre conto di tutto il contesto storico, archeologico sociale ecc.. riguardante il periodo in esame. Per questo motivo uso come fonti i lavori di persone che hanno dedicato la propria carriera, se non la propria vita, allo studio scientificamente accurato dell’antichità. E l’utilizzo di questi metodi e il vaglio della letteratura scientifica, porta ad affermare che le Piramidi sono state costruite dagli Egizi, con tecniche utilizzate all’epoca e delle quali ci sono pervenute le testimonianze archeologiche. Addirittura sono noti alcuni papiri che contengono i calcoli e le misurazioni necessarie.
A tal proposito, le consiglio la lettura dei libri citati in calce all’articolo.
Concordo in pieno con il tema dell’archeologia e delle specializzazioni.
Non concordo invece con la mistificazione attuale dove una teoria viene spacciata per certezza: attualmente quello che ci viene insegnato come certo è in realtà una supposizione.
Una teoria piena di lacune, sostenuta ovviamente da una serie di indizi storico-archeologici.
Altri indizi sono altrettanto validi ed in netto contrasto con la teoria ufficiale.
Nei miei articoli metto in evidenza queste contraddizioni, nella speranza che i veri studiosi (quelli che lei cita come esperti che dedicano la carriera e la vita allo studio) si degnino di approfondire e spiegare con accuratezza per fugare ogni dubbio.
Il problema ad oggi è che nessuno degli esperti è in grado di spiegare in modo chiaro ed inequivocabile come gli Egizi abbiano costruito le Piramidi di Giza e nessuno è in grado di ribattere in modo scientifico alle contestazioni che altri studiosi fanno, come quelle che descrivo nei miei articoli che trova gratuitamente in rete su academia.edu ad esempio.
Lei che dottorato di ricerca possiede per giudicare gli archeologi che spiegano come vennero fatte le Piramidi di Giza, quasi ridendo degli stessi?
Che dottorato possiede per giudicare attentibili altri studiosi (non archeologi)?
Mi dispiace che lei la pensi così. Tutte le ricostruzioni archeologiche non possono essere certe, poiché nessuno di noi c’era all’epoca e non sappiamo come sia andata. Alcune cose però sono più probabili di altre perché si accordano meglio con quello che sappiamo sul contesto culturale dell’epoca, i resti archeologici, le fonti scritte e figurate e i dati provenienti da altre discipline.
Un esempio che faccio spesso è questo: è possibile che un asteroide cada adesso sulla mia testa? Certo è possibile, ma quanto è probabile?
In futuro dedicherò un approfondimento a come sono state costruite le piramidi, e spero di riuscire a ribattere in modo scientifico alle contestazioni.
I dati sono molti, ad esempio sono stati trovati gli attrezzi utilizzati per prendere le misure necessarie, i papiri con scritti i calcoli matematematici, le cave dei blocchi di pietra e gli utensili per spaccarli, le case degli operai che ci hanno lavorato, bassorilievi con scene che raffigurano i blocchi portati con barche sul Nilo.
Tutto quello che sappiamo del contesto del periodo, si accorda con questi dati.
Concludo dicendo che le scienze, di cui fanno parte anche la storia e l’archeologia, e gli scienziati, difficilmente potranno prendere in considerazione teorie ed ipotesi che non si basano su prove ottenute scientificamente, perché sono due linguaggi completamente diversi e non ci sarebbero le basi per una discussione. È il metodo, in questo caso, che fa la differenza.
Le ricostruzioni archeologiche hanno scientificità poichè in archeologia si collabora von fisici, chimici, geologi, geomorfologi, paleopatologi; non con i pagliacci aventi un insulso diploma di scuola superiore. Fra il primo giorno in facoltà ed il dottorato passano 10 anni; anni con la testa china anche 15 ore al dì, poi giungono i ciarlatani non archeologi ed ecco che i complottisti aventi l’Effetto Dunning-Kruger dicono che noi archeologi siamo “falsificatori” ecc.
La gente che crede a queste idiozie e non a chi ne sa molto più di loro è ridicola e solo può dialogare in bar e muretti vari.