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L’iPhone dell’Atlantide russa

Nel mese di settembre sui siti di alcuni giornali italiani (fra tutti Il Messaggero) e stranieri (The Sun) è apparsa una curiosa notizia: in quella che viene chiamata l’“Atlantide russa”, gli archeologi avevano trovato… un iPhone di 2131 anni fa!

Nel leggere un titolo del genere, ad un archeologo suonano almeno tre campanelli d’allarme.

Per prima cosa l’uso del nome “Atlantide”, che, come abbiamo già scritto, è sempre qualcosa di imbarazzante per gli archeologi. Poi – ovviamente – il fatto che sia possibile  recuperare un iPhone dallo scavo di un sito archeologico risalente a più di duemila anni fa. Infine, la stessa datazione, (“2131 anni fa”), precisissima, al punto da suscitare subito una sana curiosità su come sia stato possibile ottenerla…

Scorriamo gli articoli in cui è data la notizia. Scopriamo che in una località della Russia asiatica è stata scoperta una necropoli appartenente al periodo Xiongnu, a cavallo fra l’era classica e l’era cristiana, dalla quale, tra lo stupore degli archeologi, è riemerso un oggetto rettangolare molto simile alla cover di uno smartphone.

Bisogna andare oltre i primi capoversi per scoprire che in realtà quell’oggetto non ha nulla in comune con i moderni telefonini, ma che si tratta invece della fibbia di una cintura che una giovane donna, chiamata scherzosamente Natasha dagli archeologi, portava al momento della sua sepoltura. 

Ci interessa notare come, rapidamente, si sia evoluto il “titolo” assegnato a questa scoperta.

Il primo giornale a darne notizia è stato il Siberian Times, che annunciava: Archeologist in awe at 2,100 year old iPhone-like belt buckle unearthed in Atlantis grave in Tuva. (“Stupore di un archeologo per una fibbia da cintura a forma di iPhone scoperta in una tomba dell’Atlantide della regione di Tuva”). Sulla stampa straniera prima e italiana poi, quel iPhone-like belt buckle (fibbia a forma di iPhone), perderà il valore di paragone e diventerà ben altro, come ad esempio Archeologi trovano “iPhone” di 2.100 anni in una tomba dell’Atlantide russa su Il Mattino, in uno slittamento di significato volto ad accrescere la sensazione della scoperta.

Primo arcano svelato dunque: non si trattava di un iPhone, ma di una fibbia a forma di iPhone.

Anche nel titolo della prima fonte giornalistica, il Siberian Times, però, compare il nome “Atlantide”. Come spiegarlo?

A venirci in aiuto è una pagina di approfondimento scientifico, Livescience, che ci spiega come questo appellativo, in apparenza del tutto insensato, sia dovuto alla particolare caratteristica del sito. Esso si trova si trova all’interno di un bacino idrico artificiale che rimane inondato nei mesi invernali, mentre viene prosciugato nei mesi estivi, solo periodo nel quale gli archeologi possono compiere indisturbati i loro scavi. Questa particolare condizione ha permesso anche l’identificazione della necropoli, che altrimenti sarebbe stata impossibile da ritrovare. Le tombe, senza segnacolo e privi di altri elementi visibili in superficie, sono di fatto rimaste nascoste e inviolate per migliaia di anni. L’acqua che inonda il bacino, tuttavia, ha eroso lo strato superficiale del terreno permettendo agli archeologi di scoprire le tombe sottostanti.

Ci manca ancora un elemento da spiegare: la datazione. Quasi tutti gli articoli ci dicono che questa precisione è stata possibile grazie all’identificazione di alcune monete cinesi utilizzate come decorazione per la cintura di Natasha. Le monete sono sempre provvidenziali per gli archeologi, perché spesso tramite esse si può risalire ad un anno ben preciso da cui partire, quello nel quale sono state coniate e messe in circolo. Spesso inoltre riportano sulla superficie l’immagine del sovrano che l’ha prodotta. Di solito, però, queste vengono usate come terminus post quem, e cioè come data dopo la quale possiamo datare il ritrovamento. Le monete, come succede ancora oggi, rimanevano in circolo molti anni e, dunque, non possiamo essere certi che questa giovane donna sia morta proprio l’anno in cui le sue monete furono coniate. Più probabilmente morì negli anni successivi al conio, magari anche a distanza di decenni. Ciò di cui possiamo essere abbastanza fiduciosi  è che non sia morta prima della messa in circolo delle monete stesse. 

A questo punto, però, la scoperta mi aveva incuriosito e volevo saperne di più. Tutti gli articoli riportavano il nome del sito, Ala-Tey, che si trova nella regione siberiana di Tuva, e quello dei due archeologi responsabili della scoperta: Pavel Leus e  Marina Kilunovskaya, dell’Istituto di Storia materiale dell’Accademia Russa delle Scienze. Per fortuna stavolta mi è venuto in aiuto lo stesso Siberian Times, che, nel suo articolo, inseriva anche il link all’articolo scientifico di riferimento, quello scritto proprio dai due archeologi ed uscito sul n. 18 dell’anno 2018 della rivista The Silk Road.

Un individuo di sesso femminile seppellito ad Ala-Tey 1 con una fibbia rappresentante un cavallo.

Scopro così che in realtà Ala-Tey è costituito da due siti vicini tra loro: Ala-Tey 1, che contiene novanta sepolture, e Terezin, che ne presenta trenta. Solo il primo sito è rimasto inviolato, mentre il secondo era stato già saccheggiato in antico. Adesso gli archeologi ne stanno ricostruendo la fisionomia analizzando la dispersione degli oggetti lasciati dai tombaroli.

Parliamo dunque di Ala-Tey 1.

Il lavoro scientifico ci spiega il motivo che ha spinto Kilunovskaya a dichiarare ai giornali: Siamo incredibilmente fortunati ad aver scoperto queste tombe di ricchi nomadi Hun che non sono state alterate da antichi profanatori di tombe. Tutte le altre necropoli scoperte appartenenti a questa popolazione, infatti, erano state già profanate nell’antichità. Si trattava per la maggior parte di necropoli appartenenti all’élite, caratterizzate da grandi tumuli che ne segnavano la posizione. Nel caso di Ala-Tey, dove sono state invece sepolte persone comuni, l’assenza di segnali visibili ne ha permesso la conservazione, mentre il fatto di venire inondata per una parte dell’anno ne ha facilitato la scoperta.

Ma chi erano questi nomadi che erano stati sepolti lì? L’analisi degli oggetti e delle tecniche di sepoltura della necropoli ha permesso agli studiosi di ricostruire una parte della storia di questa regione, prima sconosciuta. I resti archeologici confermano quanto si può leggere nelle fonti cinesi: nel III-II sec. a.C. i nomadi Xiongnu estesero il loro territorio alle zone centrali dell’Asia, creando un vasto impero. Nella zona di Tuva le caratteristiche della cultura scitica precedente, come le sepolture collettive in camere di legno, furono rimpiazzate dalle nuove usanze funerarie: sepolture singole in una cista di pietra.

Una moneta wuzhu cinese proveniente da una delle tombe del sito Ala-Tey 1.

Un altro importante cambiamento si registrò nella distribuzione delle ricchezze dei corredi funebri. Se nel periodo scitico erano i maschi ad avere gli oggetti più ricchi deposti insieme a loro, nella necropoli di Ala-Tey 1 erano le donne a presentare un ricco assortimento di oggetti: monete, specchi cinesi, gioielli  come anelli d’oro e – appunto – le fibbie di cintura, bronzee le più ricche, o di giaietto, come quella della nostra Natasha.

Proprio le cinture sono l’elemento di prestigio più significativo attribuito alle donne.

Grazie a queste scoperte si son potute ricostruire le dinamiche che caratterizzarono il popolamento della zona nel periodo in esame: i nomadi Xiongnu, arrivati in forze su un territorio abitato da popolazioni scitiche, le conquistarono e vi si sostituirono nelle posizioni di potere, imponendo la propria cultura.

Quanto a Natasha, la sua fibbia “iPhone-like” non è un unicum nella necropoli. La forma rettangolare è quella tipica riscontrabile anche nelle più prestigiose fibbie bronzee decorate a giorno presenti nello stesso sito.

In più, le fibbie di giaietto, equiparabili per tipologia a quella di Natasha, sono state trovate in cinque tombe (numerato come AT1/29, 35, 86, T/21 e T/23). Di queste, tre (compresa la nostra) erano decorate con motivi a puntini molto simili tra loro e una quarta con un graffito raffigurante animali in stile scitico. L’ultima non era decorata.

Diverse fibbie per cintura ritrovate ad Ala-Tey 1 insieme al cosiddetto “iPhone di Natasha”.

In questo caso quindi, si ha il ritrovamento di un oggetto forma curiosa, che attira l’attenzione, e che viene poi utilizzato da alcuni giornali, per esempio il Siberian Times o Livescience, come appiglio di richiamo per presentare il sito nel suo complesso. Questa caratteristica viene poi ripresa e portata all’estremo, mutando da “iPhone-like” a “iPhone di 2100 anni fa”, nella caratteristica tendenza ai titoli sensazionalistici di cui ormai gran parte della stampa italiana è purtroppo preda.

I siti giornalistici italiani non hanno invece colto la vera importanza di questa scoperta, che non è tanto legata alla presenza di una fibbia, magari dalla forma strana ma comunque di una tipologia ben nota agli studiosi, quanto piuttosto all’eccezionalità di questo sito, sola necropoli inviolata ad oggi scoperta nella zona.

Sarà questo evento a permettere di gettare luce su alcuni aspetti della cultura Xiongnu finora non indagati proprio per mancanza di materiali.

Tutte le illustrazioni provengono dall’articolo di Pavel Leus e  Marina Kilunovskaya, disponibile qui.

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