L’indemoniata di Cuneo
Giandujotto scettico n° 49 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (24/10/2019)
È la sera di mercoledì 16 agosto 1961. La frazione di Spinetta, ai piedi dell’altipiano di Cuneo, si trova in agitazione. La causa è assai insolita: tutti parlano di P., la giovane indemoniata che abita presso la Cascina Filatura, un complesso edilizio che risale a inizio Ottocento.
Da qualche tempo, si dice, a casa sua volano stoviglie che poi vanno in frantumi, i vetri si rompono, le porte si aprono da sole e di notte si odono rumori e scricchiolii.
A quanto pare i presunti fenomeni duravano da tempo, ma quel giorno il panico si era impadronito dei familiari e dei vicini. La conseguenza era stata un pressante ricorso alle autorità. La famiglia aveva chiamato il parroco perché benedicesse la giovane, qualcun altro aveva interpellato i Carabinieri e questi ultimi avevano convocato un medico.
Il sanitario decretò che si era in presenza di “una forma di epilessia, sia pure di non chiara classificazione”. In questo modo, il corrispondente da Cuneo de La Stampa del 17 agosto – la prima fonte di cui disponiamo su questa storia tristissima – mise fin da subito in luce, forse senza volerlo, la radice della vicenda. A fronte della rapida collocazione in un quadro patologico classico – l’epilessia – la popolazione della borgata replicava opponendo i fenomeni “misteriosi” che poco tempo prima si erano verificati nella casa della donna: i Carabinieri presentatisi alla sua porta per sentire lei e i familiari erano stati accolti dal lancio inspiegabile di pietre.
Quel giorno stesso l’edizione pomeridiana del quotidiano torinese, Stampa Sera, pubblicava un articolo che cercava di ricostruire quanto stava accadendo. L’articolo era siglato V.M. e raccoglieva un numero assai maggiore di informazioni.
Da una quindicina di giorni P. smaniava, urlava, diceva di avere visioni e “prediceva il futuro”. Le opinioni della frazione erano divise, ma c’era un particolare decisivo. Sembrava che la prima manifestazione remota dei sintomi della donna risalisse a due anni prima. Una notte la donna aveva avuto “un brutto sogno”, che il giorno dopo aveva raccontato al marito: avrebbero avuto una figlia, ma la bambina sarebbe morta strangolata al quindicesimo mese di vita. Per una terribile coincidenza, nel febbraio 1961 la figlioletta appena nata morì davvero a quindici mesi. La causa era però una meningite, malattia che ancora a quel tempo mieteva vittime in gran numero.
Dal momento della morte della bambina la donna cominciò a compiere con regolarità, ogni sera – secondo i familiari sempre intorno alle 21 – degli “strani atti”. Solo nelle ultime due settimane, però, i fenomeni si erano “aggravati”. Il parroco si era limitato ad aspergere con acqua santa la giovane, secondo la burocrazia del sacro tradizionale. I Carabinieri, invece, quella mattina erano stati accolti nell’aia della cascina da una fitta sassaiola, la stessa che secondo i familiari partiva ogni sera, quando la donna entrava in crisi.
Fatta una rapida battuta nella zona non è stata trovata traccia dell’ignoto tiratore, o meglio si sono incontrate decine di curiosi, fra i quali forse si nasconde il lanciatore di sassi.
Quel mattino, comunque, P. era stata ricoverata nel reparto medicina dell’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo, assistita dal marito.
Il corrispondente de La Stampa era netto nelle sue considerazioni:
È […] certo che gli sconsiderati che per tanti giorni si sono divertiti a lanciare pietre, nel corso della notte, contro la cascina, partita la donna saranno indotti a cessare la poco opportuna chiassata la quale, secondo i Carabinieri, aveva il solo scopo di spaventare per motivi che devono essere ancora accertati.
Come vedremo fra poco, queste ombre sulla dinamica dei fatti s’infittiranno nelle settimane successive.
La cronaca più ampia che ci è giunta sulla storia di Spinetta di Cuneo comparve ancora su Stampa Sera nell’edizione del 18-19 agosto. Firmata di nuovo “v. m.”, spiegava che le vicende si avviavano “alla loro logica conclusione”. Presso l’ospedale di Cuneo la donna era stata sottoposto a numerosi controlli e sedata. La cartella clinica parlava di “una forma anomala di tricofagia paranoica”.
Già, perché già dalla mattina di giovedì 17 e ancora di più nel pomeriggio
dal suo letto… ha sputato pezzi di spago ed una manciata di capelli che, secondo i medici, aveva ingoiato mercoledì sera durante le sue ormai periodiche crisi.
L’ultima delle clamorose crisi, nel corso delle quali si contorceva per terra, predicendo il futuro ai familiari.
A lungo andare queste crisi hanno portato la gente più semplice a pensare che P. fosse posseduta dal demonio. La voce correva di casa in casa, di cascinale in cascinale e, naturalmente, come sempre succede in questi casi, si ingigantiva per via. Ogni sera una folla sempre più numerosa accorreva dinanzi alla porta della cascina, o addirittura sull’aia per assistere, con morbosa curiosità mista a timore, al poco edificante spettacolo. Mercoledì sera [il 16 agosto, N. d. R.], come ci hanno confermato i Carabinieri di Borgo S. Giuseppe, competenti per territorio, la folla poteva essere valutata a un migliaio di persone, molte delle quali giunte anche dal capoluogo.
Il parroco di Spinetta, e con lui la religione istituzionale, sembra abbiano giocato un ruolo secondario. Il sacerdote asperse la donna più volte di acqua benedetta, ma senza che la cosa avesse qualche effetto.
Qualche bello spirito volle però approfittare degli aspetti paradossali e non spiegabili della vicenda, e cominciò a tirare sassi contro le porte e contro le finestre della cascina. Nascondendosi nell’oscurità dei campi, proprio quando la povera P. era nel pieno della sua crisi paranoide, queste persone lanciavano i sassi e mandavano in frammenti i vetri, convincendo così i più sprovveduti che la cascina fosse veramente abitata dagli spiriti e che la giovane sposa fosse inerme preda di potenze diaboliche.
Questo scorcio fa pensare a tensioni interne alla piccola comunità. Dopo aver spiegato di nuovo che lo stesso marito della donna raccontava del sogno “premonitore” della nascita e morte prematura della figlioletta, v. m. proseguiva il resoconto introducendo un elemento che nelle fonti successive assumerà un rilievo importante.
Subito dopo la nascita della bimba la P., la cui psiche evidentemente era uscita provata dalla gravidanza, volle visitare una fattucchiera.
Che cosa ciò avesse comportato, per ora non era detto. Soltanto, in chiusura il cronista riferiva che i medici dell’ospedale di Cuneo stavano valutando se trasferire la donna in una clinica. In effetti, scrisse La Stampa del 19, già quella sera la donna fu condotta in autoambulanza all’ospedale neuropsichiatrico di Racconigi.
Fu allora che si delineò meglio la storia della “fattucchiera”. Il marito della ricoverata aveva denunciato una donna per tentata estorsione, dopo che la sera del 26 maggio 1961 l’uomo aveva sorpreso la moglie mentre usciva di casa con in tasca tutti i preziosi e 120.000 lire. Lei si giustificò dicendo che aveva ricevuto una lettera della maga che le ingiungeva di portarle tutti i suoi averi. Il marito andò dai Carabinieri, e quelli trasmisero la denuncia alla Procura di Cuneo. A fine luglio, infine, le manifestazioni psicologiche della moglie del denunciante assunsero i tratti clamorosi che abbiamo detto.
Peraltro, il corrispondente cuneese del quotidiano non esitava a scrivere che il ricovero in manicomio della donna probabilmente sarebbe stato “di grande giovamento” per la denunciata, visto che, sembrava dirsi in modo implicito, le sue condizioni psichiche la rendevano difficilmente affidabile.
Non sappiamo quasi nulla del seguito della storia. La Stampa del 5 settembre annunciò che la donna era stata dimessa da Racconigi il giorno prima e che era già rientrata a casa.
Il contesto conflittuale in cui s’inquadrò la vicenda è ben illustrato dalle ultime parole di questo trafiletto:
La notizia del ritorno a casa di P. ha sorpreso i vicini ed i compaesani: la vicenda di cui era stata protagonista la giovane era troppo fantastica ed aveva suscitato enorme rumore nella zona. La donna e suo marito sono stati denunciati per il reato di calunnia da una vicina di casa, additata dai coniugi come causa di tutti i loro guai.
Qualsiasi cosa si volesse dire che con questa frase sibillina, è chiaro a sufficienza che dietro la breve faccenda dell’indemoniata di Spinetta giacciono dinamiche psichiche, sociologiche e culturali che ci sfuggono e che videro di certo all’opera diversi attori.
Parecchi anni dopo, quando nei primi anni ‵70 sui giornali torinesi esplose la mania per il presunto satanismo albergante in ogni angolo della città e della regione, la storia della donna di Cuneo fu tirata di nuovo fuori dal cilindro. A farlo su Stampa Sera del 14 ottobre 1974 fu il giornalista ultra-cattolico Vittorio Messori. Il caso era accostato ad altri presunti poltergeist, e i toni erano diversi da quelli delle cronache originali. La storia era ormai entrata a far parte del mito del “satanismo piemontese”. I rapporti interni alla borgata di campagna, l’esplosione dei sintomi si trasformavano in quelli di una “invasata”. Il linguaggio si faceva mistificante, ambiguo:
…ancora adesso a Spinetta di Cuneo i contadini giurano che le pietre venivano dal cielo. Tra un urlo e l’altro, P. vomitava metri di corda e ciocche di capelli, le stesse cose cioè di cui parlano nei loro resoconti gli esorcisti medievali… Di lei da qualche tempo non si sa nulla.
Esorcismo, medioevo, cielo, metri di corda – e “di lei non si sa nulla”.
Di lei non si sa nulla. Senza volerlo, Messori, che iniziava in quegli anni le sue polemiche contro la modernità, la ragione e la laicità, aveva detto qualcosa di tragicamente vero.
Immagine: Parte della Cascina Filatura, teatro delle manifestazioni della donna, come si presenta oggi – Foto di Sofia Lincos & Giuseppe Stilo.