Antologia dell’inconsueto: Lino, breve “vacanza” in Macedonia
Talvolta le radici di usi, costumi e culti sono più profonde di quanto ci è stato insegnato a scuola. Un esempio è la venerazione delle reliquie: la raccontano come una prerogativa tutta medioevale, invece anche i Greci la praticavano, in particolare erano ricercate le reliquie eroiche, meglio se del fondatore della città.
Le reliquie eroiche proteggevano e portavano benefici. Degli eroi venivano venerate le loro tombe, i loro resti e persone appena decedute venivano elevate allo stato di eroe per i benefici che aveano apportato alla città. Uno schema che riconosciamo perfettamente. In entrambi casi non si può non riconoscerne l’impatto ideologico e politico.
Spesso si riconoscevano i resti eroici per la loro alterità, sopratutto la grandezza. Non è escluso che i Greci si portassero via pezzi di qualche innocente animale preistorico che giaceva tranquillamente sepolto da molto prima che loro cominciassero a camminare a due zampe. Certo l’interesse per la manipolazione e la creazione di una memoria comune, per quanto finta o bislacca, è utilissima a ben definiti scopi nel presente, come ad esempio legittimare una casata reale.
Legittimare un regno, ad esempio quello macedone, dopo aver sconfitto un esercito di poleis greche a Cheronea non deve essere uno scherzo. Infatti è in questa occasione che a Filippo di Macedonia (382 a.C. – 359 a.C.), padre di Alessandro Magno, viene in mente – in realtà lo sogna – di recuperare i resti di Lino.
Ma voi conoscete Lino? Perché va bene Eracle, Orfeo, Oreste, ma perché Lino? Lino è un eroe civilizzatore, un cantore: ammazzato da Apollo per invidia o forse da Eracle perché la musica non era il suo campo (invece spaccare la testa dell’insegnante di musica con una sedia era più nelle sue corde). Lino non sembra un eroe da Filippo di Macedonia, prode guerriero e fiero re. Però Lino è un eroe tebano e Tebe è una delle città sconfitte a Cheronea. Un’altra possibilità è che invece fosse sepolto ad Argo, la città da cui Filippo cercava di far risalire le origini della sua famiglia per farsi passare per un po’ più greco di quello che era. Che fosse una punizione per la poleis sconfitta o una legittimazione del Re vincitore, ad un certo punto, un secondo sogno impone di riportare Lino dove lo avevano preso.
Non ci sono spiegazioni certe (non si sa nemmeno se sia vera) per questa “vacanza” macedone di Lino, durata pochissimo, se pensiamo che Filippo muore due anni dopo Cheronea (338 a.C.). Però questa è la storia che ci racconta Pausania (vissuto intorno al II secolo d.C.) nel suo celebre “Viaggio in Grecia”. A un lettore scettico potrebbe però interessare per vari fattori: un culto delle reliquie poco conosciuto, una vera e propria “politica delle ossa”, l’uso utilitaristico della dimensione del sogno, la repentina, descritta quasi rocambolescamente da Pausania, restituzione dei resti (annessi e connessi) dopo un secondo sogno. Ci sono veramente tantissime cose da dire per un episodio che è poco più di un paragrafo.
Una traduzione completa (1793) del tomo IV di “Viaggio in Grecia” di pausania la trovate qui
Per altri episodi di ritrovamenti di resti eroici e una più vasta riflessione sul fenomeno consigliamo la lettura di “L’eroe Ritrovato; Il mito del corpo nella Grecia classica” di Alessandra Coppola
Dopo lei vi è un Lino, in una picciola pietra, fatta a guisa di spelonca. A Lino fanno ogni anno l’essequie , innanzi che facciano i sagrifici delle Muse. Dicesi, che fù questo Lino figliuolo di Urania, e di Anfimaro, figliuolo di Nettuno, e che nella Musica egli fà di maggiore riputazione, e fama, che tutti gli uomini del suo tempo, e piú di quegli ancora, che furono prima di lui, e che da Apolline fù ucciso per eguagliarsi à lui nel canto.
Il duolo, che si fece per la morte di Lino, passò anche fino in tutte le nazioni dei Barbari. Talchè dagli Egitti ancora fu fatto il canto chiamato Lino. Ma gli Egitti, in lingua loro, il chiamano Emanero. I poeti però Greci ne fecero menzione, come di canto Greco, e Omero massimamente, il quale perchè sapeva il tristo avvenimento di Lino; dice che nello scudo di Achille trà l’altre cose, da Vulcano lavoratovi, vi era un fanciullo che sonando la cetera cantava di Lino.
In mezzo lor, con risonante cetra, un fanciullo facea dolce canto, del bel Lino cantando amati versi. E Panfo, che compose agli Ateniesi i più antichi inni, che si trovino, crescendo tuttavia il pianto, che si faceva di Lino, il chiamò Etolino (come volesse dire Pianto di Lino). E Saffo Lesbia, avendo imparato dai versi di Panfo il nome di Etolino; mise nei suoi versi Adoni insieme, e Etolino. Dicono i Tebani essere Lino stato sepolto presso di loro, e che dopo la rotta, che ebbero i Greci a Cheronea, Filippo , figliuolo di Aminta, per una visione avuta dormendo, levate l’ ossa di Lino, le portò in Macedonia. E che egli, avvertito di nuovo dagli altri sogni, rimandò a Tebe l’ossa di Lino.
Immagine: Eracle si scaglia contro Lino