Giandujotto scettico

Il fantasma dei lampioni di via Bligny a Torino

Giandujotto scettico n° 52 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (05/12/2019)

“Sei nella sola città al mondo che, disponendo di un autentico fantasma visibile a ore fisse, lo ha abolito per decreto comunale” (La Repubblica, cronaca di Torino, 3 maggio 2010).

A dirlo era lo scrittore Luca Rastello (1961-2015) e la città era – manco a dirlo, Torino – in un delizioso reportage che girovagava “tra i lumi e le tenebre” della capitale sabauda.

Quanto al fantasma abolito, Rastello voleva riferirsi a quello che appariva ogni sera puntuale sul portone laterale della chiesa della Madonna del Carmine, in via Bligny. Tanto puntuale che nella primavera del 1990, al culmine dell’interesse per l’insolito visitatore, processioni di curiosi venivano apposta da altre città per vederlo: La Stampa dell’11 maggio parlava di gente arrivata da Vercelli, da Novara e persino da Milano. Tutti attratti dallo strano fenomeno, perché quando la sera lasciava il posto alla notte qualcosa, in effetti, su quel portone era davvero visibile.

Il portone del “fantasma”, da La Stampa, cronaca di Torino, 11 maggio 2010.

Si trattava di un’ombra scura, dalla forma indefinita ma in cui qualcuno vedeva la sagoma di un monaco con il cappuccio. Insomma, un fenomeno di pareidolia, quella tendenza del nostro cervello a riconoscere una figura nota in uno stimolo casuale, come quando si osservano persone e animali nelle volute di fumo o nelle nuvole. Ci eravamo già occupati, nel passato, di una Madonna pareidolica, quella comparsa nel 1928 a Dogliani, nel Cuneese e di cui avevamo già discusso.

Sul portone di via Bligny il gioco di ombre era tale da suggerire, ai più, l’immagine di un frate, ma non si trattava di un riconoscimento univoco: qualcuno aveva intravisto il profilo di una croce, qualcun altro niente meno che la Madonna. C’era chi – riferiva sempre La Stampa – era corso a svegliare il parroco per informarlo dell’immagine “soprannaturale” (e il giornale riportava anche una foto dell’ombra incriminata, per la verità per niente chiara).

Fatto sta che la voce si era sparsa e che la gente continuava ad arrivare e inscenare lunghe discussioni sul luogo del mistero, specialmente al sabato sera. Il giornale, con una certa faccia tosta, incolpava della cosa l’atmosfera particolare del centro storico e l’abbondanza di letteratura “magica” sull’argomento – quasi come se La Stampa stessa non avesse avuto nei due decenni precedenti nessun ruolo nella costruzione del mito contemporaneo della “Torino città magica”.

I meno contenti della cosa erano sicuramente gli abitanti del circondario:

È un continuo pellegrinaggio nelle tenebre che infastidisce non poco i residenti della zona, in particolare quelli che abitano una parte di Palazzo Paesana che ha ingresso in via Bligny 4, sul lato opposto della strada.

Come fosse iniziata a circolare la voce, non si sa. Forse il primo ad accorgersene era stato proprio il custode del palazzo di fronte, che dichiarava:

Mi ero accorto dell’ombra sul portale più di tre anni fa. L’ho detto agli amici, per scherzo. Poi, dall’estate scorsa, tutte le sere un viavai di automobili e persone che si fermavano per vedere l’ombra e disturbavano fino alle due del mattino. L’altra sera quelli che abitano al primo piano hanno tirato secchiate d’acqua sulla gente in strada.

Ma se per molti la figura aveva natura soprannaturale, altri visitatori non ci stavano. La Stampa riportava la dichiarazione di un architetto, secondo cui era chiaro che si trattava di un gioco di ombre:

La sagoma nera sul portale è dovuta in parte alla proiezione delle lesene laterali e degli spigoli decorati, in parte all’ombra delle impalcature (la facciata del Palazzo è in attesa di restauro) che interrompono la luce dei lampioni.

Una teoria confermata anche dal custode di Palazzo Paesana, che con alcuni inquilini aveva effettuato una semplice ma concretissima verifica: oscurando i due lampioni ai lati del portale con fogli di cartone, il “fantasma” spariva.

Ma non sparivano certo i curiosi, che incuranti della spiegazione perfettamente lineare e dimostrata sul campo continuavano a portarsi in pellegrinaggio sul luogo dell’apparizione, perché la cosa costava poco ed era divertente.

Alla fine furono gli stessi abitanti del quartiere a decidere di dare un taglio alla faccenda, eliminando l’involucro dei lampioni e chiedendo all’Azienda energetica municipale (AEM) di intervenire. E l’azienda intervenne installando un proiettore centrale che gettava un fascio di luce diretta sul portone. Questo provvedimento risolse il problema: l’umbratile figura scomparve dal portone. Ma non dal mito. In tempi recenti, la storia del fantasma di via Bligny è comparsa ancora su siti e articoli dedicati alla Torino paranormale:

In via Bligny c’è qualcuno che dice di aver visto lo spettro di un frate bussare incessantemente al portone laterale della Chiesa del Carmine. Ogni notte, sul penultimo gradino. Forse un frate infedele che era stato scacciato dalla chiesa per indegnità… O più probabilmente un gioco d’ombre creato dai lampioni e dagli stipiti. […] Primo caso di anima dannata che riuscì a trovare la pace grazie a un lampione.

Se non lui, almeno gli abitanti della zona.

Foto di Nikola Johnny Mirkovic da Unsplash