Misteri vintage

Un fantalucertolone in caserma

Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo

Misteri vintage oggi vi porta a Castello di Godego, nella pianura trevigiana, tra i reduci della Grande Guerra appena conclusa e sulle tracce di una polveriera militare che nel 1919 era ancora attiva. Solo negli ultimi anni – e con molta difficoltà – è stato possibile trovar traccia del campo di aviazione militare presso il quale operarono, nella seconda metà della Prima Guerra Mondiale, non solo aerei italiani, ma anche quelli di Paesi alleati. Questo campo di aviazione si trovava lungo via Muson, non lontano da un cimitero. Vi fu stanziato, dalla fine del 1916, un reparto del Servizio Aeronautico del Regio Esercito (come si chiamò l’antecedente della Regia Aeronautica), cioè la 35° Squadriglia bis.  

Siamo quasi sicuri che la polveriera che ci interessa, teatro di una serie di presunti fatti sconvolgenti, fosse parte di quel campo d’aviazione.

Ma veniamo alla nostra notizia. Il primo articolo al riguardo apparve il 7 ottobre del 1919 sul Corriere della Sera (edizione del pomeriggio). Si tratta di un semplice trafiletto – ma uno di quelli da far strabuzzare gli occhi:

Un fantasma dalla testa infuocata appariva nella polveriera del Castello di Godego, presso Castelfranco Veneto, alla sentinella. Dato l’allarme e accorsi altri soldati che hanno fatto fuoco, il fantasma si trasformava in lucertolone. La stessa storia avveniva quando un soldato siciliano caricava il fantasma con la baionetta. Gli ufficiali del presidio vogliono veder chiaro in questa faccenda e monteranno essi la guardia per qualche notte.

Ebbene sì: un secolo fa, uomini del Regio Esercito italiano si scontrarono con una figura dalla testa infuocata, che poi diventò un “lucertolone”.

Forse, a questo punto, qualcuno potrebbe immaginare un collegamento con i “rettiliani”, la presunta razza di uomini lucertola che controllerebbe segretamente il mondo portata alla ribalta dal cospirazionista inglese David Icke negli anni ‘90. Le radici di questo complotto, in effetti, affondano in una storia iniziata molti anni prima. Di uomini rettili, magari confinati al centro della Terra o responsabili di antiche guerre contro l’umanità, si cominciò a parlare almeno a partire dai primi anni ‘30. Icke fu ampiamente preceduto da occultisti americani come “Maurice Doreal” (pseudonimo di Claude C. Dodgin), George W. Shufelt e William C. Hefferlin e sua moglie Gladys, che, partendo da basi teosofiche costruirono un’intera mitologia sul tema. Eppure, per molto tempo questi argomenti rimasero materia da salotto colto o da seguaci di movimenti occultistici, ancora lontanissimi dai circuiti della letteratura pop e dei fumetti. Difficile, quindi, pensare a un collegamento con la nostra vicenda del 1919.

Ad ogni modo, il giorno dopo la prima notiziola (cioè l’8 ottobre), nell’edizione del mattino, il Corriere della Sera ampliò quella breve cronaca. La popolazione di Castello di Godego, spiegava il quotidiano milanese con un servizio da Castelfranco Veneto, era in allarme da alcuni giorni per le apparizioni avvenute presso la polveriera. Particolare inquietante: dato che la struttura militare si trovava proprio vicina al cimitero, l’ipotesi di uno spettro poteva apparire plausibile al popolino

Si raccontavano, poi, maggiori dettagli sul fantasma dalla testa infuocata, descritto genericamente come una “figura umana”. L’intero corpo di guardia, accorso sul posto,  avrebbe aperto il fuoco sull’apparizione, che intanto si trasformava – come avevamo già visto – in un “grosso lucertolone”, tanto da indurre tutti a darsela a gambe. L’incontro con il soldato siciliano ed altri suoi commilitoni era avvenuto la notte successiva: il fantasma, subito scomparso con una risata, era stato caricato alla baionetta, e contro di lui erano stati ancora esplosi colpi di fucile. La cosa si sarebbe conclusa con la decisione degli ufficiali di montare loro stessi la guardia per qualche notte, mentre alcuni soldati erano andati in ospedale perché “in preda ad alterazioni nervose”. 

La storia del fantalucertolone ebbe una conclusione inaspettata e, per certi versi, deludente. La soluzione giunse con l’edizione pomeridiana del Corriere della sera dell’11 ottobre. Tutto si era risolto con quella che il quotidiano milanese definiva un’”allegra trovata” dei militari:

Siamo nella stagione dell’uva, e i soldati di guardia alla polveriera, che avevano gettato l’occhio sui grappoli del vicino campo, tentarono di anticipare la vendemmia. I contadini, muniti di randelli, corsero dietro ai ladri i quali, per impedire ai guardiani di entrare nel campo, spararono qualche fucilata in aria e, nell’imbarazzo di dover giustificare gli spari, dissero di aver veduto figure misteriose avvicinarsi e accreditarono il fatto, tanto che il paese ne fu in breve suggestionato e i più timidi giurarono d’avervi assistito. 

Nel frattempo la notizia era uscita dai confini nazionali. Il 16 ottobre l’edizione parigina del Chicago Tribune pubblicava una breve corrispondenza (un dispaccio d’agenzia?) con data del giorno precedente proveniente da Milano che raccontava quanto avvenuto e la sua soluzione.

Più curioso il fatto che il mese dopo, il 6 novembre, un’agenzia statunitense, l’International News Service (INS), ignorando del tutto la smentita, inviasse ancora da Milano un dispaccio che nel corso delle settimane successive apparve su diversi giornali statunitensi (come, ad esempio, il 16 novembre, un quotidiano importante come il Washington Times, peraltro dello stesso proprietario dell’INS, William Randolph Hearst). Conteneva dettagli in parte diversi da quelli menzionati dal Corriere della Sera. Il fantasma visto inizialmente era, in questo caso, una “figura umana luminosa dalla cui testa provenivano lingue di fiamma”, distante dalla prima sentinella sette metri circa. Quando gli altri soldati avevano aperto il fuoco sull’entità, quella era diventata “una grande palla di fuoco”, che si era poi dissolta nell’aria. Anche nel caso dell’assalto alla baionetta, quello della notte successiva, il fantasma era “scomparso in un alone infuocato” che si era subito dissolto nell’atmosfera. Del “lucertolone” nessuna traccia. I soldati, poi, “ricoverati nel manicomio militare” (confined in the military asylum) erano quattro. Infine, il 10 novembre, se ne occupò Svet, un periodico in lingua ceca che usciva a Cleveland, negli Stati Uniti, riprendendo il Corriere della Sera dell’8 ottobre.

Comunque, il fatto che dei soldati, in tempo di pace, usassero armi da fuoco mentre sorvegliavano un’area militare non deve sorprendere. Oggi la cosa è rarissima, ma sino a qualche decennio fa un colpo d’avvertimento in aria, in caso di sospetti, di tentativi d’intrusione più o meno presunti o all’indirizzo di chi non rispondeva a un triplice altolà erano la prassi. Questo non vuol dire che, come da regolamenti, non bisognasse mettere a verbale in modo accurato qualsiasi episodio del genere. La cosa era comunque un fatto grave e – oltretutto – le consegne imponevano di render conto di ogni singolo proiettile dato in dotazione alle sentinelle.

Rovesciando il ragionamento, la facilità con la quale, nonostante i rischi di sanzioni disciplinari, militari in servizio sono stati in grado di inventarsi storie di avvistamenti di mostri, fantasmi (fino ad arrivare ad uccidere per errore, come accadde, ad esempio, ad Aosta nel 1880), di immaginarsi attacchi terroristici e – magari – avvistamenti Ufo, dovrebbe far riflettere tutti i sostenitori della realtà oggettiva dei presunti fenomeni “misteriosi”: un aneddoto, per quanto ben raccolto e documentato, resta quel che è, ovvero un aneddoto.

A ciò si aggiunga il clima sociale dell’autunno 1919. Quando va in scena la nostra storia, i legionari di D’Annunzio hanno occupato da un mese Fiume e i suoi dintorni, in Istria, proclamandone l’annessione all’Italia. Reparti delle forze armate e singoli militari si uniscono ai ribelli fiumani, in sostanza adombrando un movimento insurrezionale contro le autorità di Roma. Il governo Nitti, dal canto suo, esita ad intervenire per reprimere la rivolta. Scontri e disordini in cui socialisti, anarchici e comunisti, quest’ultimi da poco comparsi anche nel nostro Paese a seguito dell’insurrezione bolscevica in Russia, hanno un ruolo importante insieme alle prime squadre fasciste, si susseguono in più regioni, con gran numero di morti e feriti. Può darsi che l’eco di queste tensioni abbia contato, quando per i militari di guardia alla polveriera si trattò di premere i grilletti dei fucili per sottrarsi all’ira dei contadini armati di bastoni. Erano mesi in cui tutto era possibile. L’Italia rischiava la guerra civile.

Come al solito, dal punto di vista giornalistico anche la soluzione della storia del fantasma-lucertolone della polveriera seguì un percorso contraddittorio, e forse non ebbe lo stesso risalto della notizia originale: i giornali statunitensi,  almeno per quanto ne sappiamo, non spiegarono se non in maniera incidentale e perché tributari di fonti europee (l’edizione di Parigi del Chicago Tribune) come si era conclusa la questione. La logica vale anche al contrario: quante delle mirabolanti notizie giunte dall’estero, soprattutto in passato, trovarono quasi subito una spiegazione logica e razionale, mai approdata sulla stampa nostrana?

Immagine in evidenza: il monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale che si erge nel centro di Castello di Godego. Fu realizzato nel 1922 dallo scultore F. Cappellari (Foto dal sito “Centenario Prima Guerra Mondiale 1914-1918”).

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